Loro
Loro cosa vogliono da voi?” chiesi. Prima ci fu un lungo silenzio. E poi solo poche parole: “Niente. Loro ci obbediscono. Questo conta”. Può il memoriale di una giovane donna sconvolgere a tal punto, da turbare persino coloro che si avventurano abitualmente nei recessi più oscuri della mente? È quanto accade in queste pagine, nelle quali Margherita B. narra dei fatti accaduti nel 2018, quando prende servizio, stando alle sue parole, come istitutrice presso una famiglia aristocratica, gli Ordelaffi, in una magnifica villa progettata da un celebre architetto alle porte di Roma: la casa di vetro. Il compito che le viene affidato è prendersi cura delle gemelline Lucrezia e Lavinia. Nella casa di vetro, tutto sembra meraviglioso quell’estate. Ogni cosa è scelta con gusto, con garbo, con dedizione. Le gemelle, identiche, sono una meraviglia di educazione e di talento. Lucrezia ama il pianoforte, Lavinia l’equitazione. Ma pochi giorni dopo l’arrivo di Margherita cominciano a rivelarsi presenze terrificanti. Sono loro, dicono le bambine, gli antichi ospiti della casa, tornati per riportare in luce l’orrore. “Loro” rivisita le ossessioni che da anni segnano la narrativa di Roberto Cotroneo: il tema della verità e dell’ambiguità, del bene e del male, della violenza, del sacro e della felicità, quando brucia fino a farsi cenere. Le sue pagine, oscure e strazianti, si muovono per territori sinistri, e indagano soprattutto quella terra di nessuno che è la nostra mente. Un romanzo che, nel suo finale del tutto imprevedibile, è un omaggio alla grande letteratura e, nello stesso tempo, un racconto nitido che si muove dentro uno scenario torbido e sa guardare oltre l’ignoto. Alla fine, a prevalere saranno il fallimento di ogni ragione e il trionfo di un mondo che non è di questo mondo. Perché, come ha scritto Nietzsche: «quando scruterai in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te».
“Loro” di Roberto Cotroneo edito da Neri Pozza consegna alla società un prezioso libro che mischia l’ordine con l’irrazionale, il realismo con l’interpretazione di esso.

“Loro” di Roberto Cotroneo edito da Neri Pozza consegna alla società un prezioso libro che mischia l’ordine con l’irrazionale, il realismo con l’interpretazione di esso. Lo stile è fluido e potente mentre trascina il lettore in una parabola sulla vita e le sue ombre. Se volessimo raccontare la struttura narrativa di questa storia la potremmo paragonare a un filo che lentamente, in modo delicato ma lacerante si sfilaccia, si assottiglia, fino a perdere la sua identità. Un ingranaggio fatto ad hoc, una struttura solida che non dà scampo a domande, dubbi e riflessioni. In questo libro troviamo un significato esaustivo del termine perturbante. L’autore è bravo a rendere il familiare-estraneo e l’estraneo-familiare generando un senso di angoscia che culmina in un senso di profonda perdizione e disorientamento.

La storia ci parla di Margherita che viene assunta come baby sitter presso la famiglia Ordelaffi, per prendersi cura di due gemelle quasi perfette. Lucrezia e Lavinia. La protagonista, Margherita, entra a far parte di una casa perfetta, incontra genitori perfetti che vivono una vita perfetta.  E poi ci sono “Loro” che confondono il passato e il presente in una strana dinamica di specchi e di sguardi. Il senso dell’angoscia e dell’inquietudine non tarda ad arrivare e lo fa lentamente senza che il lettore se ne accorga.

Un direttore d’orchestra, un grande occhio, che controlla, che spinge, che evoca e cuce un precario equilibrio sul male. Il lettore, fra le pagine, si accorge che qualcosa s’infila sotto la pelle facendolo sentire osservato e senza vie di uscita. Come Margherita.

“Loro” chi?

Questo è quello che ci chiediamo lungo tutta la storia in modo quasi ritualistico.

Sagome che hanno il dominio e che inclinano le menti più sane. Ed è proprio sulla mente sana che Margherita si aggrappa, cerca di comprendere, cerca di restare radicata e lucida nonostante il vortice la stia risucchiando.

In questo libro, Cotroneo, narra di una Margherita che racconta come sia indispensabile non impazzire quando il seme del male si fa spazio nella carne, quando i corridoi labirintici della mente si inceppano e ci fanno diventare pupazzi manipolati da un gioco apparentemente senza cattivi.

La protagonista però cerca di salvare e non di salvarsi ed è qui che la scrittura dell’autore si fa sottile per poter farci entrare nella psicologia della mente umana e scandagliarla attraverso non detti, sguardi complici, risa ed espressioni sottese.  Il ritmo è incalzante ma tutto sembra fermo, rallentato, come una delicata discesa nell’orrore. L’arte del perturbante (l’effetto estraniante, l’ambiguità, l’ignoto, lo spaesamento, il tema del doppio, il senso di angoscia) in questa storia prende una posizione di rilievo, perché evocare il senso di paura nelle cose quotidiane non è semplice. E lo scrittore ci riesce perfettamente con una scrittura lineare, senza eccessi e lucida.

Tantissime sono le affinità con il romanzo gotico, tra il romantico e l’orrore, l’esoterico e il magico, descrivendo un ambiente cupo, nero, pieno di conflitti interiori. Il tutto tenuto in piedi da sorrisi che diventano ghigni, da stagni che diventano abissi.

Un omaggio alla grande letteratura.

Consiglio vivamente la lettura di questo libro. A luce accesa.

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