Cuore del Sahel è un romanzo che convince, soprattutto perché appare chiaro quanto l’autrice conosca bene la realtà che descrive.
Djaili Amadou Amal, infatti, è originaria del Camerun. Suo padre era un fulani, e a diciassette anni fu data in sposa ad un cinquantenne di buona famiglia. Le occorsero due divorzi, per affrancarsi dalle logiche arretrate e maschiliste della sua terra. Con il trasferimento nella capitale, a Yaoundè, ricominciò una nuova vita insieme ai sui figli, fondò un’associazione per l’istruzione femminile e diventò “la voce di chi non ha una voce”.
Il racconto è ambientato nell’estremo nord del Camerun, quel lembo di terra incassato tra la Nigeria e il Ciad, nel cuore del Sahel.
Faydè, forse l’alter ego letterario dell’autrice, affronta con coraggio e coerenza il mare agitato della vita, navigando a barra dritta tra le insidie minacciose della società.
Lei e le sue amiche rappresentano le sfaccettature dell’universo femminile, le diverse reazioni possibili per sopravvivere alla discriminazione di casta, di censo e di genere che tutte le ragazze si trovano ad affrontare per affermare il proprio diritto all’esistenza.
Djaili Amadou Amal ci consegna un ritratto lucido e crudo della condizione e della realtà sociale nel suo Paese, preda di violenza, abusi e discriminazione sociale. Non fa sconti a nessuno, neppure alle donne stesse, se cadono nella logica del compromesso e dell’opportunismo, e proprio questo, unitamente ad una prosa essenziale e diretta, rende davvero credibile l’intero impianto.
L’auspicio che l’amore, quello profondo e vero, possa liberare gli esseri umani dai limiti che essi stessi hanno inventato, chiude la storia con un fiato di speranza, che giustifica il senso della vita stessa.