Basato su una storia vera, su un personaggio reale, ambientato in pianura, questo libro uscì nel 1949 e fu un libro discusso: Renata Viganò basandosi sulla sua personale esperienza, pur modificando alcuni particolari, racconta una storia vera, quella di Agnese che diventa partigiana, non per convinzione, ma per necessità. I tedeschi le uccidono il marito e come racconta lei stessa ai partigiani: “non fui bona di fare nulla“.
Quando un soldato tedesco, per puro piacere uccide il gatto di Agnese, lei prende il fucile e siccome non sa sparare, glielo fracassa sulla testa provocandone la morte, a quel punto lo strappo è totale e Agnese deve cercare i partigiani per evitare una morte sicura. Non ha una preparazione politica, non è donna di grandi riflessioni, nel gruppo dei partigiani fa quello che sa fare, li accudisce e ne diventa madre. Il Comandante, l’unico al quale lei obbedisce, le dà qualche lezione politica ma Agnese, uccidendo il soldato tedesco, ha fatto quello che sentiva di dover fare senza ragionamenti, non c’è consapevolezza politica o ribellione. È stata cosa da fare, semplicemente.
Il libro capovolge la narrazione del ruolo delle donne nella resistenza. La narrazione subito dopo la guerra vedeva le donne raccontate come staffette, tacendo il ruolo reale, l’apporto significativo alla lotta di liberazione che diedero. L’Italia del dopoguerra non poteva raccontare di donne forti, capaci di decisioni e fattivamente impegnate a liberare il proprio paese. In quanto donne potevano solo essere angeli del focolare, madri, non persone con una propria volontà ma sottomesse agli uomini. Non va mai dimenticato che le donne conquistarono il diritto di voto solo nel 1946, a guerra finita.
Si capisce quindi che il libro di Renata Viganò, uscito nel 1949, non trovò subito un consenso perché la storia che raccontava era diversa, non conforme all’immagine che si “doveva” dare delle donne. L’Agnese va a morire è un libro che racconta la storia struggente di una donna e delle conseguenze di un gesto istintivo. Leggendolo siamo con lei nelle paludi di Comacchio, con la pioggia e con il sole, con il freddo e con il caldo, con un gruppo di uomini (ragazzi) che portano avanti una guerra di liberazione. La scrittura di Renata Viganò è alla portata di tutti, semplice, con frasi brevi, le similitudini azzeccate.
Dal libro venne girato un film per le regia di Giuliano Montaldo e quest’anno per l’80esimo anniversario della Liberazione è stato messo in scena uno spettacolo di e con Cinzia Spanò.
Dal libro venne girato un film per le regia di Giuliano Montaldo e quest’anno per l’80esimo anniversario della Liberazione è stato messo in scena uno spettacolo di e con Cinzia Spanò.
Trama
“L’Agnese va a morire è una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall’esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza […].Più esamino la struttura letteraria di questo romanzo e più la trovo straordinaria. Tutto è sorretto e animato da un’unica volontà, da un’unica presenza, da un unico personaggio […]. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all’interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra […].” (Sebastiano Vassalli)
