E’ singolarmente italiana di nascita, ma statunitense a tutti gli effetti, la scrittrice che rivisitiamo oggi. Lillian O’Donnell nacque infatti a Trieste il 15 marzo 1926 e morì a New York City il 2 aprile 2005, passando alla storia del Giallo per essere stata una delle prime a introdurre una poliziotta come protagonista assoluta di una serie di libri, insieme alla collega Doroty Uhnak con la sua Christie Opara.
La O’Donnell studiò all’American Academy of Dramatic Arts di New York e la sua prima carriera fu quella di attrice teatrale e televisiva. Successivamente ricoprì il ruolo di prima donna direttrice di scena a Broadway, lavorando fino al 1954 – anno in cui sposò J. Leonard O’Donnell – per The Shubert Organization, storica società di produzione teatrale con sede a Manhattan fondata dai tre fratelli Shubert alla fine dell’Ottocento. Non stupisce quindi che, dopo tali affermazioni professionali in un ambiente del tutto nuovo, la O’Donnell non abbia tardato a emergere anche nella narrativa Gialla, tradizionalmente dominio maschile.
A dire il vero, i primi dieci romanzi che scrisse tra il 1959 e il ’71 – nessuno dei quali ci risulta tradotto in italiano – pur rientrando in parte nel genere mystery, erano privi di un protagonista seriale, giocavano le proprie carte sul tavolo della suspense psicologica (tranne The Face of the Crime, che è un police procedural) o sui toni dominanti del romantico, del gotico o del fantastico, con personaggi in prevalenza femminili a eccezione dei detectives, rigorosamente maschili. Pur non sembrando attraenti per l’editore o il lettore di oggi, li riproponiamo all’attenzione con la loro cronologia:
Death on the Grass (1959), Death Blanks the Screen (1960), Death Schuss (1963), Murder Under the Sun (1964), Death of a Player (1964), Babes in the Woods (1965), The Sleeping Beauty Murders (1967), The Tachi Tree (1968), The Face of Crime (1968) e Dive Into Darkness (1971).
Nel 1972, finalmente, con The Phone Calls la O’Donnell creò un nuovo, fortunato personaggio, Norah Mulcahaney, investigatrice della polizia di New York, con cui avviò un ciclo di ben 17 romanzi. La serie della giovane e coraggiosa Norah – alle prese con crimini di cui sono vittime donne – si estende dal 1972 al 1998 e vede la protagonista scalare i ranghi, diventare tenente, sposarsi, restare vedova e, strada facendo, combattere il sessismo insito in un ambiente maschilista, anticipando di qualche anno (nel ’72) l’entrata effettiva delle donne nella polizia americana.
Contrariamente, infatti, a certe sue antenate della Golden Age, Norah Mulcahaney è tutt’altro che una zitella che si dà alla detection perché non sa come passare il tempo, ma una professionista seria che rischia anche la vita. E i casi di cui si occupa toccano spesso temi sociali molto scabrosi, come le casalinghe-squillo in Don’t Wear Your Wedding Ring (1973), lo stupro in Dial 577 R-A-P-E (1974), il mercato nero dei neonati in The Baby Merchants (1975), o la criminalità giovanile in The Children’s Zoo del 1981: tutte opere, stranamente, mai edite nella nostra lingua, come pure The Phone Calls dell’esordio (1972), Leisure Dying (1976), No Business Being A Cop (1978), Lady Killer (1984), Shadow in Red (1986), The Other Side of the Door (1988), Pushover (1992) e Blue Death (1998). A conti fatti, dunque, dei 17 gialli con Norah Mulcahaney ne risultano tradotti in italiano solo cinque, e tutti nei Gialli Mondadori [GM]:
– 1983, Cop Without A Shield (Poliziotto allo sbaraglio, GM n. 1902, 1985);
– 1985, Casual Affairs (Stanze nel buio, GM n. 1976, 1986);
– 1989, A Good Night to Kill (La notte giusta per uccidere, GM n. 2130, 1989):
– 1991, A Private Crime (Un’indagine troppo privata, GM n. 2416, 1995);
– 1994, Lockout (La porta chiusa, GM n. 2443, 1995).
Emblematica del carattere coraggioso e indipendente del personaggio – vero e proprio Poliziotto allo sbaraglio – è la trama del romanzo omonimo, dove Norah gira le spalle ai suoi colleghi poliziotti, delusa dalla loro incapacità di affrontare il crimine diffuso nella metropoli, e parte per York Crossing, dov’è certa di trovare pace e sicurezza. Invece trova orrore e paura, perché quasi subito assiste al rapimento di una bella ragazza, il cui corpo viene poi scoperto in un fosso. Da sola, senza la protezione del distintivo della polizia e senza la rivoltella che tante volte l’ha salvata in passato, Norah indaga invano nella vita di tutti, mentre angosciata si chiede: perché la polizia locale è tanto ansiosa di chiudere il caso?
