Nata a New York il 15 ottobre 1878 da una delle famiglie più in vista dell’alta borghesia americana dell’epoca (suo padre, Joseph Francis Daly, era giudice della corte suprema della contea di New York), Elizabeth Teresa Daly studiò alla Miss Baldwin’s School e nel 1901 si laureò al Bryn Mawr College in Pennsylvania, conseguendo l’anno dopo una specializzazione in letteratura alla Columbia University. A partire dal 1904 insegnò inglese per due anni al Bryn Mawr College – che già aveva frequentato da studentessa – a cui abbinò poco dopo la docenza di francese, ma soprattutto il grande interesse per il teatro, per il quale lavorò come autrice, produttrice e regista di compagnie amatoriali.
Da sempre appassionata lettrice di detective stories (tra cui i romanzi dell’inglese Wilkie Collins [sul quale i nostri Maestri del Giallo, 08/010/2018]), la Daly cominciò in età matura, intorno al 1930, a cimentarsi anche lei nella stesura di un giallo, ma senza successo. Solo nel 1940, a oltre sessant’anni d’età, diede alle stampe il suo primo romanzo, Unexpected Night (da noi Notte d’angoscia), che incontrò il favore del pubblico, tanto da indurre l’autrice a continuare sulla strada del mystery con altre quindici opere, fino al 1951. E nel 1960, a poco meno di dieci anni dalla sua ultima fatica letteraria, ebbe la soddisfazione di vedersi assegnare dall’associazione dei Mystery Writers of America il prestigioso premio Edgar Allan Poe per l’insieme della sua produzione. La scrittrice morì a Long Island il 2 settembre 1967.
La grande Agatha Christie ha indicato nella Daly la sua collega americana preferita (e questo appare già un buon viatico per una sua rilettura), probabilmente perché nei suoi romanzi ha trasposto fin dal suo esordio la detective story dell’epoca d’oro inglese – tipica della Christie – in un’ambientazione newyorkese degli anni ’40. Il protagonista fisso dei gialli della Daly è Henry Gamadge, un raffinato bibliofilo ed esperto di libri rari con l’hobby delle investigazioni, residente in una vecchia ma rispettabile casa di Murray Hill, a New York, la cui vita tranquilla e seriosa è spesso interrotta da strani e inquietanti incidenti che lo portano a trasformarsi in detective. “Un trentenne dai modi di sessantenne”, “nel complesso figura piuttosto scialba, seppure con il sorriso stampato sulle labbra” (com’è stato liquidato dai critici più intransigenti), Gamadge fuma abbastanza, beve all’occasione whisky con soda, è consapevole delle sue capacità (“il mio è un tipo di cervello estremamente seccante, che continua a rimuginare su una questione quando menti meno importune sono pronte a lasciar perdere già da tempo”), è piuttosto vanitoso (“Ne sai quanto me, quindi puoi trarre le mie stesse conclusioni… se il tuo cervello funziona come il mio”), si perde ogni tanto nei propri pensieri fino a estraniarsi dalla realtà circostante (“era appoggiato allo schienale della poltrona, le gambe accavallate, e dalla sua sigaretta si alzava una tremula spirale azzurrina […] Sembrava non badare alle parole dell’interlocutore, aveva gli occhi semichiusi e un’espressione assorta”) e non accetta mai denaro in cambio dei suoi servizi, perché la soluzione di un enigma è già per lui compenso intellettuale sufficiente. Ed è solo un caso, infine, per noi, la somiglianza onomastica di Gamadge con Gamache (Armand), il protagonista contemporaneo dei gialli di Louise Penny editi in Italia da Einaudi.
I sedici gialli della Daly, di buon successo in ambito angloamericano, non hanno avuto tuttavia particolare risonanza in Italia, risultandone tradotti meno della metà e ad opera non tanto del solito Mondadori (nei Gialli [GM] o nei Classici del Giallo [CGM]) quanto piuttosto da medi o piccoli editori (da La Tartaruga a Polillo, nella benemerita collana I Bassotti [BAS]), come l’elenco seguente, aggiornato, documenta:
– 1940, Unexpected Night (Notte d’angoscia, CGM n. 812, 1998);
– 1940, Deadly Nightshade;
– 1941, Murders in Volume 2;
– 1942, The House Without the Door (La casa senza porta, GM n. 848, 1999; BAS n. 182, 2017; rist. 2022);
– 1943, Nothing Can Rescue Me (L’assassino scrive di notte, BAS n. 145, 2014; rist. 2023);
– 1943, Evidence of Things Seen;
– 1944, Arrow Pointing Nowhere; titolo alternativo Murder Listens In (Morte al telefono, BAS n. 40, 2006; rist. 2022);
– 1944, The Book of the Dead (Il libro che accusa, Roma, Casini Editore, collana “I Gialli del Secolo” n. 130, 1954);
– 1945, Any Shape of Form;
– 1946, Somewhere in the House;
– 1946, The Wrong Way Down (L’altra uscita, Milano, La Tartaruga Nera, 1986; poi CGM n. 902, 2001);
– 1947, Night Walk;
– 1948, The Book of the Lion;
– 1949, And Dangerous to Know;
– 1950, Death and Letters;
– 1951, The Book of the Crime.
