Aspettavo il ritorno al thriller da parte di Zilahy dopo la bellissima parentesi dedicata alla madre del suo libro Nostra signora delle nuvole del 2023 e le attese non sono andate deluse.
Ho ritrovato innanzitutto Roma narrata attraverso i suoi luoghi che, pur famosi e conosciuti, riesce sempre a farci percepire soprattutto coi sensi; attraverso le sue descrizioni crea mistero e atmosfere inquietanti, una mappa emotiva che determina l’essenza del racconto.
E ho ritrovato la scrittura puntuale, accurata, ritmata da brevi capitoli che invogliano a continuare la lettura senza smettere e infine ho ritrovato la ricerca scrupolosa, la preparazione minuziosa e mai pedante sul motivo di fondo, in questo caso il mondo dell’arte, soprattutto tra originali e copie perfette.
È un romanzo di contrasti: tra luce e oscurità, tra verità e manipolazione, tra arte e realtà, tra vero e falso, dove il falso è più vero del vero, con una trama intricata, ricca di colpi di scena, con una forte tensione narrativa portata fino al climax finale.
In un’ansa del Tevere affiora il cadavere di una donna vestita e ornata come la Ophelia del famoso quadro di Millais. Il commissario Zuliani, abile ed esperto, benché fiaccato da una malattia degenerativa, chiede la consulenza del professore Nemo Sperati, docente all’Accademia di Belle Arti, sulle cui capacità artistiche e professionali ruota tutta la vicenda. Esperto di tenebrismo (tecnica di chiaroscuri che, a partire da dipinti e da scene del crimine evoca particolari nascosti, anomalie impercettibili anche alle più sofisticate tecnologie d’indagine) e grazie alla sua sensibilità e la creazione di un suo teatro mentale che chiama stanza delle ombre, riconosce appunto nella posa della vittima il quadro di Millais come aveva fatto in precedenza con il cadavere del direttore di Palazzo Barberini che riproduceva il quadro Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi rubato in precedenza e da poco ritrovato. Nemo scopre che l’autore del quadro è suo padre Rufo Speranza, noto falsario e grande artista, morto suicida quindici anni prima ed è costretto ad affrontare le ombre del suo passato e confrontarsi con la sua coscienza. Nel frattempo Miriam Tiberi, ispettore aiuto di Zuliani, dal carattere energico e impulsivo, segnata da un difficile rapporto filiale, tesa tra moderata ambizione professionale e ricerca della giustizia, indaga arrivando a individuare lo stesso Nemo come possibile colpevole dei delitti che continueranno a susseguirsi.
I profili psicologici di tutti i personaggi sono particolarmente curati, anche i comprimari sono in una particolare fase della vita privata che invade anche la sfera lavorativa e compiono un viaggio interiore che porta a cambiamenti visibili e tutti sono interessanti a loro modo, ma il più carismatico, oltre a Nemo per le sue capacità straordinarie, è Rufo Speranza, l’artista geniale, il grande falsario, padre e mentore artistico di Nemo che, pur non presente nella storia, è nella mente di tutti i personaggi coinvolti perché tutto ruota intorno alla sua figura.
Zilahy nelle note finali indica che il libro è dedicato a Eric Hebborn, il più grande falsario del Novecento e il personaggio di Rufo è ispirato a lui. Note finali che invitano a una riflessione ulteriore.
La stanza delle ombre è un romanzo immersivo che invita il lettore a guardare oltre, a non fermarsi alle apparenze a chiedersi cosa significa veramente esplorare il mistero, quello che è dentro di noi.
Lo scontro tra vero e falso nel mondo dell’arte fa riflettere su cosa significhi copiare un’opera e cosa la renda originale o falsa, l’autore sovverte le regole sfumando i confini e le maschere indossate dai vari personaggi illudono il lettore fino alla soluzione finale inaspettata. Utilizzando la contaminazione l’autore mischia le carte dell’arte, della psicologia, dell’indagine e della tragedia per costruire un romanzo affascinante, curato nei particolari dove si intrecciano, oltre ai temi già esposti, l’etica, l’avidità, la sofferenza, la vendetta e la lealtà.