Numa Pompilio, il secondo Re.
753 a.C., 21 aprile. Una notte di tempesta squarcia con fulmini e lampi il cielo dell’antica città sabina di Cures, nella data dedicata alla celebrazione del sacro rito dei Parilia. Mentre, a poca distanza da lì, Roma viene fondata sul sangue dei gemelli, nel tempio della dea Feronia viene deposto un neonato, un “figlio dei numi”. Il piccolo Numa Pompilio – adottato dalla regina Mezia e istruito dall’etrusco Hirpino – si rivela presto un bambino prodigio, destinato a una sorte gloriosa, ma il mistero delle sue origini continua a tormentarlo. Sarà una profezia a indicargli la via per indagare il passato e schiudere il futuro; una via che passa attraverso la riscoperta di culti dimenticati e a volte feroci, e attraverso l’amore per una sfuggente, bellissima fanciulla: Egeria, una camena, creatura che i latini credono una ninfa dei boschi. In un mondo primigenio in cui i sacrifici umani convivono con sogni rivelatori, tra boschi popolati di sacerdoti lupi e dee immortali, Roma sta per diventare la Città Eterna. Ma per farlo ha bisogno di superare l’eredità cruenta di Romolo e abbracciare un nuovo ordinamento religioso e civile: sarà proprio Numa Pompilio, il re saggio, a darle quelle leggi, costruendo un ponte tra gli dei e gli uomini che garantirà all’Urbe il più lungo periodo di pace della sua storia.
Il figlio dei numi

Prosegue la mia lettura dedicata ai sette Re di Roma. Dopo Romolo ho subito iniziato la storia di Numa, che mi ha affascinata, anche perché da romana, devo fare mea culpa e confessare che di questi sette Re, davvero ne so davvero pochissimo.

La storia di Numa è davvero interessante, questo Re considerato saggio e illuminato dai numi, ci viene descritto dagli autori con descrizioni delle sue gesta ma soprattutto dei suoi pensieri e della sua interiorità. Traspare dalle pagine l’anima di un uomo che combatte tra il voler restare a contatto con le sue origini, il bosco, sua madre, la serenità della vita in esilio, l’amore per una ninfa, e la responsabilità di essere Re e guidare un popolo in forte espansione e assetato di guerra.

Ho apprezzato molto, come nel precedente romanzo su Romolo , lo spessore che si è voluto dare alle figure femminili pur in un’epoca patriarcale. La ninfa Egeria tra tutte che appare nella sua indomita veste di libertà, è stata la mia preferita, ma anche Tazia, e l’altera Lucrezia. Donne che arricchiscono una storia fatta di senatori, condottieri ed eroi esclusivamente uomini.

La trama non è mai banale e noiosa, un’equilibrata bilancia tra azione e sentimento, le descrizioni dei luoghi e dei fatti sono ben ricostruite, facendoci immergere in un’epoca lontana a cui però apparteniamo tutti. Quello che emerge alla fine della lettura è il grande desiderio di voler proseguire nella conoscenza dei sette Re, tanto famosi nell’insieme, ma meno se presi singolarmente come uomini.

Consigliato a chi ama i romanzi storici, ma anche a chi come me, non è super appassionato del genere ma vuole approfondire le origini della nostra bella città di Roma senza doversi annoiare sui libri di storia.

 

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