Una narrazione che inizialmente si dipana in maniera lenta, tristemente ancestrale; dopodiché acquista un ritmo fortemente intenso tanto da assorbirci continuamente; innescando nel lettore un’ incessante e irresistibile fascino. La misteriosa e per certi versi lugubre figura della “Mangiapeccati”, rappresenta appieno una via di scampo; una scappatoia di riscatto da un avverso e sconosciuto destino che ancora oggi spaventa in maniera incontrollabile l’ uomo: la morte.
La protagonista stessa si sente per lo più emarginata e al contempo schiava di una retrograda idealizzazione sociale basata su azioni inconsistenti che portino alla purezza della propria anima per abbandonare per sempre questo universo passando ad altra vita. Da secoli le
molteplici religioni emanano dei dogmi a cui affidarsi; senza offrire al fedele stesso la libertà di credere in ciò che si voglia, incrementando ancor più quel profondo senso di smarrimento agnostico a cui ci sottopongono. Partendo proprio da qui la nostra giovane May in veste di Mangiapeccati, decide di seguire quell’ oscuro e tortuoso cammino che tra molteplici inganni e tradimenti la porterà finalmente sulla retta via della chiarezza; ponendo finalmente fine a delle terribili ingiustizie pagate col sangue e che sussistono tra dame e reali di corte. Ma soprattutto riuscirà a riscattare se stessa come donna; un’eroina che dirimpetto combatterà per porre fine a questo suo doveroso destino. Il romanzo in questione mi ha riportato alla mente la famosa opera “IL RACCONTO DELL’ ANCELLA”; facendomi per l’appunto riflettere per
giorni sul concetto di accettazione di donna; un pensiero che con rammarico mi ha portata ad una sola e unica risultante che purtroppo non è mutata nel tempo. L’ autrice ce lo dimostra con questo suo scritto; spingendoci a comprendere che non saremo mai del tutto libere. In realtà rappresentiamo dei prototipi modellati dalla società in cui esistiamo.