La migliore bugia
È un torrido luglio quando Gilda Orefice, pensionata scorbutica e solitaria, viene ritrovata senza vita nel suo appartamento in centro a Bari. Sembra morte naturale – la casa è in ordine e il cadavere composto – ma la giovane piemme Elisabetta Ciraci ha la sensazione che la scena sia troppo perfetta, e ordina l’autopsia. Il referto è inequivocabile: strangolamento. L’indagine corre, e i sospetti si concentrano su Giovanni Campanaro, un commercialista molto noto in città, la cui deposizione mostra contraddizioni sospette. Gli inquirenti tentennano, poi si convincono ad arrestarlo. Non ha dubbi invece Enrico Martucci, il vecchio avvocato che ne assume la difesa: che il suo assistito sia innocente a lui non interessa, basta che lo sembri, e giusto per il tempo del processo. A presiedere la giuria c’è Virginia Della Valle, un magistrato di lungo corso che conosce il diritto quanto l’anima degli imputati. Eppure nemmeno lei riesce a decifrare l’enigma Campanaro. Mentre le versioni e le controversioni si susseguono sulla sedia dei testimoni, nella sua mente si addensa un terribile dilemma: meglio rischiare di assolvere un colpevole, o di condannare un innocente? Francesco Caringella torna a raccontare i meccanismi e i cortocircuiti della nostra Legge, ma anche la fatica, i sogni e i fantasmi dei suoi giudici, in una storia piena di specchi e ombre.
Lo spettacolo della giustizia le era sempre più difficile da sostenere. In certi momenti era disgustata dal trionfo degli interessi sulla verità, dai cedimenti alle pulsioni e dalla tenace indifferenza verso gli altri.

Con questo teso giallo giudiziario di Francesco Caringella, entriamo nelle viscere della giustizia, nelle sue trame di contraddizioni, di verità parziali, di ombre sull’umano dramma, conflitti tra etica e interessi. Lo stesso titolo di quest’opera dichiara le intenzioni dello scrittore (che è anche commissario di polizia e magistrato penale) rispetto al gettare le luci della narrazione sul dilemma di una giustizia parziale ove la verità è negoziabile ai fini di poter offrire a tutti gli attori del teatro processuale la migliore bugia. La vicenda si dipana, con un piglio coinvolgente e in crescendo emozionale, sulla morte dell’anziana Gilda Orefice, donna aspra e poco amata, giungendo poi al vero cuore pulsante del romanzo: i sentieri giudiziari, le affollate aule di tribunale, i protagonisti e signori del foro; sul versante opposto, seppur sul medesimo palcoscenico, abbiamo l’imputato, con il cappio al collo di un castello di indizi e sospetti, qui incarnato dalla figura di Giovanni Campanaro, l’uomo di successo, il vincitore che precipita nel torbido sentiero di una possibile colpevolezza che pende sul suo capo come una spada di Damocle. Il romanzo di Caringella mette sapientemente su tela narrativa un affresco umano variegato, vivido, di sentimenti e pulsioni credibili; i suoi personaggi sono alla portata dell’identificazione di molti fra noi, le storie personali si intrecciano con quelle professionali in un quadro realistico, che suscita curiosità e immedesimazione, sospetto e attenzione. “Nelle aule di tribunale le cose non contano per quello che sono, ma per quello che sembrano”: in queste disincantate parole pronunciate da uno dei personaggi cardine e chiave della vicenda, il veterano avvocato Martucci, detto La Iena, troviamo la sostanza, il manifesto chiaroscuro del romanzo di Caringella, nel suo tratteggiare ribalta e retroscena della giustizia, nel pendolo fra verità e menzogna, realtà storica e rappresentazione processuale. E le storie umane che si agitano, le lotte forsennate, l’ingarbugliato, sovente meschino, desiderio di far prevalere l’uno o l’altro interesse, fino alla pagina finale. E qui, in effetti poco importa quale sia la rivelazione, il viaggio è appassionante, per tutti, non solo per chi come la sottoscritta è mestierante di crimini e criminali, verità, menzogne, luci e ombre…quale sarà infine la migliore bugia?

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