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Alice Basso

Benvenuta su Giallo e Cucina Alice Basso!

Anita Bo, giovane dattilografa torinese, è il personaggio seriale uscito dalla penna di Alice Basso nel 2020. Con “Le aquile della notte” uscito il 16 maggio u.s. siamo alla quarta, penultima avventura, come dichiarato dall’autrice. Gli altri libri della serie sono: Il morso della vipera, Il grido della rosa, Una stella senza luce, tutti usciti per Garzanti.

 

  1. MaBal – Alice so che hai già iniziato a scrivere l’ultimo libro della serie di Anita, vorrei che tu spiegassi a chi ci legge perché la scelta di fermarti al quinto libro?

A.B. Ah, grazie della domanda! Be’, io sono una grande, GRANDE fan delle serie brevi, compatte, con un inizio e una fine in cui si tirano le fila, i cerchi si chiudono, e, diciamo, “tutto torna”. Poche cose mi esasperano, da lettrice o spettatrice, come le serie che sembrano partire bene, con un bel progetto solido e originale, e poi si sfilacciano, tirano lungo, oppure a un certo punto si chiudono all’improvviso annodando male i fili di cui sopra, e magari nemmeno tutti. Lì hai la netta sensazione che a decidere se la serie dovesse continuare o chiudersi sia stato non l’autore ma chi guarda ai soldi. Quindi, visto che sono fortunata e il mio editore me lo lascia fare, io preferisco progettare una serie sin dal primo volume come fosse un unico lungo romanzo, e darle un finale pensato organicamente a tutto il resto sin dall’inizio. E perché proprio cinque libri? Mi sembra la lunghezza giusta per affezionarci (sia io che i lettori) ai personaggi e alla storia, senza però annoiarci o lasciar spazio a lungaggini. Non so se sia condivisibile da tutti, eh: idea mia!

 

  1. MaBal – L’ironia è una cifra della tua scrittura ma la collocazione storica fa sì che le vicende del ventennio siano ben presenti, in questo libro, per esempio, l’invasione dell’Abissinia. È inusuale trovare ironia e fascismo nella stessa narrazione, devo dire che ti riesce benissimo. Come ti prepari alla scrittura, parti da un fatto che ti colpisce e lo adatti al personaggio o partendo dal personaggio, conoscendolo, costruisci la trama del libro?

A.B. Credo sia stata una progressione, una specie di spirale dal grande al piccolo; provo a descrivertela. Il primo passo è stato decidere, come tema generale, che volevo parlare di una dattilografa e di un giallista nel Ventennio, per raccontare due fettine di storia che mi interessano moltissimo, ossia il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un sacco di ragazze, e il modo in cui i giallisti cercavano eroicamente di scrivere le loro storie nonostante i mille intoppi della censura. Il secondo passaggio è stato inventare due personaggi che potessero raccontare queste storie, ossia Anita e Sebastiano. Una volta definiti i loro caratteri, e quindi compreso con che spirito avrebbero potuto muoversi e agire, ho cercato le ispirazioni per i singoli casi su cui farli investigare (ogni libro contiene un giallo), partendo dai sotto-scenari più interessanti da raccontare: e quindi ho selezionato l’Opera nazionale Maternità e Infanzia, le case di tolleranza, Torino capitale del cinema,  il mondo degli scout che all’epoca erano pericolosi fuorilegge (!), le interferenze temibili dell’OVRA e così via. Approfondendo ciascuno di questi scenari, ognuno dei quali sarebbe diventato lo sfondo per uno dei casi, e cioè dei libri, ho scoperto anche casi di cronaca realmente accaduti sui quali ho plasmato i casi dei miei libri.

 

  1. MaBal – Anita Bo è una giovane donna, apparentemente frivola, che vive nel periodo fascista, perché hai scelto un personaggio così?

