Avrei voluto essere lì
«Avrei voluto essere lì in quei momenti bui del passato nostro. Per dirti tutte le parole che avrei voluto sentirmi dire.» Questa è una storia come tante, una storia come poche. La biografia di tanti ragazzi gay felici dopo aver percorso il loro sentiero della dignità, ma potrebbe essere la storia di tanti ragazzi con un finale più tragico. Certe parole e certi gesti si imprimono come un marchio sulla carne e ne rimane vittima anche Edoardo. Già a dieci anni deve affrontare il compagno Christian che lo aggredisce all’uscita di scuola: frocio, gli dice. Per Edoardo è un universo che si svela. Avrei voluto essere lì è una guerra tra ciò che sei e ciò che gli altri vogliono che tu sia, e l’ultima battaglia avverrà nella camera ardente della pubertà, dove Edoardo farà i conti con tutte le discriminazioni subite. Questo romanzo accarezza la privazione degli affetti, cerca redenzione per la colpa di essere nato così, frocio, per arrivare a comprendere finalmente che ci vuole coraggio per crescere in un mondo di omofobi.
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Un romanzo ben scritto.

Fin dall’inizio ti chiedi chi sia il “narratore” di questa storia di vita che è raccontata in prima persona, ma rivolgendosi sempre alla seconda, da una voce sconosciuta. Quasi fosse una lunga lettera.

Il tempo imperfetto la fa da padrone, e sottolinea la continuità delle azioni. Il lettore è osservatore ma partecipe allo stesso tempo, non è lì, guarda da fuori e soffre insieme al protagonista Edoardo per quello che gli fanno subire.

Chiuso qui dentro lasciavi il resto del mondo fuori, ti rifugiavi nelle fantasie e nei pensieri dove non c’erano pianti soffocati. Eri soltanto libero.”

La voce narrante, di fatto, si rivolge al protagonista e ne racconta le sofferenze, le gioie e i torti subiti. È lui che parla, ma è come se fosse sempre presente nelle vicende che costruiscono la storia. Questa voce traccia un affresco della vita di Edo così dettagliato, sentimenti e sensazioni compresi, che non ti capaciti che possa essere un estraneo.

È uno schema narrativo inusuale e il lettore, fino alla fine, si chiede: Ma chi è che avrebbe voluto essere lì? E chi è colui (o colei) che ci racconta tutto questo?

Trattandosi di una vicenda delicata e molto personale, come spesso sono i racconti autobiografici (la scuola, i genitori, la sorella, la quotidianità) il rischio di sfumare nella noia poteva essere alto.

Invece la noia viene esorcizzata dai continui salti temporali, ben calibrati dall’autore, che tengono viva l’attenzione e danno ritmo alla storia.

Storia di una vita vessata sin dall’inizio a causa del suo essere “diversa” agli occhi di genitori, compagni di scuola e abitanti del paese in cui vive Edoardo.

Le scene di sesso sono piuttosto esplicite, senza tuttavia troppo indugiare sul particolare scabroso.

Diciamo che ci si ferma un attimo prima di scadere nell’hard. Sono forti ma non prive di una certa eleganza narrativa.

È un libro decisamente consigliato a chi ama le storie di vita vissuta, in questo caso con tutte le difficoltà, psicologiche e non, dell’accettarsi e del farsi accettare in un ambiente di provincia degli anni ‘90. Il taglio è forte ma anche romantico, mai asettico.

Nonostante tutti i risvolti negativi che ci danno la misura del becerismo, ancora purtroppo imperante nei confronti di scelte sessuali non conformi all’usuale, il messaggio di amore gioioso che l’autore riesce a trasmetterci fa ben sperare in un futuro migliore, se non esente da omofobia, almeno un gradino più su nella scala del rispetto delle scelte altrui e in quella dei valori umani.

 

 

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