Intervista a cura di Gino Campaner (ginodeilibri)
Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare l’autore Alberto Minnella. Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo.
Sono molto contento di poter fare quattro chiacchiere con te. Preparati perchè sarà un’intervista lunga, io sono un tipo molto curioso. Soprattutto perché mi sono perdutamente innamorato del tuo ultimo romanzo, L’amore è tutto qui. Già il titolo mi ha folgorato, leggendolo poi sono stato definitivamente conquistato. Prima però, di parlare più approfonditamente dei tuoi romanzi, ti faccio qualche domanda di carattere generale. Qualcuna forse un po’ banale ma “necessaria” per conoscere meglio le tue abitudini ed i tuoi gusti libreschi. Allora Alberto raccontaci un po’ di te, dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Nasco nella terra del Caos, quella di Pirandello, per intenderci. Ho vissuto in diverse città, girando buona parte della Sicilia. Adesso sono cittadino catanese. Lo sono da otto anni. La mia grande passione è sempre stata quella della musica, accompagnata dalla lettura. Ho studiato musica moderna a Parigi (nello specifico, studiavo batteria) e Lettere Moderne a Catania. Oltre alla mia attività di musicista, ho lavorato per diversi giornali di cronaca e di approfondimento musicale. Poi l’ultimo giornale per cui lavoravo ha chiuso e purtroppo per tutti voi mi sono cimentato nella narrativa di genere.
Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Sono principalmente un lettore e non mi pongo limiti di genere. Gli unici libri che non leggo sono quelli che dopo trenta pagine mi stanno solo facendo perdere tempo. Adoro il cartaceo, ma leggo anche gli ebook.
Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?
Di certo la realtà mi investe e mi trascina, ma la componente fantastica mi accompagna sempre. La scrittura, come tutte le forme d’arte, racconta mondi possibili che hanno a che fare con la realtà quasi involontariamente. Altrimenti parliamo di cronaca e quella va lasciata raccontare ai giornalisti. Con l’arte si deve poter sognare.
Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?
Scrivo in silenzio eremitico. Una volta chiusa la pagina, vado a far casino con la mia batteria.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre dalla narrazione?
Ho bisogno di avere le idee chiare sulla storia che sto raccontando. Se vale davvero la pena fare tanta fatica per scriverla, per pubblicarla e per essere sottoposto al giudizio di tutti. Così mi organizzo il lavoro, sapendo che gli schemi sono solo linee guida.
Ti è capitato sicuramente di presentare un tuo libro in pubblico. Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico?
Preferisco le presentazioni libere dagli schemi baronali che molto spesso spingono gli astanti al suicidio. Quindi il moderatore deve saper stare al gioco e divertirsi con me.
Ti pongo adesso la prima delle “mie” domande ficcanaso, quelle che faccio a tutti gli autori che intervisto. Riguarda le case editrici. Perché devi sapere che questo argomento è un po’ una mia ossessione, che cerco di soddisfare ogni volta che ho la possibilità di parlare con uno scrittore. Nel tuo caso la curiosità è questa: hai pubblicato i tuoi primi tre romanzi, con protagonista il commissario Portanova, con una casa editrice e poi per il nuovo investigatore, il commissario Cannavò, ti sei affidato ad un nuovo editore. Come mai? Sono troppo curioso, o mi puoi rispondere?
Non c’è stata una logica precisa. Ho partorito “L’amore è tutto qui” tre anni fa. In questi tre anni ha fatto il giro di diverse scrivanie, fra cui anche quelle di certe major del genere, di cui non farò il nome. Per tutto questo tempo il romanzo non ha fatto altro che essere cestinato. Così un giorno mi ha chiamato Leonardo Di Lascia, il direttore della collana IRA della Bertoni e mi ha espresso la sua curiosità di leggerlo. Per farla breve; gli è piaciuto e mi ha proposto una pubblicazione. Ho accettato. I Portanova sono un discorso a parte. Sono e saranno sempre una creatura Frilli.
Un autore che ha appena terminato di scrivere un romanzo, come deve muoversi per cercare una casa editrice? Si deve proporre inviando il proprio romanzo un po’ a chiunque? O deve mirare ad un obbiettivo preciso? Case editrici piccole e indipendenti, grandi e conosciute o particolarmente dedite al genere trattato nel proprio libro?
Non essendo uno scrittore affermato e di successo, non mi sento di dare consigli. A chi vuole pubblicare dico solo, prima di tutto, di chiedersi perché voglio farlo, se sanno a cosa vanno incontro. Se hanno idea dei dolori e delle incazzature che certe volte uno si può prendere. Solo dopo possono armarsi di pazienza e cercare di far leggere il proprio romanzo a un editor, se lo conoscono, a un agente letterario, se voglio essere rappresentati da qualcuno, o, infine, inviare il manoscritto alle case editrici di cui conoscono l’operato e la serietà.
Secondo te oltre alla bontà del romanzo stesso da cosa dipende il successo o meno di un libro? Mi spiego, c’è un libro che gira per gli scaffali delle librerie che è bellissimo, scritto bene, emozionante ma in pochi lo considerano. In questo caso dov’è l’errore? Mi vien da pensare che non basta scrivere un ottimo libro, per aver successo ci vuole molto di più. Quale aspetto ha maggior peso nell’affermazione di un romanzo: la distribuzione, la promozione, le presentazioni, la pubblicità?