A.B. La verità? Perché è DIVERTENTE. Fare agire e parlare Anita mi diverte moltissimo. Il suo spirito pratico, la sfacciataggine, l’audacia con cui spesso prende in giro chi la sottovaluta facendosi passare per più oca di quel che è o sfruttando il fatto di essere molto bella… tutte cose che danno vita – almeno nelle mie intenzioni, poi posso solo sperare che anche per i lettori sia così – a gag buffe. E poi mi piace farla evolvere, farla stupire e appassionare di fronte, per esempio, alla letteratura che scopre di amare, o di fronte alle magagne della società che scopre di voler combattere.

 

  1. MaBal – È una mia impressione o Anita, nel libro appena uscito, pare sempre più conscia delle proprie capacità, propositiva, più matura?

A.B. Oh, eccome. Nel primo libro la conosciamo che è è bella, sveglia e piena di spirito pratico, ma ancora poco consapevole del mondo fuori dalla sua bolla. A scuola non l’hanno certo fatta appassionare alla lettura, e a casa l’han cresciuta nella convinzione di non potere aspirare a nulla di meglio che a un buon matrimonio. Ma poi lavorare con Sebastiano le apre gli occhi e gli orizzonti e Anita inizia ad avere sogni e ambizioni ben più audaci, e caso dopo caso anche a rendersi conto delle proprie capacità. E la sua audacia un po’ incosciente diventa un valore aggiunto anche per Sebastiano, che invece gli orizzonti ce li avrebbe belli aperti fin dall’inizio ma che ha proprio bisogno di una ventata di sconsideratezza per passare all’azione.

 

  1. MaBal – Da un po’ di tempo a questa parte faccio fatica a trovare storie che mi appassionino, mi sembra di leggere sempre le stesse cose, approfitto quindi delle interviste per chiedere ad autrici e autori cosa ne pensino del giallo italiano e se sia arrivata l’ora di ripensarlo?

A.B. Ti devo confessare che è da un po’ che non leggo gialli e se li leggo è per ragioni che esulano dal giallo, ossia dall’investigazione in sé: magari per il contesto in cui sono ambientati, per esempio luoghi, epoche o situazioni particolari. Una deriva che non mi piace (ma qui parlo davvero solo per me, eh, perché al contrario so che per molti lettori è una cosa che funziona) è l’eccesso di sangue, di truculenza: visto che scrivere è a mio parere il mestiere più bello del mondo e poter fare lo scrittore o la scrittrice è ai miei occhi un grande privilegio, mi causa disagio immaginare uno scrittore, un essere appunto privilegiato che campa di un mestiere bellissimo, sedersi comodo alla sua scrivania e riflettere per puro sport, per dare pepe al suo prossimo libro: “Vediamo, quali orribili disgrazie farò accadere alla vittima della mia nuova storia? Facciamo strappare gli occhi a un bambino? Nah, già visto, che noia… Magari possiamo parlare di un violentatore che sfregia le sue vittime con l’acido…”. Brrr. Non so, mi sembra di pessimo gusto, ecco.

 

  1. MaBal – Recentemente ho letto un tuo articolo nel quale racconti che: “Le sottotrame rosa non sono più il mio guilty pleasure” e allora devo proprio chiederti con cosa le hai sostituite? Qual è o sono i tuoi “piaceri colpevoli“?

A.B. Be’, non sono più il mio guilty pleasure perché non sono più “guilty”, non vivo più col senso di colpa il fatto di mettere del rosa nei miei gialli. Ora è un “pleasure” e basta! Di guilty cosa m’è rimasto? Ma sai che non saprei? Nella scrittura, direi, ormai più niente: sono al nono libro e le carte sono tutte sul tavolo, ormai gli ingredienti delle mie storie, anche quelli “segreti”, sono noti, sono sotto gli occhi di tutti i lettori. Fuori dalla scrittura… ci sono sempre le patatine in sacchetto e il whisky torbato, ma pure quelli ormai li sanno tutti (e infatti qualche volta qualche lettore me li regala, cosa che mi fa pensare di avere fatto PROPRIO BENE a non tenerli segreti!).

