La terra degli uomini integri
Alto Volta, 1961. Per il suo compleanno il piccolo Thomas Sankara riceve una bicicletta rossa, scintillante come i carboni ardenti. Raggiante, la prova subito, ma un gruppo di ragazzini bianchi lo aggredisce e tenta di portargliela via. La sua reazione mostra da subito la sua tempra e quanto, fin da giovanissimo, siano radicati in lui gli ideali di uguaglianza e libertà. Inizia così la storia, in chiave romanzata, della vita del carismatico Presidente del Burkina Faso, che, a soli 37 anni, venne assassinato per le sue idee antimperialiste e anticolonialiste. Celebre per il discorso che tenne nel 1984 all’ONU, Sankara fu un fervente pacifista, che si batté in prima persona per i diritti degli ultimi e delle donne del suo Paese. Uomo di rara cultura, era diretto, detestava la diplomazia e rinunciò a tutti i privilegi personali che il suo incarico poteva offrirgli. In soli quattro anni fece costruire centinaia di scuole, strade, ospedali e riuscì nell’impresa di garantire due pasti e un litro di acqua al giorno a ciascuno dei burkinabè. La definì: la Rivoluzione della felicità. “Avremo avuto successo solo se, guardando intorno a noi, potremo dire che la nostra gente è un po’ più felice.” Il giorno del primo anniversario della sua Rivoluzione, Sankara cambiò il nome alla sua Nazione, retaggio della spartizione europea dell’Africa: la chiamò Burkina Faso, che in lingua locale significa La terra degli uomini integri.
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Antonio Gentile, con questo suo lavoro, ha il merito di essersi speso per far conoscere al pubblico la figura di Thomas Sankara. Un uomo integro e fuori dall’ordinario.

Ho letto questa storia con gratitudine verso l’autore e un vago senso di disagio per non averla conosciuta prima. Non ricordo un telegiornale che abbia raccontato dell’uomo che ha saputo, ispirato dagli  insegnamenti di suo padre, con la sola forza del suo carisma e l’esempio quotidiano, portare il proprio paese verso una nuova consapevolezza di sé, pagando con la vita le sue scelte coraggiose.

La narrazione avviene in terza persona e, quindi, da un punto di vista esterno, onnisciente. La scrittura è scorrevole e ho notato con piacere che, anche quando mi è capitato di dover accantonare la lettura per qualche giorno, al momento di riprenderla mi ricordavo benissimo la storia fin dove l’avevo letta.

Ho molto apprezzato la capacità dell’autore di combinare elementi storici verificabili con la parte romanzata, indispensabile per costruire il racconto, ma inserita alla perfezione nei fatti reali, tanto da dare la sensazione che ogni scena corrispondesse con esattezza all’effettivo svolgersi degli avvenimenti.

S’incontrano soltanto un paio di espressioni non del tutto appropriate, proprio dal punto di vista linguistico, ma il romanzo è talmente bello che si perdonano ben volentieri.

Benché, trattandosi di una storia vera, conoscessi quale sarebbe stato l’epilogo, durante la lettura non ho potuto fare a meno di affezionarmi a Thomas e sperare che il finale potesse essere diverso.

La stessa cosa mi è accaduta solo durante la lettura di “Idi di Marzo” di Manfredi. Ma Thomas Sankara aveva ragione: “Vale la pena di morire per le cose, senza le quali, non vale la pena vivere”.

Ci sono libri che ci lasciano qualcosa dentro dopo l’ultima pagina, “La terra degli uomini integri” è tra questi. Sono felice di averlo scelto e lo consiglio davvero a tutti.

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