Se lo sapessi, avremmo fatto quest’intervista da Cracco, mangiando ostriche e bevendo champagne.
Perdonami questa digressione torniamo ai tuoi libri. Passiamo ad analizzare il tuo ultimo romanzo, L’amore è tutto qui. Dico solo che è molto bello. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato?
L’idea del romanzo è nata un po’ di tempo fa, davanti a una birra, chiacchierando con un amico che per me è come un fratello. Discutevamo su cosa fosse veramente il noir. Convenivamo sul fatto che un noir, per essere tale, debba avere come protagonista un uomo qualunque che di punto in bianco viene incastrato in una storia allucinante e l’unico modo per uscirne fuori indenne è quello di indagare e trovare il colpevole di turno, prima che la polizia lo incastri. Esattamente come certe storie del cinema noir della prima metà del secolo scorso. Mi venne in mente così Nicola, il dogsitter. L’idea di un dogsitter come protagonista di un noir mi era piaciuta così tanto che non riuscivo a pensare ad altro. Poi un giorno lessi un articolo di cronaca riguardo una professoressa in pensione uccisa nel suo appartamento, in piazza della Repubblica, a Siracusa. Il caso era irrisolto allora e lo è ancora oggi. Quindi sull’irrisolutezza della faccenda è germogliata la mia fantasia.
Raccontaci un po’ la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Facci venir voglia di leggerlo. Soprattutto perché hai deciso di mettere in panchina il commissario Portanova ed hai creato un nuovo commissario? Portanova tornerà? E Cannavò?
Nicola è un trentenne irrisolto. Vive con due ragazzi: Francesca, veterinaria e Aldo, un quarantenne perditempo. Per tirare a campare, Nicola fa il dogsitter. In una sera buia e tempestosa bussa alla porta di Mara, detta Mimì, insegnante in pensione, proprietaria del cagnolino a cui Nicola fa da balia. Quando entra nell’appartamento trova Mara assassinata. Aguzzando la vista, nota che le sono state amputate le mani. Così, disgustato, vomita e per sfortuna sua, lo fa sul corpo di Mara. Nicola entra nel panico. Ci sono le sue impronte ovunque, qualcuno l’ha di sicuro visto entrare e uscire dal palazzo in cui abita la donna. Sul suo vomito c’è il suo nome. Quindi scappa e da quel momento in poi la sua vita sarà un inferno. Sarà compito suo trovare l’assassino primo della polizia, altrimenti è cosciente che passerà il resto della sua vita in carcere.
Come detto prima, l’idea di questo romanzo è nata per caso. Un quarto romanzo con Portanova protagonista è già nelle mani dell’editore. A una storia con Cannavò non ci ho ancora pensato. Ma posso dire che il caro e apparentemente mediocre ispettore Cannavò è protagonista di un racconto che vedrà li librerie fra non molto.
Preferisci i finali accomodanti (col lieto fine) o preferisci i finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche qualche protagonista importante incorre in qualche… “incidente”? Protendi per il vissero tutti felici e contenti o, come accade spesso nella realtà, il tuo finale ideale lascia un po’ di amaro in bocca?
Riguardo ai finali ho sposato la teoria simenoniana per cui il miglior finale è il proseguire cinico del mondo che gira attorno al protagonista. Insomma, dopo tante sofferenze, tutto torna al punto di partenza. La banalità della vita quotidiana che gira in loop.
Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai pubblicato altri romanzi precedentemente a questo. A quale genere appartengono? Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai dettagli?
Ho scritto tre noir ambientati nella Siracusa degli anni ’60 e che hanno come protagonista un disastro chiamato Portanova. Quest’anno ho dedicato i miei sforzi alla stesura di un quarto Portanova e alla creazione di un collettivo noir chiamato “Sicilia Niura”, fondato con altri tre scrittori siciliani (Sebastiano Ambra, Gaudenzio Schillaci e Rosario Russo). Insieme stiamo curando per Algra, una casa editrice siciliana, una collana che prende il nome dal collettivo e che ha intenzione di pubblicare storie nere di Sicilia.
Prima di lasciarci, come da tradizione per le chiacchierate con gli autori, qui a giallo e cucina sono d’obbligo due domande: la prima è quella relativa ad una pietanza che ami particolarmente, la seconda è una citazione. Quella che più senti vicina. Ci consigli anche un libro di un “collega” che si deve proprio leggere?
Devo confessarti che non ho una pietanza preferita. Adoro mangiare quasi ogni cosa. In questo momento avrei voglia di una bella paranza, quindi vada per la paranza di pesce. Fuggo come un ladro dalle citazioni, quindi purtroppo non me ne viene in mente nessuna. Consiglio di leggere caldamente “Fuoritempo” di Francesco Pasqua. Un gran bel romanzo.
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori…
Ai lettori dico: non leggete autobiografie.
Agli autori, invece: non scrivetele.
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.