Sono passati quarantasei anni da A volte ritornano, la prima raccolta di racconti di Stephen King. Da allora, lo scrittore del Maine ha pubblicato decine di romanzi, portato a termine una saga fantasy e messo insieme un patrimonio degno di un piccolo stato raccontando i suoi – e i nostri incubi – in tutte le forme possibili. Eppure, come King stesso non manca mai di far notare, non ha mai abbandonato il racconto, genere nobile quanto ormai tristemente sottovalutato.
You Like It Darker, a cui l’editore italiano non è stato in grado di trovare un titolo altrettanto efficace, limitandosi a sottotitolarlo Salto nel buio, è la sua tredicesima raccolta e comprende dodici racconti, di cui cinque inediti e altri sette sparpagliati negli anni nelle solite e numerose collaborazioni del nostro.
Non fidatevi troppo delle recensioni e dei pareri che troverete on-line, a partire da questo che state leggendo, si intende: King, come tutti i personaggi che diventano iconici, ha una schiera di fanatici, quelli che vanno ben oltre i semplici fan, che lo adorano a tal punto da non essere disposti a perdonargli nulla. Ci sono quelli che non amano i racconti, quelli che King dopo l’incidente non è più lui e quelli che apprezzano solo il King prima maniera.
Ecco, non fatevi intrappolare da sciocchezze simili: Stephen King è sempre lo stesso, sono i suoi fan che in cinquant’anni hanno magari cambiato gusti e opinioni o, semplicemente, sono cambiati come esseri umani. La scrittura di King è sempre la stessa, semplice da buttare giù come un bicchiere d’acqua ma riconoscibile dopo due righe, divertita anche ne raccontare il delitto più efferato o la vicenda più macabra, piena di citazioni dai grandi e da se stesso.
I racconti di You Like It Darker sono piuttosto vari, per temi e lunghezza, e fortunatamente spesso si tengono lontani dalle atmosfere esageratamente funeree di alcune tra le ultime raccolte.
Si parte con Due bastardi di talento, racconto in cui King narra la vicenda metaforica – e a tinte aliene – di uno scrittore e un pittore, amici per la pelle, che raggiungono il successo in circostanze misteriose a quarant’anni. In realtà, la storia è una scusa per una riflessione sul mestiere di scrivere e di farlo con successo. Il succo è un po’ spietato ma realistico: ci vogliono talento e l’occasione giusta, ma senza il primo non si va da nessuna parte.
Il quinto passo e Willy lo strambo sono due racconti molto brevi col tipico rovesciamento finale. Il primo è una sorta di thriller, il secondo puro weird. Li unisce, oltre alla lunghezza, il fatto che siano di una cattiveria estrema e gratuita: due caratteristiche che ci fanno amare King ancora di più.
L’incubo di Danny Coughlin è forse il pezzo forte della raccolta. Molto lungo, tanto da poter essere considerato un romanzo breve, vede King in gran spolvero con un protagonista – il Danny del titolo – kinghiano al 100 %, la tipica brava persona, di umile posizione ma svelto di testa, che si trova coinvolto in una vicenda più grande di lui.
Il plot si basa su una domanda: “Cosa succederebbe”, scrive King, “se un uomo avesse un unico flash psichico? Un sogno che gli mostrasse dov’è sepolto un corpo? Gli crederebbero o penserebbero che sia lui l’assassino? Il racconto è però indimenticabile soprattutto per il villain, un detective che perseguita Danny, paranoico e affetto da aritmomania, ovvero la fissazione che porta a contare qualsiasi cosa compulsivamente.
Finn è un racconto abbastanza sperimentale, di quelli che a volte ritornano nella produzione kinghiana, spesso rimanendo un po’ irrisolti, mentre Lungo Slide Inn Road è una breve storia molto riuscita su come anche il peggiore dei bastardi possa essere a volte l’uomo giusto al posto giusto. La storia – a parere di chi scrive – cela anche una riflessione discutibile sul politicamente corretto.
Lo schermo rosso, debitore al genere invasione degli ultracorpi, e L’esperto di turbolenze, sulla nota fobia per il volo di King, sono due racconti gradevoli ma che nulla aggiungono alla raccolta. Laurie è una bella storia su come il rapporto con un cane possa cambiare in meglio la nostra vita. E, a proposito di cani, in Serpenti a sonagli c’è il sorprendente ritorno di Vic Trenton, uno dei protagonisti del terrificante Cujo.
L’uomo, che in questa storia ha 72 anni, è il padre di Tad, il bambino che in Cujo è assediato dal Sanbernardo assieme alla madre nella vecchia Ford Pinto, e in Serpenti a sonagli si vedrà costretto ad affrontare il lutto di quasi quarant’anni prima e presenze inquietanti. Una storia di spettri in piena regola, in puro stile King.
La chiusura è per I Sognatori, incubo tra horror e fantascienza che ricorda un po’ Revival e sfrutta a piene mani atmosfere lovecraftiane, e per L’uomo delle risposte, racconto che ricorda Una giusta estensione (da Notte buia, niente stelle) ma che in realtà lo scrittore ha ripreso dopo quarantacinque anni dall’inizio.
Insomma, You Like It Darker non entra tra i capolavori di Stephen King, e sarebbe ingiusto pretenderne uno ogni volta da chi ha scritto It e Pet Sematary, ma garantisce qualche giorno di piacevolissima lettura. E – soprattutto – un viaggio nelle terre del macabro e dell’incubo, mondi che somigliano molto a quello reale, ma che sono infinitamente più rassicuranti.