Né padri né figli
Due storie che si incrociano, quella di Mino, ragazzo dall’infanzia problematica, e quella di don Paolo, viceparroco in forte crisi vocazionale; il primo ha la stoffa del calciatore, ma subisce il fascino degli ambienti criminali, il secondo è innamorato di una donna e cerca il coraggio per intraprendere una nuova vita.
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Recensione a cura di Dario Brunetti

Un noir di pregevole fattura quello presentato da Osvaldo Capraro, abile nell’offrire ai lettori due storie apparentemente estranee l’una all’altra che finiranno con l’incrociarsi.

L’ascesa alla vita criminale di Mino, un ragazzo che, allontanatosi dalla sua famiglia per le molestie sessuali subite sin da piccolo dal padre, inizia a frequentare malavitosi della peggiore razza e vuole diventare un affiliato alla Sacra Corona Unita, la Mafia del Salento. L’altra è quella di Don Paolo, un viceparroco che cede alle tentazioni di Anna, una donna di cui è fortemente innamorato, mettendo in crisi la sua vocazione religiosa.

Così l’autore è chiamato a cambiare lo stile narrativo, se per Mino necessita di un linguaggio marcato e dialettale tipico dell’ambiente criminale, con una terminologia che impatta notevolmente sulla storia, per Don Paolo utilizza uno stile completamente differente, confacente a quello ecclesiale e quindi più compassato.

Due impianti narrativi che trovano un punto di unione, due vite messe in discussione in modi totalmente differenti, perché anche quello di Don Paolo alla fine è un crimine, nel momento viene messa in forte crisi la sua fede, non trovando più quell’intimità religiosa e cedendo alla debolezza della carne.

Invece Mino è avviato a ben altra carriera, nonostante la stoffa di un talentuoso calciatore sceglie la legge del più forte dove ci sono clan rivali che si sfidano per chi deve detenere il potere.

Un noir atipico ma di una bellezza autentica, dove il Sud fa da sfondo solo all’immaginario del lettore, perché ad imperversare è la storia di questi due protagonisti sicuramente differenti ma simili tra loro, poiché la decadenza del comportamento umano è fin troppo messa in risalto dall’autore, per non parlare di quella di una società dove regna il malaffare, la corruzione e i poteri forti.

Una ricostruzione attenta e molto lucida quella di Capraro, di quel Meridione attraente e a volte maledetto nelle sue evidenti complessità; in questo caso ci sono due vite che si mettono in gioco e fanno i conti con il loro destino, in un mondo crudele e spietato che non fa sconti a nessuno.

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