Film 2024 di Gabriele Salvatores, con Pierfrancesco Favino, Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Anna Lucia Pierro, Tomas Arana, Antonio Catania, Anton Alexander, Lorenzo McGovern Zaini, Alexander Brooks, Alexander Mannara, Bruce McGuire, David Kirk Traylor, Niccolò Besio, Nikoay Moss, Yonv Joseph, Ivan Castiglione. Genere: Drammatico. 01 Distribution.
Recensione a cura di Giampaolo Pierno
Un film che regala un’ora e trenta circa di tepore e delicatezza e che viene nei giornali che parlano di cinema, viene definito come commedia drammatica. Concordo con entrambe la definizione, anche se inserirei anche quella di creare una atmosfera di piacevolezza soddisfazione per lo spettatore che si trova ad assistere ad una vera e propria di una favola di formazione, cioè di un racconto che accompagna e segue l’evoluzione dei giovani protagonisti che illuminano l’opera, verso la maturità e l’età adulta, attraverso prove di vita da superare, passando attraverso errori ed esperienze propri della loro crescita. L’evoluzione del viaggio, oltre che fisico da Napoli a New York che Gabriele Salvatores fa compiere ai due giovani, segna il passaggio dall’età infantile e adolescenziale a quella adulta, anche se adulti i due bimbi lo sono già, malgrado la loro età. Il viaggio è un percorso di età in cui l’oceano che attraversano rappresenta una crescita. Lo scenario è un ambiente nudo e crudo in cui si muovono i protagonisti dell’opera Dea Lanzaro (Celestina) e Antonio Guerra (Carmine), destinati ad un brillante futuro nel cinema di cui già posseggono il carisma artistico, sotto l’ala protettrice di un Pierfrancesco Favino che offre, in un siparietto, l’ennesima prova del suo talento a disposizione per ogni ruolo. Qualcuno definito questo percorso fisico che unisce città e civiltà tanto diverse, Il viaggio dell’eroe” diretto verso un’oasi e i suoi angoli di ignoto, ma che non ostacola il coraggio che pulsa nei piccoli cuori dei due ragazzini che mostrano a difesa, non la forza che non posseggono se non a livello spirituale, ma la furbizia e la fantasia che li aiuta a sbarcare il lunario. L’eroe è modello che fa parte di un’ampia categoria che coinvolge chi, come questi scugnizzi, si imbarca in un’avventura spinto da un momento di crisi decisiva di dolore (come quello di Celestina alla ricerca della sorella Agnese imbarcatasi per l’America per seguire il suo sogno d’amore e si è portata via l’ultimo legame affettivo che la piccola possedeva) e ottiene una vittoria che lo cambierà e lo trasformerà in quell’eroe di cui aveva la pelle. Celestina e
Carmine avranno come sponda la solidarietà e l’umanità che i loro occhi spalancati verso l’ignoto troveranno nei compagni del loro percorso. Non sono emigranti in cerca di una vita diversa, anche se Salvatores, con questa sua opera, sembra ricordarci come lo furono tanti italiani in allontanamento da una vita di miseria e senza futuro che attraversarono l’oceano. Sembra ricordarci con il suo film che oggi, troppo spesso, coloro che seguono lo stesso destino, trovano barriere in respingimento e in allontanamento. I due protagonisti non aprono le mani in elemosina, ma hanno il coraggio che alimenta la molla per edificarsi aldilà del mare. Il film, malgrado la dolcezza di cui è permeato, non sprofonda mai nello sdolcinato e nello stucchevole. Salvatores non cerca di accattivarsi il pubblico, non ne ha bisogno. La umanità e la dolcezza dell’opera è in sé. Volevo partire da questa doverosa premessa prima di addentrarmi nella storia che ha radici neo realiste in una Napoli che sa di polvere e rovina e dirige verso una città in ricostruzione. Il film nasce da un soggetto scritto da Federico Fellini e Tullio Pinelli e rimasto nello scrigno dei ricordi senza aver visto mai la luce e che definirei un’eredità artistica di due maestri del nostro cinema. In sala fino dallo scorso anno, nel suo nuovo capolavoro, Gabriele Salvatores torna alla sua Napoli dopo due anni di assenza e pone la sua bravura e la sua sensibilità nel film, facendo leva su un abile lavoro di squadra che contribuisce al successo di questa opera. Dalla rovina di una città che risente di miseria e fame a quella di un’altra città in crescita. Un cenno alla trama senza togliere il piacere di gustarne i contorni. Celestina e Carmine, per una serie di combinazioni fortunate si imbarcano in clandestinità sul bastimento che li condurrà alla loro destinazione. Celestina, come ho anticipato, cerca l’unico legame familiare che le è rimasto, quello della sorella Agnese, emigrata anche lei e di cui non ha più notizie. Carmine vive la sua vita solitaria di scugnizzo che vive di espedienti anche truffaldini e porta con sé ed in sé tutto il suo bagaglio. In quel luogo, ove ogni angolo per loro ha spigoli di ignoto, troveranno il supporto dell’ufficiale di bordo, un Favino in stato di grazia che mescola napoletano, inglese e americano con grande padronanza che spinge al sorriso e coinvolge come solo lui sa fare. Il finale vi sorprenderà, per niente scontato e lascerò a voi il piacere di scoprirlo. Come qualche critico che ha più di me il carisma della professionalità e dell’esperienza ha scritto: “A Napoli-New York non si può non voler bene”. E io gliene ho voluto e credo anche voi lo amerete. In sala dal 21 novembre il nuovo
lavoro di Gabriele Salvatores sembra un passaggio di testimone con Federico Fellini che ha scritto la sceneggiatura, prima ancora di esordire nella regia e che Salvatores ha raccolto l’eredità che gli ha consentito dopo diversi anni di tornare alla sua città d’origine, curando la regia di questa piccola gemma. Ad interpretare i due protagonisti Celestina (Dea Lanzaro) e Carmine (Antonio Guerra) sono degli esordienti che hanno volti che, come si usa dire in gergo tecno-professionale, bucano lo schermo come due attori sperimentati e conquistano il pubblico. Gran parte del successo di questo film che possiede i contorni di una favola si deve a loro. Li affianca un m. mostro di bravura come Pierfrancesco Famino nel ruolo del comandante di bordo, Omar Benson Miller nel ruolo del cuoco di bordo un po’ truffaldino, Anna Ammirati nel ruolo della moglie di Favino che, nel dolore di una madre mancata, offrirà loro una famiglia. Bravissimi tutti gli altri interpreti frutto di una scelta accurata ed indovinata di Salvatores, a cominciare da Antonio Catania che possiamo definire il caratterista che ha sempre messo la sua bravura al servizio delle parti che gli sono state richieste, senza venire mai meno ai vari ruoli. Ritengo conclusa questa mia recensione che considero un doveroso omaggio al bel cinema italiano