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I maestri del giallo

CHARLOTTE  ARMSTRONG
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Autrice di ventinove romanzi, oltre a racconti, opere teatrali e sceneggiature, Charlotte Armstrong nacque a Norway Township, nel Michigan, il 2 maggio 1905 e morì a Glendale, in California, il 7 luglio 1969. Dopo un biennio di studi all’università del Wisconsin, si trasferì a New York, dove nel 1925 conseguì la laurea presso il Barnard College, cominciando poi a lavorare come reporter di moda per il New York Times, nella cui redazione conobbe il pubblicitario Jack Lewi, che sposò nel 1928 e da cui ebbe tre figli.

Nel 1939, mentre viveva a Cape Cod nel Massachussets, la Armstrong iniziò la sua carriera di scrittrice con due commedie teatrali, The Happiest Days (1939) e Ring Around Elizabeth (1941), che furono sì rappresentate a Broadway, ma tennero il cartellone rispettivamente per sette e dieci giorni. Si dice che proprio questi insuccessi teatrali spinsero la scrittrice a cambiare genere e a passare alla narrativa poliziesca, con la cosiddetta “trilogia del professor Dougal Mac Duff”, avviata nel 1942 con Lay On, MacDuff, proseguita con The Case of the Weird Sisters del 1943, e conclusa nel 1945 con The Innocent Flower.

La Armstrong però raggiunse il successo solo nel 1946 col suo quarto romanzo, The Unsuspected, da cui l’anno seguente il noto regista Michael Curtiz trasse il film L’alibi di Satana, che fu lodato ma anche criticato dagli specialisti perché la Armstrong aveva rivelato sin dall’inizio l’identità dell’assassino. Uscito da noi per Garzanti nel 1955 (L’insospettabile), il romanzo è stato ristampato più di recente nei Classici del Giallo Mondadori n. 1391 del 2016, di cui riproponiamo l’abile scheda editoriale.

“Tutti indossano una maschera per nascondere qualche segreto. Ma ci sono persone i cui segreti non sono innocenti e che porteranno la maschera per tutta la vita senza mai essere sfiorate dalla minima ombra. Hanno commesso delitti rimasti insoluti, o perfino ignoti. Sono gli insospettabili. Da quando la giovane Rosaleen si è uccisa, a chi la conosceva il suo gesto continua ad apparire assurdo, inspiegabile. Il messaggio d’addio, poi… No, per chi la conosceva quelle frasi non sono farina del suo sacco. Tanto più dopo che la cugina, Jane, ha scoperto che il testo è stato copiato da un vecchio libro. Rosaleen lavorava come segretaria per Luther Grandison, celebre uomo di cinema e di teatro. Forse aveva visto qualcosa di strano, di terribile, e lui l’ha assassinata allestendo una messinscena. In questo è un vero maestro. Ora che Jane è riuscita a farsi assumere al posto della vittima, sta a lei mettere alla prova la sua teoria. Dimostrando che il grande regista è uno di loro. Un insospettabile.”

Definita una volta da Anthony Boucher, critico del New York Times, “one of the few authentic spell-casting witches of modern time” (“una delle poche streghe dei tempi moderni, in grado di creare ancora autentici incantesimi”), Charlotte Armstrong ha sempre goduto di grande popolarità tra gli addetti ai lavori oltre che tra i lettori di gialli, e i suoi nove romanzi polizieschi (l’ultimo, The Trouble in Thor, pubblicato nel 1953 con lopseudonimo di Jo Valentine, è stato ristampato nel 1971 col suo vero nome) sono stati spesso premiati nelle manifestazioni specializzate. Ricordiamo A Dram of Poison (1956), vincitore nel 1957 di un Edgar Award conferito dai Mystery Writers of America, e i romanzi The Gift Shop (1966) e Lemon in the Basket (1967), candidati al medesimo, prestigioso premio. E anche i suoi numerosi racconti – pubblicati sia sull’Ellery Queen’s Mystery Magazine, sia sul Saturday Evening Post e sulla rivista Argosy – hanno riscosso numerosi riconoscimenti ufficiali: The Enemy, del 1951, vinse il primo premio dell’Ellery Queen’s Mystery Magazine, e due racconti successivi, The Case for Miss Peacock (1965) e The Splintered Monday (1966), ebbero una nomination ciascuno sempre per gli Edgars.

I mysteries della Armstrong disponibili in italiano sono molti, tutti editi da Mondadori nei Gialli [GM] o nei Classici del Giallo [CGM], e in genere (ma non sempre) caratterizzati da una notevole dose di “suspense domestica” e dal clima di pericolo e di paura in cui vivono i vari protagonisti, spesso donne minacciate da qualcosa o da qualcuno. Tra questi, oltre a L’insospettabile, ricordiamo Di furto si muore (GM, 1965), Il postino non suona due volte (GM 1051, 1969), Un cadavere al giorno (CGM 1308, 2012), La morte tutta d’un fiato (CGM, 2012), e i più notevoli, a nostro parere, Sosta pericolosa (GM 389, 1956; poi CGM, 1976) – con tre inquietanti sorelle, una cieca, una sorda, una monca, custodi come le Parche di una casa tenebrosa – e Omicidio per la sposa (GM 1967; poi GM 1341, 2014), di cui riproduciamo, a vantaggio del lettore, la scheda editoriale.

