Film girato in Italia nel 2024. Regia di Pupi Avati. Cast: Filippo Scotti, Roberto De Francesco, Armando Cescon, Chiara Caselli, Rita Tushingham. Genere. Drammatico. Distribuito da 01 Distribution Sceneggiatura: Pupi e Tommaso Avati. Soggetto: tratto dall’omonimo romanzo di Pupi Avati. Produttore: Antonio Avati, Gianluca Carli, Santo Versace, Riccardo Suriano. Casa di Produzione: Duea Films, Minerva Pictures, Rai Cinema, Ministero della Cultura, Emilia Romagna Film Commission. Fotografia: Cesare Bastelli. Montaggio: Ivan Zuccon. Effetti Speciali: Ivan Stivaletti. Musiche: Stefano Arnaldi. Scenografia: Biagio Fersini. Costumi: Beatrice Giannini. Trucco: Elvira Meola.
Recensione a cura di Giampaolo Pierno
In 57 anni di carriera l’ottantaseienne Pupi Avati ha diretto 43 film , spaziando dal biografico al grottesco; dal sentimentale allo storico-religioso fino a spingersi con intensità all’horror senza smentire la sua arte. Per inciso ha intervallato i film con libri e romanzi anche biografici. Il gotico padano di sconfinati confini del delta del Po, è quadro di individui crudeli dal volto mostruoso. L’orto Americano è ispirato all’omonimo romanzo scritto da Avati a quattro mani col fratello Giuliano, trova sublimità in un Filippo Scotti, con ansie da scrittore e preda degli incubi che ha generato viene rinchiuso in manicomio perché parla con i morti e ha sempre compagna una cornice con foto di defunti. Dopo la guarigione crea i suoi racconti che non trovano pubblicazione. Cerca orizzonti in cui trovare ispirazione e muovono dall’Iowa alla ricerca dell’humus per un capolavoro. Il viaggio lo porta a conoscere un’antenna madre di una bellissima ragazza infermiera dell’esercito statunitense, scomparsa in Italia e forse vittima di un serial killer. Che occasionalmente ha conosciuto mentre si trovava dal barbiere ed è bastato un istante per sconvolgere i suoi sentimenti. Diviene la sua missione quella di ritrovarne il corpo forse sotterrato nell’orto della vicina. Non trova un corpo ma un macabro reperto. Un vaso pieno di liquido che contiene un’imene che apre la bocca e dà un brivido allo spettatore per l’intensità dell’effetto in cui si intravede l’arte di Stivaletti. Il film condito in armonie di danza macabra con una belva assetata di sangue (umano solo di fattezze) è autore di sconvolgenti mutilazioni su corpi femminili che fanno da cornice ad antichi epigrammi greci. Il bianco e nero intensifica l’orrore e al tempo stesso evita che la profusione di sangue amplifichi l’orrore. Rita Tushingam offre uno splendido ritratto dell’anziana madre, riportando a dive del passato quali Bette Davis o Joan Crawford. Mi fermo per non togliere le emozioni che coinvolgeranno gli spettatori in 104 minuti di film recitato in inglese e sottotitolato, che inchioderanno lo sguardo e di cui consiglio la visione senza ombra di smentite. È il film che ognuno dovrebbe vedere e ne resterà l’amarezza per il suo termine.