Oggi Presentiamo...

Valentina Bertuzzi

Ho coabitato con Crush per tre anni della mia vita, e mi porterò dentro tanti ricordi e tante esperienze.

Crush serie televisiva

La storia di Stella

La storia di Tamina

La storia di Diego

Intervista a  cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto alla regista e sceneggiatrice romana Valentina Bertuzzi e la ringraziamo per essere ospite del nostro sito di Giallo e Cucina nello spazio dedicato al cinema e alle serie tv.

DB Crush è una serie televisiva divisa in tre capitoli: La storia di Stella, La storia di Tamina e La storia di Diego.  Prima di introdurre nello specifico i tre capitoli, ti volevo chiedere come è stato passare dal punto di vista registico da un cortometraggio come Delitto naturale del 2019 a questo interessante progetto televisivo?

VB Ciao Dario, mi fa particolarmente piacere questo incontro su Giallo e Cucina, poiché pur essendo un teen-drama, Crush contiene alcuni degli stilemi fondanti del crime e del thriller psicologico, sui quali ho scelto di strutturare la regia di tutte e tre le stagioni. Stilemi del genere erano presenti già in altri miei lavori, fra cui Delitto Naturale, ambientato come Crush in una scuola e nel mondo della pre-adolescenza, e questa continuità ha sicuramente reso più fluido per me il passaggio dal corto alla serie tv. In ogni caso, il salto alla serialità televisiva credo che vada sempre considerato come un passaggio definitivo, un’esperienza che ti forgia come regista. La durata del set, in questo caso dieci settimane per ogni stagione, è un bel banco di prova per diversi aspetti, resistenza fisica, concentrazione, funzionalità tecnica e creativa al fine di chiudere in tempo il set ogni giorno cercando ottenere per ogni scena del materiale filmico vivo, vibrante di emozioni vere e mai della loro mera riproduzione. Non è semplice e non è un processo matematico, tutto il cast e tutta la crew sono coinvolti e vanno diretti, orchestrati, cercando in ogni inquadratura l’unisono dei loro personali talenti. Sicuramente il perseguire questo obiettivo mi ha reso molto più resistente e più consapevole del mio mestiere.

DB Tutte e tre le storie sono concentrate nell’ambiente scolastico e vengono affrontate tematiche che fanno parte purtroppo della nostra quotidianità, nel primo capitolo di Crush la storia di Stella, in cui la protagonista, (interpretata da Anita Serafini) è un’aspirante giornalista che coadiuvata da Seba, indaga su un video molto intimo messo in rete dal suo stesso compagno in modo ingenuo, che ignaro degli effetti devastanti, la metteranno inevitabilmente nei guai. In questo capitolo vengono affrontate tematiche come il cyberbullismo e il sexting, e personalmente, ho apprezzato lo stile e la delicatezza del linguaggio narrativo lineare e pulito di cercare di ammorbidire problematiche di una certa rilevanza, come nasce questo progetto televisivo e al tempo stesso com’è stato lavorare con delle giovani attrici/tori e catapultarli in una realtà che può creare delle pesanti conseguenze sulle nostre vite e come nel caso di Stella diventa difficile venirne fuori, qual è stato il loro approccio?

Valentina BertuzziVB Il progetto Crush è nato da un’idea di Simona Ercolani, fondatrice della casa di produzione Stand By Me, produttrice creativa e autrice che sta facendo la differenza sull’industria e sulla cultura italiana, dimostrando quanto sia indispensabile, e quanto venga ben accolta da un pubblico sempre più vasto una narrativa femminile, ricca di personaggi non stereotipati e tematiche urgenti. In particolare, Crush è stata una vera fucina di nuovi talenti, abbiamo lanciato attrici e attori fra i tredici e i quindici anni che stanno proseguendo con successo nel loro percorso professionale e artistico. Pensiamo ad Anita Serafini, Ludovica Porreca, Massimo Quagliata, Edoardo Miulli, per citare solo le/i protagonisti. Con loro è stato per me molto bello lavorare. Con le attrici e gli attori io non entro mai in contatto in modo convenzionale, non mi sento di essere per loro un appoggio amicale o un riferimento emotivo, al contrario, la mia comunicazione indaga è esclusivamente il loro lato artistico, entriamo in contatto non in quanto persone che condividono un progetto ma in quanto insieme siamo veicoli di emozioni, perché per me è proprio in quell’incontro di sensazioni che inizia la rappresentazione di un mondo, di un personaggio, e la costruzione di un film o di una serie. Non ci dobbiamo dire nel dettaglio dove stiamo andando, ma semplicemente arriviamo a sentire insieme che stiamo andando nella stessa direzione, come branchi di animali migratori, o pesci che seguono insieme una corrente, quella corrente è il senso della scena, è la nostra emozione.