“Nan Padgett ha incontrato l’uomo della sua vita: un sogno d’amore che si realizza. O il preludio di un incubo? Non si spiega altrimenti perché tutti, ma proprio tutti cerchino di ostacolare il matrimonio. Da parte di Johnny, spasimante deluso, è comprensibile che non ci sia troppo entusiasmo. C’è però zia Emily, che l’ha cresciuta dopo una tragedia familiare e che addirittura interrompe un viaggio per tentare di metterla in guardia. Perfino la cugina Dorothy, come una sorella per Nan, sembra voler impedire la sua felicità. Tutti impazziti? Magari no. Magari Dick Bartee, il promesso sposo, nasconde davvero l’anima nera che gli dipingono. Tanto nera da essersi macchiato di un delitto, per il quale un innocente starebbe scontando la pena in carcere. Ma sarà la morte improvvisa di zia Emily a spalancare un abisso di segreti inconfessati. Forse allora le verità nascoste potranno impedire che una marcia nuziale si trasformi in una marcia funebre.”

Alcune curiosità bio-bibliografiche. La casa in cui la Armstrong si trasferì e in cui visse fino alla morte a Glendale, in California, divenne nota come “Charlotte Armstrong House”, e nel 1965 l’Howard Gotlieb Archival Research Center ottenne dalla scrittrice di essere il depositario legale di tutte le sue opere, sicché ora il Gotlieb Center funge da organismo ottimale per il recupero di qualsiasi opera della Armstrong. Ma già intorno al 1966 la scrittrice e la sua famiglia avevano raccolto materiali storico-biografici nel volume Charlotte Armstrong, A Master Storyteller Remembered. Sembra inoltre che la Armstrong non sia stata in grado di terminare la propria autobiografia a causa della sua prematura scomparsa, ma nel 2008 Rick Cypert ne ha scritto una biografia personale e professionale intitolata The Virtue of Suspense: The Life and Works of Charlotte Armstrong.

Fertile, infine, fu anche il rapporto con il cinema e la televisione. Negli anni ’50 infatti, dopo l’esperienza cinematografica con Curtiz, la Armstrong scrisse vari racconti e soggetti per la TV, alcuni realizzati nientemeno che da Alfred Hitchcock. Ma soprattutto dal romanzo Mischief del 1951 il regista Roy Baker trasse l’anno dopo Don’t Bother to Knock (in Italia La tua bocca brucia), un abile psicodramma teso fino alla fine, in cui un ex pilota (Richard Widmark) abbandonato dalla fidanzata (l’esordiente Anne Bancroft) incontra una giovane baby-sitter (una Marilyn Monroe per la prima volta protagonista) afflitta da gravi turbe mentali che tenta il suicidio, e salvandole la vita comincia lui stesso a capire qualcosa della vita.

Un anno dopo la morte della Armstrong ci fu l’incontro con Claude Chabrol, che diresse nel 1970 All’ombra del delitto (in francese La rupture, con Stephane Audran e Jean-Pierre Cassel) ispirandosi a L’uomo dei palloncini, un giallo del 1968. In questo plot uno scellerato cialtrone, al soldo di un industriale, tesse una trama sordidamente erotica ai danni di una donna onesta per provare la sua indegnità allo scopo di farla divorziare dal figlio dell’industriale, e di farle perdere l’affidamento del bimbo che i due coniugi si contendono. Il risultato – mosca bianca nella carriera registica di Chabrol – è “un giallo diseguale e farraginoso, intelligente nei particolari e nell’acutezza descrittiva, ma su cui pesano negativamente le concessioni al melodramma e al macchiettismo” (M. Morandini).

E ancora Chabrol, trent’anni dopo, ci riprovò e riprese, della Armstrong, The Chocolate Cobweb del 1948 (alla lettera, La ragnatela di cioccolato) girando nel 2000 l’ottimo, stavolta, Merci pour le chocolat, con Jacques Dutronc e soprattutto Isabelle Huppert, al suo sesto film con il regista (da noi, film del 2000 e libro col medesimo titolo, Grazie per la cioccolata, GM 2809, 2002). La trama è attuale e intrigante. A Losanna il pianista André Polonski si risposa con la prima moglie Mika, direttrice dell’azienda del cioccolato Muller. Con il dubbio d’esser stata scambiata, il giorno della nascita, con Guillaume, figlio della defunta seconda moglie di André, Jeanne, studentessa di piano, s’introduce in una famiglia che potrebbe essere la sua, accolta con simpatia dal musicista, ma non da Mika, generosa nell’elargire opere di beneficenza e cioccolata calda. Adattando la Armstrong con felice infedeltà, Chabrol offre un altro saggio sull’ambiguità, un’altra storia della borghesia di provincia che fa affiorare tensioni, conflitti, perversioni nascoste sotto una superficie ondosa apparentemente in calma.

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