  1. MaBal – Alice, chi ti segue lo sa, ma vorrei che tu raccontassi com’è che alle presentazioni dei tuoi libri va di moda seguire una sorta di dress-code, per quanto riguarda i colori, dettato dalla copertina del libro?

A.B. Ah ah ah! Questa è la domanda più frivola e divertente che (non) potessi immaginare! Allora, tutto è cominciato l’anno scorso, quando mi hanno fatto notare che la copertina di “Una stella senza luce” aveva come colore dominante nientemeno che il colore Pantone dell’anno, un violetto molto chic chiamato “very peri”. Che grafici trendy! Poi è venuto il Salone del Libro di Torino del 2022, e siccome una delle fortune IMMENSE dello scrivere libri ironici è che ci si ritrova attorno una comunità di lettori e lettrici che amano scherzare, la sottoscritta si è potuta permettere di fare una scemenza semicarnevalesca, ossia andare a firmare le copie vestita con gli stessi colori del libro (sul serio: avevo persino una cintura gialla che imitava la fascetta. Ci sono foto a testimoniarlo). Da quel momento, una quantità notevolissima di presentatrici e lettrici si sono fatte trovare alle presentazioni agghindate coi colori del libro, con grande apprezzamento da parte mia e di chi poi commentava le foto. Quest’anno i colori dominanti della copertina sono il verde e il bordeaux, bellissimi da soli e insieme: e quindi come possiamo lasciarci scappare l’opportunità di continuare la tradizione?

 

  1. MaBal – Nel libroLe aquile della notteun personaggio, Pinìn, suona la tromba e interpreta pezzi jazz, ti piace il genere?

A.B. Non tutto (per esempio non il cold jazz, non quello troppo dissonante e cerebrale), ma quel misto di jazz, blues e swing a cui faccio riferimento nel libro sì. Io ho suonato il sassofono per molti anni e anche se seguivo una formazione accademica, da programmi ministeriali di Conservatorio, che non prevedevano il jazz, le sonorità degli strumenti a fiato mi sono sempre sembrate le più calde ed espressive del mondo.

 

  1. MaBal – Alice tu leggi per lavoro, lo fai anche per piacere personale ed eventualmente cosa e come scegli le letture?

A.B. Certo che leggo per piacere personale. Siccome per la serie di Anita devo studiare tantissimo, capitano periodi in cui il tempo che posso permettermi di passare con un libro cartaceo fra le mani lo devo dedicare tutto allo studio (io sono della vecchia scuola e mi trovo ancora bene a prendere appunti su carta); quindi finisce che le letture di piacere le svolgo lo stesso, sì, ma sotto forma di audiolibri che ascolto mentre guido (guido tantissimo, i viaggi per le presentazioni li faccio quasi sempre in macchina) o mentre faccio mestieri manuali. Recentemente ho ascoltato molta saggistica divulgativa, che a volte mi appassiona più della narrativa (un bravo divulgatore competente e brillante è preziosissimo e utilissimo, secondo me).

 

  1. MaBal – Per il nostro blog “Giallo e Cucina” è d’obbligo chiederti se hai un piatto/cibo preferito?

A.B. Manu, io sono un dannato tombino. Mangio di tutto, tantissimo e dando enorme soddisfazione al cuoco. La cosa che mi salva è che cucino malissimo e dunque non posso entrare in un loop autodistruttivo di produzione e consumo di pietanze. Ma per una tartare di fassona farei pazzie, per gli antipasti piemontesi di mia suocera scatto in piedi ad applaudire, per del guacamole potrei piangere (come vedi non ho neanche delle limitazioni geografiche). E poi, come dicevo, ho un dannato problema di dipendenza dalle patatine in sacchetto, che infatti cerco di non comprare mai.

Alice Basso grazie per aver risposto alle mie domande.

Grazie mille a te! Alla prossima!

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