Con uno stile crudo e tagliente, Franco Forte e Guido Anselmi ci catapultano in una Roma primordiale, fatta di fango, foreste inaccessibili e pericolose, case che non sono null’altro che capanne.
La Roma imperiale di ori e marmo, quella che farà tremare interi popoli, non è che un pallido abbozzo nella mente del visionario Romolo, che sogna già un’Urbe che piegherà tutti al suo cospetto.
In questa terra ancora selvaggia si consuma il dolore di una madre, Rea Silvia, costretta ad affidare a una “lupa” i suoi due gemelli. Uniti nel sangue, sarà lo stesso sangue a dividerli, giacché in un luogo così aspro la lotta del capobranco non lascia posto ai sentimenti: Romolo, come il mito ci insegna, traccerà il primo solco della Città Eterna con la vita di suo fratello Remo, la cui personalità complessa è scandagliata a fondo fin dalle prime pagine del romanzo, che lo dipingono come fragile al cospetto di un Romolo forte, caparbio e coraggioso.
Tra lotte feroci e amori capaci di sopravvivere tra sangue e rabbia, si consuma la storia del fondatore di Roma, un uomo moderno in una società buia e arcaica.