In Crush ci siamo trovati a condividere quest’indagine delicata su una violenza dilagante sempre più psicologica, che minaccia su vari fronti l’infanzia e l’adolescenza. Come sai, in ogni stagione ci sono delle prove attoriali veramente molto difficili, Anita per esempio doveva ballare e spogliarsi davanti alla telecamera restando in biancheria intima, un atteggiamento completamente avulso dalla sua personalità e dalle sue attitudini. Ludovica invece doveva indossare l’hijab per quasi tutto il set, recitando con il capo coperto, vedendosi così diversa da come è nella sua realtà quotidiana con i capelli sciolti e riccioli che in qualche modo la rappresentano, fanno parte della sua natura dolce ma capace di auto affermarsi, determinata. Sono prove veramente durissime per delle attrici emergenti di quattordici anni, e senza nessuna esperienza di set. Ci sono stati pochi momenti di sconforto, ma in quelle criticità per esempio non le ho consolate, non le ho trattate come ragazze con le loro fragilità ma come attrici con un potenziale straordinario, e le ho aiutate visualizzando insieme a loro l’importanza di quello che stavamo facendo, il senso di essere lì in quel momento, di spogliarsi quasi del tutto, o viceversa di coprirsi e nascondere il capo, indossare maniche lunghe, abiti scomodi. Quante persone si sarebbero riconosciute in Stella e Tamina, sentendosi più forti e meno sole? Quanti genitori, magari, avrebbero compreso meglio i silenzi delle figlie e dei figli. Questa motivazione le ha aiutate molto ad affrontare anche le scene più complicate.

Valentina BertuzziDB La protagonista della seconda serie è Tamina (interpretata da Ludovica Porreca), una ragazza afghana che è riuscita a fuggire dal suo paese insieme ai suoi genitori e in Italia, attraverso la passione per lo sport e per il calcio, vuole trovare la voglia di riscatto rivendicando quei diritti che le erano stati vietati. Tamina nonostante lascerà la sua amica del cuore si integrerà con i suoi nuovi amici e anche nella scuola che frequenta. Troverà un gruppo di bulli con a capo Frank, a non volerla far entrare nella squadra di calcio della scuola, ma Tamina non demorderà e formerà una squadra per battere quella avversaria dello stesso Frank che cercherà di darle filo da torcere fino all’ultimo. Questa seconda serie affronta due tematiche come l’inclusione di una ragazza che viene da una realtà brutale che le ha comportato dei traumi che rivive nella quotidianità e il tema della guerra. Mi ha colpito la profondità e la genuinità di questa ragazza quando si rivolge a Frank e gli dice “abbiamo bisogno di pace in questo mondo e non di farci la guerra” quanto, secondo te, sono essenziali queste parole che possono essere un insegnamento per tutti noi e cercare di dircele sempre per far sì che ci sia più umanità nella società di oggi vittima di un retaggio culturale e relegata a discriminazioni e pregiudizi?

VB Purtroppo non bastano, però sì sono parole essenziali ed è bene che vengano dette in una serie per il primo polo televisivo nazionale, il ruolo dei contenuti televisivi e cinematografici deve anche essere quello di provare, cercare, lottare e a volte raggiungere degli stati di emancipazione, sotto tutti gli aspetti possibili e immaginabili. Anche per questo ho accettato di girare Crush, perché racconta delle storie che hanno un’anima e che spingono con tutta la loro forza verso l’alto, con l’ambizione di rompere stereotipi tossici, di indagare nuovi sistemi relazionali, e raccontare possibili nuovi equilibri identitari.

DB Non pensi Valentina che sono proprio gli adolescenti spesso a dare degli insegnamenti agli adulti e proprio questi due capitoli (come vedremo a dare anche nel terzo) nonostante affrontino tematiche all’ordine del giorno, siano di formazione per i giovani dai quali possano trarre il vero significato basato sui valori dell’amicizia, della fratellanza, del perdono e anche della riconciliazione?

VB I bambini e gli adolescenti sono delle risorse straordinarie per gli adulti, che spesso invece le sottovalutano, le sminuiscono, e così facendo rischiano di danneggiarli o, se va bene, limitare i loro personali potenziali. Ogni passione, ogni capacità, ogni interesse, dovrebbero essere alimentati, soprattutto oggi che ci sono le risorse per farlo. Dare fiducia alle nuove generazioni, empatizzare con loro e aiutarli nei loro obiettivi, è la chiave per crescere persone felici e mentalmente sane, oltre che felici.