In armonia col ruolo professionale di Gamache – bibliofilo ancor più esperto del raffinato Lord Wimsey di Dorothy Sayers [sulla quale, ancora, i nostri Maestri del Giallo, 29/10/2019] – le trame della Daly prendono spesso spunto dal mondo dei libri, come Murders in Volume 2, costruito attorno a un volume di poesie di Byron, o The Book of the Dead (Il libro che accusa), che propone un mistero da risolvere attraverso La tempesta di Shakespeare; o anche The Book of the Lion, in cui fa da protagonista un manoscritto di Chaucer scomparso. Ma altrettanto spesso, al centro dei suoi plot, figura una donna, sola e indifesa, minacciata di morte da presenze inquietanti, arcane o reali, sempre troppo vicine.
Ne La casa senza porta, infatti, Vina Gregson, imputata dell’omicidio del marito – un ricco e famoso avvocato – e assolta nonostante la stampa e l’opinione pubblica nutrano dubbi sulla sua innocenza, per sfuggire alla triste notorietà decide di lasciare la cittadina di Bellfield, nel Connecticut, per trasferirsi a New York, riducendo al minimo i contatti col mondo esterno. Ora è una donna fisicamente diversa che porta un altro nome, ma il passato continua a bussare alla sua porta: ogni anno infatti, nell’anniversario della sua assoluzione, riceve una lettera anonima con su scritto “l’assassina di Mr. Gregson è ancora in libertà”. Inoltre da qualche mese le capitano strani incidenti: una caduta dalle scale, due avvelenamenti da cibo, una fuga di gas. E l’ultimo, più pericoloso degli altri, la induce alla fine a rivolgersi a Henry Gamadge…
Ne L’assassino scrive di notte, invece, misteri e inquietudini dominano a Underhill, la villa di campagna vicina a New York dove Florence Hutter si è da poco trasferita col marito. Oltre a intrattenersi con parenti e ospiti di ogni tipo, la padrona di casa è impegnata nella stesura di un romanzo d’amore, ma da un po’ di tempo qualcuno, di notte, si diverte a inserire nel suo dattiloscritto frasi macabre e minacciose che si scoprirà tratte da autori famosi, da Poe a George Herbert, da John Ford a Christopher Marlowe. Forse è solo uno scherzo di cattivo gusto, ma per Florence – da poco iniziata alla scrittura automatica e all’uso di una planchette per comunicare coi morti – potrebbe trattarsi dell’opera di uno spirito. Nell’incertezza, la donna ricorre allora all’aiuto di Gamadge, suo vecchio amico, che non tarda a rendersi conto che la minaccia non viene dall’aldilà, bensì da una persona in carne e ossa, molto vicina alla famiglia Hutter, la cui identità verrà rivelata solo alla fine, con una conclusione da mystery classico (con tutti i personaggi riuniti in una stanza a pendere dalle labbra dell’investigatore) che richiama il modello Agatha Christie (si pensi, per un solo esempio, al finale di Non c’è più scampo).
A richiamare Dame Agatha basterebbe anche solo un orario ferroviario (come nel celebre The ABC Murders), ma anche la lettera e la telefonata anonima sono altrettanti topoi della Christie e del giallo della golden age, rivestendo tutti un’importanza centrale nella trama di Morte al telefono, che comincia con una busta appallottolata raccolta dal postino davanti alla casa dell’illustre famiglia Fenway a New York. La busta reca l’indirizzo di Henry Gamadge e contiene un biglietto anonimo sul quale sono scritte solo poche parole, apparentemente senza senso. Cosa significano? E perché la lettera non è stata spedita ma abbandonata sulla neve, come se il mittente ci avesse ripensato? Gamadge, che per curiosità decide di andare a vedere, si accorge ben presto che la dimora dei Fenway, noti per la loro estrema riservatezza, nasconde qualcosa. Infatti, dopo quella prima lettera anonima, eccone un’altra: la pagina di un orario ferroviario con una freccia a indicare Rockliffe, una località vicina alla casa di campagna dei Fenway. E poi un’altra ancora, con la freccia che cambia direzione. E il mistero prende all’improvviso una piega drammatica, quando una morte incomprensibile sconvolge l’apparente tranquillità della famiglia. E Gamadge deve capire, e agire in fretta… prima che un telefono squilli.