Il fatto che questo romanzo abbia trovato spazio nella collana “Il Giallo Mondadori”, rischia di essere fuorviante. Intendiamoci: si tratta di una storia poliziesca con tutti i crismi, ovvero il racconto della caccia a un efferato serial killer, soprannominato “Il beccaio” (così anticamente venivano chiamati i macellai), nella Venezia di metà 700, tra misteri e false piste, e con un inatteso scioglimento finale. Epperò in questo “L’ombra delle due colonne” (trattasi del luogo dove veniva allestito il patibolo per i condannati a morte) sono prevalenti altri due generi letterari: la narrativa storica e la biografia romanzata.
Innanzitutto è notevole, per precisione e varietà di dettagli, l’ambientazione veneziana settecentesca, che ci rende un’immagine della “Serenissima” molto differente a quella cui siamo abituati, non tanto per la diversità dei luoghi (Venezia è sempre la stessa da secoli, un inconfondibile museo a cielo aperto) ma per la disinvolta mentalità e i costumi aperti. Abbiamo così una ulteriore prova che la gemma della laguna è stata, e particolarmente nel 18° secolo, un eccezionale crogiuolo socio-culturale.
Non passa inosservata la cura, da parte dell’autore, nell’adeguarsi , nei dialoghi come nelle descrizioni , ad un forbito stile baroccheggiante, ben adatto al narratore e punto di vista della storia: Giacomo Casanova.
Casanova, certo. Il tributo al genere biografico sta soprattutto nell’aver messo il libertino per eccellenza nei panni di investigatore, tra l’altro senza forzatura perché Casanova avrebbe potuto assumere un incarico di quel genere secondo gli usi amministrativi del tempo.
Non solo. Nel romanzo compaiono altri due personaggi storici di cui viene fornito un gustoso ritratto: il poeta Giorgio Baffo, beffardo verseggiatore “piccante” (ma sarebbe più proprio dire “sconcio”) in vernacolo che esercita con rigore e serietà, contraddittoriamente, il ruolo di pubblico magistrato.
E poi il Conte di Saint Germain, grande negromante o grande impostore a seconda dei punti di vista, di cui si narra uno spumeggiante quanto ambiguo passaggio per Venezia.
Tornando a Casanova, il romanzo si fa apprezzare cogliendo appieno l’essenza di questo protagonista del tempo, il cui approccio verso il mondo femminile è specchio della sua filosofia di vita. Al contrario dell’altro grande seduttore, questo letterario, Don Giovanni, per cui una conquista vale l’altra (”Madamina, il catalogo è questo/Delle belle che amò il padron mio/(…)V’ha fra queste contadine/cameriere, cittadine/V’han contesse, baronesse/ marchesine, principesse/E v’han donne d’ogni grado/ D’ogni forma, d’ogni età), per Casanova ciascuna conquista è speciale. Egli è volubile per la brama di sperimentare la varietà femminile (metafora di quella del mondo), ma non ipocrita. Prima del loro corpo, delle donne ama l’anima. E in tutto quello che fa, compreso l’investigatore, mette la sua, di anima.