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Intervista doppia – Oliva/Berselli

Oliva intervista Berselli

  1. Le Siamesi si consuma in un week end, anche se è l’epilogo di vite portate in qualche modo all’eccesso, a partire da Ludovica, la giovane e cinica protagonista che accetta un invito dove le verrà chiesto qualcosa di molto, molto insolito e pericoloso. Come l’hai costruita? Quale tipo di personaggio volevi?

Le siamesi parla di otto ragazzi e di un sabato sera di follia, di sfide contro la morte e di situazioni che diventano non più gestibili. Ludovica per certi versi rappresenta un personaggio paradigmatico nel mio universo narrativo. Contro le regole, incapace di accettare l’età adulta, con un forte disagio esistenziale nonostante la vita le abbia dato tutto, bellezza, ricchezza, successo. L’idea era proprio quella di costruire un noir intorno a un personaggio disturbante, che desse fastidio al lettoreL'immagine può contenere: 1 persona

  1. Il tema del senso di appartenenza (inappagato per i protagonisti) e dell’inadeguatezza scorre in sottofondo. La ricerca ossessiva di emozioni. Ma alla fine, cos’è che secondo te porta i personaggi a spingersi oltre e valicare i loro stessi confini?

Fondamentalmente la noia, il bisogno di alzare continuamente i livelli di rischio e adrenalina per compensare il male di vivere, l’inadeguatezza nei confronti della propria esistenza. Ed è per questo che è un sabato sera apparentemente normale si trasforma in una discesa verso gli inferi, con i protagonisti ormai privi di controllo

  1. Vogliamo parlare anche dei personaggi maschili di questo romanzo? Il padre di Ludovica e il fratello sembrano quasi antitetici, il primo egoista e posto a una certa distanza, il secondo affettuoso e vicino.

Questo è un libro dove ravvisare personaggi in grado di avere almeno un raggio di luce all’interno della loro vita è davvero difficile, è un mondo maschi contro femmine e femmine contro femmine fatto di alleanze e inimicizie che cambiano continuamente all’interno della storia. Il padre in qualche modo doveva significare l’inizio del male, il fratello l’unico elemento equilibrante ma che in realtà nell’economia della storia ha poco significato. Volevo un romanzo con poco spazio per la redenzione e la speranza

  1. Evitare la ridondanza e ridurre la frase all’essenza è ormai tua cifra stilistica e peculiarità, tanto che si parla di “minimalismo berselliano”. Quale percorso hai fatto per arrivarci e come hai lavorato per sottrazione su questo romanzo?

Come diceva il grande Carver, se per dire una cosa puoi usare 10 parole, non usarne 15 o 20, usane 10. In fondo la mia tecnica è tutta qui: fare un lavoro di lima per togliere tutto quello che in una storia è zavorra, non funzionale alla trama o alla definizione della psicologia dei personaggi, la teoria delle parole utili, usare solo quelle che servono realmente. Ottenere questo obiettivo mi impegna in un grande lavoro di riscrittura e di cesello.

 

Berselli intervista Oliva

  1. Il tuo ultimo romanzo, Questo libro non esiste, rappresenta l’ennesima prova del grande lavoro di sperimentazione che fai sulla scrittura ma, soprattutto, sulla tipologia di storia, dalla serialità della Guerrera per arrivare a un noir quasi metafisico, dove il plot dialoga con la fisica e il senso di tempo e spazio.

Grazie. Cerco di mettermi in gioco. Con questo romanzo mi ero prefissata di dire tutto quello che potevo  sul tempo, narrativamente parlando. E di liberarmi di questo demone, traguardo che non sono riuscita a raggiungere, perché l’idea del tempo mi perseguita ancora. Continuo a contarlo, a organizzarlo, a tentare di acchiapparlo, di tuffarmici dentro, di precipitare con lui. Ma il tempo, tranne in rarissimi, surreali momenti, riesce sempre a sfuggirmi.

Intervista doppia - Oliva/Berselli

  1. Il protagonista Mathias è solo apparentemente un personaggio più definibile rispetto ad altri con cui hai avuto a che fare, penso alle articolate sfaccettature femminili de Le sultane o alla corale follia che avevamo trovato ne Lo zoo. Quanto è importante il lavoro di minuzia psicologica che fai sugli attori che vanno a interpretare le tue storie?

 

È importante, senza dubbio. Come sappiamo, nel noir, diversamente dal giallo, ciò che conta non è scoprire il colpevole del delitto, ma piuttosto perché ha ucciso e quindi non possiamo prescindere dalle dinamiche psicologiche che, al di là della questione del genere, mi interessano molto. Prima ancora di questo lavoro, credo però che fondamentale sia l’osservazione degli altri, la nostra empatia verso il mondo, la curiosità rispetto ai comportamenti e agli eventi, perché ogni finzione parte da lì: dalla vita. A proposito: te l’avevo detto, vero, che Mathias fisicamente è ispirato a te? 🙂

  1. Quest’ultimo romanzo ha una struttura molto complessa, forse il tuo più trasversale, non soltanto perché si meticcia con altri generi, cosa che in fondo hai sempre fatto, ma soprattutto perché, come dicevamo prima, ha una sovrastruttura scientifica che rappresenta la sua vera peculiarità. Questo ti ha obbligato a un grande lavoro di ricerca, suppongo

Sì, anche se ho cercato di trasporre letterariamente questa sovrastruttura affinché chi legge il libro si inserisca nel flusso della storia senza perderse tempo con discettazioni tecnico-scientifiche. Ho letto diversi saggi – che dopo la stesura del libro ho accuratamente dimenticato – di alcuni celebri astrofisici e fisici che mi son venuti in aiuto, da Margherita Hack ad Albert Einstein a Stephen Hawking. Ma anche filosofi che hanno detto qualcosa di interessanto sul tempo, come Sant’Agostino. Ti parlo di nuovo del tempo perché “Questo libro non esiste” è il romanzo conclusivo della Trilogia del tempo, che ho iniziato con “Le Sultane” e proseguito con “Lo Zoo”, e il  cielo, con tutte le sue stelle e i suoi corpi celesti, mi serviva come ipostasi del futuro. Ma anche come metafora delle contraddizioni del tempo, che scorre solo in un presente quasi già terminato (quindi un po’ passato e un po’ futuro) ma noi tramite qualche escamotage – come ad esempio la facoltà del ricordo – possiamo arrotolarlo anche all’indietro, nella nostra mente. Tornando al firmamento, paradigmatica è – ad esempio – la luce delle stelle, che ci giunge dal cosmo in un secondo per noi presente, consegnandoci l’immagine di una stella magari antica anni luce.

  1. La domanda progetti per il futuro è un classico nelle interviste con gli scrittori, ma questa volta voglio articolartela in modo differente. Quali direzioni sta prendendo il tuo lavoro, quali nuovi esperimenti, come ti stai muovendo nel cercare nuovi stimoli?

Per scaramanzia la mia risposta sarà lapidaria. Ti dico però che il prossimo romanzo sarà un thriller, quindi anche stavolta non rinuncio alla parte sperimentale.  🙂  Grazie Ale e grazie Adriana!

 

 

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