Sorella letteraria di Norah è poi la bella Mici Anhalt, altra protagonista ma più recente, che la O’Donnell ha fatto debuttare nel 1977 in Aftershock. Ex ballerina rossochiomata, ora ispettore dell’Ente Assistenza Vittime di Crimini, fin dal suo esordio, oltre a casi difficili da risolvere, ha un sacco di grane d’ufficio, in quanto i colleghi si lamentano di lei, accusandola di essere solo una raccomandata senza meriti specifici. Lei però, anziché lamentarsi, si impegna sempre più per arrivare a tutti i costi alla soluzione di ogni inchiesta che le viene assegnata. E insieme al personaggio, la scrittrice mostra di modificare anche il suo stile, adottando in questi nuovi plot – con un’eroina che lavora al di fuori della polizia istituzionale – la convenzione letteraria del mystery hard-boiled. Più breve della serie con Norah Mulcahaney, questa con Mici Anhalt, composta di soli tre libri, è stata interamente tradotta da noi, seppur non in ordine cronologico, nella collana, ancora, del Giallo Mondadori [GM]:
– 1977, Aftershock (Buio nella metropoli, GM n. 1805, 1983);
– 1979, Falling Star (Stella cadente, GM n. 1709, 1981);
– 1980, Wicked Designs (L’ultimo appuntamento, GM n. 1888, 1985).
Nel 1990, infine, la O’Donnell si è mossa con i tempi, seguendo altre scrittrici che avevano iniziato serie incentrate su detective private donne (da P.D. James con Cordelia Gray, a Sara Paretsky o Sue Grafton con le loro investigatrici, sempre in precarie condizioni economiche) e pubblicando quattro gialli con protagonista Gwenn Ramadge, “una donna gentile diventata investigatrice privata per pagare le bollette”. Di quest’ultima serie, che non possiamo valutare in quanto mai tradotta da noi (A Wreath for the Bride, 1990; Used to Kill, 1993; The Raggedy Man, 1995; The Goddess Affair, 1996), abbiamo notizia dal sempre utile Leroy Lad Panek, The American Police Novel: A History, McFarland and Company, 2003).
Il cinema non pare essersi mai interessato particolarmente ai libri della O’Donnell. Uno solo dei suoi gialli, infatti, No BusinessBeing A Cop, risulta esser stato filmato per la TV come Prime Target, con Angie Dickinson, Joseph Bologna e David Soul, l’indimenticato biondino della coppia televisiva Starsky&Hutch.
In conclusione, ci è sembrato molto interessante riesumare una vecchia intervista del 1981 (sul GM n. 1709), in cui l’autrice, fino a quel momento ignota al pubblico italiano, parlava della propria formazione della propria poetica:
Quale background culturale ha avuto per la sua formazione come scrittrice?
Nessuno in particolare. Ho studiato a New York, in scuole pubbliche e private. Certo, ho letto molto, ma ho cominciato a lavorare nel e per il teatro. La narrativa è venuta più tardi.
Quali letture l’hanno maggiormente entusiasmata?
Da ragazza leggevo Dumas e i suoi romanzi mi affascinavano. Penso che lui possa essere stato in un certo senso un modello. In realtà, ho sempre desiderato scrivere romanzi gotici perché pensavo di riuscire bene in questo campo.
Quali scrittori di gialli potrebbero averla influenzata?
Nessuno in particolare e tutti in generale. Per quanto riguarda il plot, penso che la Christie sia insuperabile, e certamente su di me ha avuto una grossa influenza. In termini di personaggi e modo di presentarli trovo molto significative Dorothy Sayers e Josephine Tey.
Uno dei suoi primi romanzi, Death Schuss, è un’opera romantica. Com’è avvenuto poi il cambiamento di stile?
Con Norah Mulcahaney, credo. Mi sembrava del tutto naturale trattarla come l’ho trattata. Lo stile è stato un adattamento logico al personaggio principale. Poi il mio editore mi ha incoraggiato a continuare su questa linea.
Per Norah Mulcahaney si è ispirata a un personaggio reale?
No, nel senso che non assomiglia a nessuna persona in particolare. Conosco molte donne poliziotto e Norah è una combinazione di tutte.
In che cosa consiste esattamente il fascino che Norah esercita sui lettori?
Norah è giovane e, così come la vedo io, non è perfetta. E appunto per questo la gente la trova credibile.
L’altra sua eroina, Mici Anhalt, è un personaggio completamente diverso. Come l’ha scoperta?
Avevo letto di questo ente che si occupa delle vittime della criminalità e ho sempre provato una grande pena per loro. La “nascita” di Mici assolveva quella che io sentivo come una necessità in questo campo.
Come vive questa necessità?
Io credo che il pubblico debba essere maggiormente sensibilizzato sul problema delle vittime della criminalità, che sono spesso dimenticate perché l’attenzione del pubblico si accentra sul criminale e sul detective. Il nostro sistema giudiziario spesso è troppo generoso coi criminali.
Cosa pensa della narrativa gialla in genere?
Prima di tutto ritengo che i critici sottovalutino il genere. In questo tipo di narrativa c’è molto di più di quello che sembra a prima vista, e la gran parte di essa è valida quanto la narrativa con la N maiuscola. Un principio fondamentale è la disciplina: un mystery deve essere attentamente pianificato. E oggi il lettore vuole una storia con un inizio, una parte centrale e una fine. Il gusto si sta orientando in questa direzione. In futuro, forse, non sarà più necessario separare i generi, e la mystery fiction potrà entrare nel grande mare della narrativa in generale.