La custode dei peccati –
Per ogni peccato, un cibo. Per ogni confessione, il silenzio. Ma la verità non si può tacere per sempre. Ha rubato solo un pezzo di pane, ma la giovane May avrebbe preferito essere impiccata come tutti gli altri ladri. Invece il giudice ha scelto per lei una condanna peggiore della morte: diventare una Mangiapeccati. Dopo la sentenza, May è obbligata a indossare un collare per essere subito riconoscibile e le viene tatuata la lettera S sulla lingua. Da quel momento, non potrà mai più rivolgere la parola a nessuno. Poi inizia il suo apprendistato presso la Mangiapeccati anziana che, nel silenzio più assoluto, le insegna le regole del mestiere. Un mestiere spaventoso: raccogliere le ultime confessioni dei morenti, preparare i cibi corrispondenti ai peccati commessi e infine mangiare tutto, assumendo su di sé le colpe del defunto, la cui anima sarà così libera di volare in Paradiso. Le Mangiapeccati sono esclusivamente donne, disprezzate e temute da tutti, eppure indispensabili. E infatti, un giorno, May e la sua Maestra vengono convocate addirittura a corte, dove una dama di compagnia della regina è in fin di vita. Dopo la confessione e la morte della donna, però, alle due Mangiapeccati viene portato un cuore di cervo, un cibo da loro non richiesto e che rappresenta il peccato di omicidio. Sconcertata, la Maestra di May si rifiuta di completare il pasto e viene imprigionata per tradimento. Rimasta sola, la ragazza china la testa e porta a termine il compito, ma in cuor suo giura che renderà giustizia all’unica persona che le abbia mostrato un briciolo di compassione. Quando viene chiamata ancora a prestare i suoi servigi a corte, May intuisce che una rete di menzogne e tradimenti si sta chiudendo sulla regina e che solo lei è in grado d’intervenire. Perché essere invisibile può aprire molte porte, anche quelle che dovrebbero restare chiuse per sempre… Ispirandosi alla figura realmente esistita della Mangiapeccati, questo romanzo ci regala un’eroina modernissima, che rifiuta il ruolo impostole da una società che la umilia in quanto donna, e che grazie alla sua forza di volontà e determinazione riuscirà a cambiare il proprio destino.
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Una narrazione che inizialmente si dipana in maniera lenta, tristemente ancestrale;  dopodiché acquista un ritmo fortemente intenso tanto da assorbirci continuamente; innescando nel lettore un’ incessante e irresistibile fascino. La misteriosa e per certi versi lugubre figura della “Mangiapeccati”, rappresenta appieno una via di scampo; una scappatoia di riscatto da un avverso e sconosciuto destino che ancora oggi spaventa in maniera incontrollabile l’ uomo: la morte.

La protagonista stessa si sente per lo più emarginata e al contempo schiava di una retrograda idealizzazione sociale basata su azioni inconsistenti che portino alla purezza della propria anima per abbandonare per sempre questo universo passando ad altra vita. Da secoli le

molteplici religioni emanano dei dogmi a cui affidarsi; senza offrire al fedele stesso la libertà di credere in ciò che si voglia, incrementando ancor più quel profondo senso di smarrimento agnostico a cui ci sottopongono. Partendo proprio da qui la nostra giovane May in veste di Mangiapeccati, decide di seguire quell’ oscuro e tortuoso cammino che tra molteplici inganni e tradimenti la porterà finalmente sulla retta via della chiarezza; ponendo finalmente fine a delle terribili ingiustizie pagate col sangue e che sussistono tra dame e reali di corte. Ma soprattutto riuscirà a riscattare se stessa come donna; un’eroina che dirimpetto combatterà per porre fine a questo suo doveroso destino. Il romanzo in questione mi ha riportato alla mente la famosa opera “IL RACCONTO DELL’ ANCELLA”; facendomi per l’appunto riflettere per

giorni sul concetto di accettazione di donna; un pensiero che con rammarico mi ha portata ad una sola e unica risultante che purtroppo non è mutata nel tempo. L’ autrice ce lo dimostra con questo suo scritto; spingendoci a comprendere che non saremo mai del tutto libere. In realtà  rappresentiamo dei prototipi modellati dalla società in cui esistiamo.

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