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La camera azzurra
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Film girato in Francia nel 2014. Regia di Mathieu Amalric. Cast: Mathieu Amalric, Léa Drucker, Stephanie Cleau, Mona Jaffart, Laurent Poitrenaux Genere: Drammatico. Distributo da Movied Inspired.

Recensione a cura di Dario Brunetti

Ispirato al romanzo dello scrittore belga George Simenon, la pellicola vede protagonisti una coppia di amanti che si dà appuntamento in una camera di un albergo tutta tappezzata di azzurro.

La relazione adulterina di Julien (Mathieu Amalric) ed Esther (Stephanie Clèau) porterà a delle conseguenze drammatiche. Julien viene arrestato dalla polizia e messo sotto interrogatorio, deve confessare l’omicidio del marito di Esther Despierre. Avrà davvero commesso questo delitto? Forse.

Una passione amorosa tramutata in ossessione quella che Esther, sua ex compagna di scuola prova per Julien che ritrova nel suo paese natale in cui è tornato a vivere con la sua splendida famiglia rappresentata da Delphine Gahyde (Lea Drucker) e sua figlia Suzanne (Mona Jaffart).

Un amore vissuto in maniera differente da parte di Julien nei confronti di Esther, se l’uomo vive quell’attrazione fisica verso la donna, senza incidere particolarmente sulla vita familiare, al contrario Esther ne è completamente travolta e vuole che Julien diventi per sempre l’uomo della sua vita e glielo manifesta apertamente e in maniera esplicita.

Se gli ostacoli sono rappresentati dal marito di Esther e dalla moglie di Julien, entrambi devono essere eliminati.

Attraverso dei flashback, i nostri protagonisti rivivranno i momenti che hanno preceduto le rispettive tragedie, non mancheranno incessanti interrogatori da parte della polizia che tenterà di ricostruire gli eventi.

Ma allo spettatore cosa rimarrà? Il dubbio.

Sembra scontato che la coppia di amanti siano stati gli assassini dei loro rispettivi coniugi. Però per l’appunto sembra, perché la polizia inchioda la coppia e ci sarà una sentenza ad attenderli, ma lo spettatore non avrà mai l’assoluta certezza dell’assassino o assassina del farmacista Nicolas Despierre e di Delphine Gahyde. C’è un solo colpevole o lo sono entrambi?

Mathieu Amalric (regista e protagonista della camera azzurra) si sdoppia nel suo personaggio: da marito esemplare che vive in tranquillità con la sua famiglia non facendole mancare nulla, ad amante preso dalla spasmodica voglia di trasgredire grazie a colei la quale spalanca le porte del piacere del sesso vissuto in una camera di un hotel.

Nel film viene messa in risalto proprio questa trasformazione, soprattutto da parte di Julien che passerà ad essere uomo fedele per diventare un amante alla ricerca del disperato piacere.

Affiorano i giochi di sguardi della coppia, insistenti e al tempo stesso fugaci nonostante le pressioni da parte di chi porta avanti l’indagine.

La camera azzurra è un film relegato al compitino dal punto di vista della regia, eseguito con cura maniacale e con efficacia, mistero e pathos trovano la loro giusta consistenza per un risultato convincente.

Si da lustro a un’opera di uno dei maestri del noir e Amalric è riuscito nella gestione tecnica dei tempi di scena grazie a uno stile raffinato e tenendo in equilibrio una storia dall’esito scontato forse solo in apparenza.

Il fascino del mistero e l’introspezione psicologica dei personaggi, saranno gli elementi cardine che cercheranno di prevalere nello sviluppo di una pellicola di soli 75 minuti, capace di produrre l’effetto desiderato dal regista che è riuscito nel suo intento di rendere essenziale la trasposizione cinematografica di uno dei più importanti romanzi noir della vasta produzione letteraria di George Simenon.

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