DB Nella storia di Diego, ultima della serie, si parla di baby gang e bullismo, l’attenzione viene focalizzata sul fenomeno del branco e di due personaggi come Diego, il protagonista (interpretato da Massimo Quagliata) che diventa amico di un ragazzo un po’ enigmatico come Leo (interpretato da Edoardo Miulli), tra di loro nasce un’amicizia, ma Diego pian piano scopre che il suo amico è il capo di una baby gang. Il bullismo rappresenta una delle piaghe sociali del nostro tempo essendo molto diffuso tra i più giovani, molto spesso avviene nelle mura scolastiche e non solo, secondo me in questa terza serie avete cercato di non calcare molto la mano e di ammorbidire i toni, anche perché molto spesso hanno delle conseguenze deleterie soprattutto per gli esseri più deboli che si sentono quasi imprigionati, molto spesso proprio un eccessivo bullismo ha portato delle giovani vittime al suicidio. Questa scelta, secondo te, ne ha facilitato la visione proprio per avvicinare con delicatezza i più giovani a questo tipo di tematica e far comprenderne bene le cause, gli effetti e magari anche le contromisure da adottare? A fronte della problematica quanto diventa fondamentale il dialogo immediato con i genitori, li reputi sempre all’altezza o preparati ad aiutare i propri figli ad arginare il loro disagio che inficia soprattutto nel loro comportamento a livello psicologico impattando molto spesso su quel che è la loro fragilità emotiva?

Valentina BertuzziVB Nella terza stagione abbiamo lavorato su un personaggio a mio avviso in realtà molto meno morbido rispetto a Stella e Tamina, poiché la drammaticità non emerge dall’isolamento e dal giudizio degli altri dal coinvolgimento sempre più attivo all’interno di una baby-gang. E Diego in prima persona a diventare aggressivo, a commettere atti vandalici e a perdere il controllo dei propri valori e della propria personalità. Attuando una narrativa dal punto di vista dei bulli, abbiamo indagato l’altra parte della medaglia, cercando di entrare nelle loro problematiche, poiché sono loro per primi i più fragili di tutti, i meno ‘forti’, perché spesso vittime di esclusione, incuria, o bullismo a loro volta, anche in ambito familiare. Raccontare questo, accendere qualche faro sulla responsabilità delle famiglie e delle istituzioni, che spesso se pur in buona fede non riescono ad entrare veramente in contatto con i giovanissimi e a dedicare loro l’attenzione di cui hanno bisogno, era la missione di questa terza stagione.

DB Tutte e tre le storie proiettano i loro protagonisti in una società invasa dal mondo dei social. L’uso dei dispositivi mobili e i social media non li reputi croce e delizia dei nostri tempi?

VB Sono strumenti relativamente giovani, la loro fosforescenza, il loro abbaglio, si sta già (se pur lentamente) esaurendo fra le nuove generazioni. C’è chi inizia a staccarsene, a non esserne così interessato e a preferire altre forme relazionali. Abbiamo bisogno a mio avviso si una fase discendente, per iniziare a utilizzarli in modo più sano e intelligente.

DB Hai lavorato in questa serie televisiva con Simona Ercolani, che è l’ideatrice di questo progetto e con un fantastico gruppo rappresentato da attori/trici molto giovani. Cosa ti porterai dentro di te di questa magnifica esperienza e inoltre ti chiedo ci sveleresti qualche curioso aneddoto sul set o del dietro le quinte?

VB Ho coabitato con Crush per tre anni della mia vita, e mi porterò dentro tanti ricordi e tante esperienze. Su Tamina il dietro le quinte più bello è stata sicuramente il legame che si è creato fra Ludovica Porreca e Federica Pala, che si sono conosciute in pre-produzione, amiche nella fiction ma anche, e sempre di più durante le riprese, fuori dai loro personaggi. Su Stella, la notte in cui dovevamo girare la scena in cui gli amici vedono la cometa nel cielo stellato, è stato l’unico giorno di pioggia in dieci settimane di set, e anche se sembra che sono all’aperto, abbiamo girato sotto una tettoia di legno e aggiunto il cielo e la cometa in post-produzione. In Storia di Diego mi sono divertita moltissimo con il gruppo di ragazzi eravamo veramente sintonizzati, sono molto felice del duo Miulli/Quagliata che, se devo dirvi un segreto, li ho scelti pensando a Bred Pitt e Edward Norton in Fight Club! In oltre sul set avevo anche Lorenzo Spadorcia, un attore straordinario che nonostante la giovanissima età sa tutto di cinema e a volte ci dilungavamo in citazioni e discussioni su vari film.

DB Ringrazio Valentina Bertuzzi a nome del sito di Giallo e Cucina per essere stata nostra ospite nello spazio dedicato al cinema e alle serie tv, e come ultima domanda ti chiedo, ci sono dei nuovi progetti a cui stai lavorando?

VB Sto lavorando a un film di genere al confine fra il thriller psicologico e l’horror supernaturale, scritto da me e da Francesca Bertuzzi, sceneggiatrice anche di Delitto Naturale. È un film per la sala, per il quale ho dovuto rinunciare alla quarta stagione di Crush, ma a cui tengo moltissimo per cui sono felice di dedicarmici. In più, sempre con Francesca, stiamo in sviluppo su una serie tv di genere. È una strada lunga e faticosa, ma ne vale ogni passo. Grazie a te per l’ospitalità, e spero che anche i prossimi progetti ti potranno coinvolgere e piacere.

 

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