Spiccioli di trama: il romanzo racconta la vita di Hira. Che a 13 anni deve lasciare Tirana, ed una famiglia che le ha permesso di vivere spensieratamente, perché rimane improvvisamente orfana. È rimasta sola, il fratellastro è lontano ed irrintracciabile e non ha parenti prossimi. C’è solo un fratello del padre, già deceduto tempo prima, che vive nel nord, a Sanje, sulle montagne fredde e poco ospitali. Hira è obbligata a trasferirsi continuando a sperare che il fratello la venga a “salvare”. L’integrazione è assai difficoltosa ma pian piano riuscirà a farsi accettare ed a comprendere quel modo di vivere, diverso anni luce da quello della città. Accetterà di buon grado gli usi e le tradizioni vigenti in quei villaggi sperduti. Instaurerà un forte legame con Astrit, il figlio dello zio che la ospita. Fino a quando una decisione importante potrebbe cambiare completamente la sua esistenza.
Punto di forza: tanti. Primo fra tutti l’aver raccontato una tradizione antica, di certo non solo albanese (fino a qualche anno fa apparteneva anche alla nostra cultura), che testimonia l’arretratezza di certi luoghi e che temo sia ancora viva. Poi anche la scrittura: solida, sicura, evocativa. Personaggi descritti in profondità. Non ci si annoia mai. Emozioni continue che come le montagne che descrive fanno su e giù nello stomaco. Un romanzo coraggioso, non banale che farà felici i suoi fans. Me per primo. Obbiettivamente ancora una prova maiuscola.
Punto debole: nessuno. L’unico neo è la conclusione del romanzo.
Finale: poteva essere diverso. La scrittrice aveva due opzioni. Ne ha scelta una. Per mia natura avrei scelto l’altra soluzione. Ha fatto felice chi non la pensa come me. Ma chi ha i miei stessi gusti è rimasto un po’ deluso. Per quanto mi riguarda il finale non costituisce la ciliegina sulla torta. Commercialmente è più valido ma per chi appartiene alla nicchia la ritiene un’occasione persa. Peccato.
Giudizio complessivo: ⭐⭐⭐⭐
libro bello, anzi bellissimo. La D’Urbano è diversa dagli esordi. Per quanto mi riguarda non direi migliore perché le due fasi non sono comparabili. Sono eccellenti entrambe. Io ho amato profondamente i primi libri della D’Urbano. Mi sono entrati dentro, ha creato personaggi indimenticabili. Tre gocce d’acqua e Figlia del temporale sono due perle ulteriori che non appartengono a quella “storia”. La D’Urbano prosegue il cammino, non indugia su ciò le ha dato la fama. Con determinazione e capacità costruisce un romanzo che parla del coraggio e della risolutezza delle donne, della volontà di non farsi sottomettere, a costo di immense rinunce. Un romanzo maturo, forte. Scrittura solida. Penna coraggiosa e inconfondibile. Un romanzo che conferma il talento della scrittrice e la sua maturazione. Mezzo punto in meno per il finale.