Il titolo, emblematico e provocatorio, racchiude il nodo centrale di questo romanzo. Costruiamo noi il nostro destino o siamo solo gli interpreti di un copione già scritto?
Dino Cassone affronta questo tema raccontando gli intrecci di una improbabile famiglia vissuta in un tempo indefinibile, legata da un invisibile filo di inconcepibile indissolubilità, nutrito e consumato tra fragilità, decadenza morale e malattia mentale, caratterizzato da rapporti tossici e connivenze passive e animato e tentativi più o meno riusciti di riscatto.
L’anatema dei nonni materni, incapaci di perdonare alla madre un errore di gioventù, pare abbattersi su tutta la famiglia, schiacciandola.
Sole, la terza figlia, racconta la propria storia a posteriori, attraverso la narrazione della vita dei familiari, e sceglie di farlo con un distacco da cronista, senza indulgere troppo in giudizi individuali. Snocciola il racconto della sua famiglia come una continua concatenazione di eventi ineluttabili, e quindi di per sé accettabili, anche quando appaiono iperbolici e inverosimili.
Le fasi della vita si avvicendano in sequenza cronologica, snodandosi in un percorso di accadimenti, talvolta positivi e altre dolorosi, declinati con la pacata accettazione di chi pensa che non sia possibile modificare il corso del proprio destino, se non a costo di maggiori sventure, come dimostra chi ci ha provato.
Sole, indifferente al proprio destino, già segnato e quindi non modificabile, dedica la sua attenzione all’osservazione e alla protezione della vita delle sorelle, inutilmente tese alla costruzione di un futuro autodeterminato, e quindi condannate all’infelicità o al fallimento.
Cassone ha realizzato, attraverso una narrazione apparentemente semplice e lineare, una saga complessa dal sapore gotico al limite del distopico, alleggerita da momenti di realismo magico tipici della letteratura sudamericana.
Questo romanzo, infatti, è denso di metafore e simbolismi, da leggere tra le righe, alla ricerca delle analogie con il reale che ognuno, in un modo o nell’altro, può riconoscere come parte della propria interiorità.