Lila dice
Chimo è un giovane ragazzo magrebino che si sente sopraffatto dal degrado della periferia parigina in cui vive. Tuttavia, a squarciare questo incontrovertibile senso di rassegnazione ad una vita di stenti, appare Lila. La ragazza francese è, per il protagonista, una eterea donna angelo trapiantata o finita per caso in un posto che offre poche speranze, un terreno apparentemente sterile per l’amore. Disinibita e spontaneamente seducente, Lila attrae Chimo con il suo erotismo genuino e magnetico. Il legame che si crea tra i due ragazzi si snoda tra incontri sporadici, ma significativi che tracciano nel cuore del protagonista un varco di luce, una possibilità di fuga, attraverso fantasie inconfessabili, dalle sofferenze della banlieue parigina. Lila dice diventerà il diario a cui l’autore, Chimo, affida e confida il segreto di un’ossessione amorosa mai dichiarata.
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Pubblicato nel febbraio 1997, il libro rappresenta uno dei più fortunati casi editoriali ancora avvolti da un alone di mistero. Infatti, l’identità dell’autore che si firma con lo pseudonimo di Chimo, non è mai stata scoperta. L’editore Plon, in merito a questa incognita, ha dichiarato di aver avuto il libro per intermediazione di un avvocato, quindi il vero volto dello scrittore resta sconosciuto anche a lui. Ovviamente sono state avanzate diverse ipotesi per sviscerare la questione, guardando anche allo stile della prosa: crudo e diretto, con commoventi ed inaspettati slanci poetici. La critica si divide tra chi ritiene che il linguaggio utilizzato possa essere attribuito realmente ad un ragazzo magrebino, inconsapevole ed improvvisato autore di un capolavoro, e chi è convinto che le scelte stilistiche siano troppo ben bilanciate e studiate per appartenere a qualcuno lontano dal panorama letterario precostituito.

Se non c’è dato sapere a chi corrisponda la penna di questo discusso autore, ciò che è certo è che questa storia, fatta di un grigiore quotidiano squarciato dal calore sincero dell’erotismo, catapulta il lettore nelle atmosfere squallide della banlieue parigina al punto che risulta difficile non empatizzare con la malinconia e il disagio del protagonista. Ciò che più colpisce è l’ossimoro tra la staticità della periferia che resta uguale a sé stessa, ammantata di crudeltà e sporcizia, e la crescente attrazione di Chimo per Lila, ovattata da un modo di ripensare alla ragazza poetico e quasi tenero. Lila offre a Chimo un nuovo slancio vitale verso la vita, verso l’evoluzione e nuove anche se lontane, possibilità. L’elemento erotico resta sospeso in una dimensione a metà strada tra l’immaginazione e la realtà, divenendo un conforto che aiuta il ragazzo ad affrontare il buio di quella solitudine esistenziale che affida al suo diario.

Forse vi chiederete quale sia la motivazione di recensire un libro pubblicato quasi 30 anni fa, potrei rispondere che certi capolavori sono senza tempo e ricchi di cosi tanti spunti di riflessione da restare attuali molto a lungo. D’altronde, questa storia parla di povertà: quella che si respira in una qualsiasi moderna periferia abbandonata a se stessa e l’altra miseria, ovvero l’incapacità, a causa di una realtà sociale votata all’individualismo e alla sopravvivenza, di coltivare un legame che affiora più puro (seppur nella sua accezione prevalentemente erotica) ed autentico degli altri. Chimo, seppur immerso in questa dimensione spoglia ed arida, nutre quel briciolo di poesia nascosto nella sensibilità umana. Osserva ciò che lo circonda, lo condanna, lo respinge, pur facendone, suo malgrado, parte e riconosce in Lila una diversità dalla massa nel suo modo di ragionare e di essere così ingenuamente spudorata. Tutto ciò che gli dà Lila è buono ed il mondo resta oscuro, tranne lei. Lila dice è la storia di questo legame inespresso, di un’ossessione dolce e mai morbosa di cui ci viene affidata questa triste e avvolgente dichiarazione d’amore.

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