Se ripensassimo oggi al Titanic – affondato nelle acque del Nord Atlantico il 15 aprile 1912 – tra le opere ispirate in qualche modo a quel tragico evento forse ci verrebbero in mente un poemetto di Hans Magnus Enzensberger, La fine del Titanic (1978; tr. it. 1980), un album di Francesco De Gregori, Titanic (1982) e soprattutto il film di James Cameron, quel Titanic del 1997 che consacrò la fama di Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. Ma quel che pochi ricordano è che con quella tragedia s’interseca anche la storia del Giallo nella figura di Jacques Futrelle, unico scrittore di polizieschi a risultare realmente nell’elenco delle vittime del Titanic.
Nato a Pike County, in Georgia, il 9 aprile 1875 da una famiglia di discendenze ugonotte, lo statunitense Jacques Heath Futrelle fu per quasi tutta la sua breve vita un giornalista. Iniziò dalla cronaca sportiva dell”Atlanta Journal”, passò al “Boston Post”, al “New York Herald” e infine al “Boston American”, sulle cui pagine, nel 1905, esordì il protagonista dei suoi primi Gialli, il coltissimo professor Augustus S.F.X. Van Dusen, detto Thinking Machine (ossia “La Macchina pensante”, per la sua costante applicazione della logica alla soluzione dei casi polizieschi), in una versione a puntate di The Problem of Cell 13. Il successo di questo nuovo personaggio fu tale da indurre Futrelle a lasciare il “Boston American” e a dedicarsi ai romanzi e ai racconti a tempo pieno, che compose in prevalenza nella sua casa a Scituate nel Massachusetts (da lui battezzata “Stepping Stones”), dove visse con la moglie, la scrittrice Lily May Peel, sposata nel 1895, e i due figli Virginia e Jacques John jr.
Decisamente eroica fu la sua fine. Passeggero di prima classe, insieme alla moglie, nel viaggio inaugurale del Titanic, nel corso del tragico naufragio curò personalmente che la moglie salisse su una scialuppa di salvataggio e attese coraggiosamente la morte sul ponte, fumando una sigaretta insieme all’imprenditore John Jacob Astor IV, prima di morire nelle acque dell’Atlantico, dove il suo corpo non fu mai ritrovato. Nel medesimo anno, sul suo ultimo libro pubblicato postumo (My Lady’s Garter), la vedova fece apporre la frase “Agli eroi del Titanic, dedico questo libro di mio marito”.
Ma che tipo di investigatore è il protagonista dei Gialli di Futrelle? Degno discepolo di Sherlock Holmes, vero “scienziato” dell’indagine poliziesca, il professor Van Dusen – aiutato dall’amico Hutchinson Hatch, giornalista dell’immaginario “Daily New Yorker” – anticipa in qualche modo i metodi di John Thorndyke, l’investigatore altrettanto “scientifico” creato da Austin Freeman nel 1907, il cui profilo abbiamo già avuto occasione di tracciare in questi nostri MAESTRI DEL GIALLO. Lo stesso soprannome di “Macchina pensante” ne definisce la capacità di trattare qualunque problema come un’equazione matematica. Il “problema” della Cella n. 13 è, al riguardo, esemplare di una sfida impossibile alla logica: come evadere da una cella di massima sicurezza della prigione di Chisholm usando solo il cervello, eludendo tutte insieme solide sbarre di ferro a porte e finestre, spesse mura di pietra, sorveglianza asfissiante, perquisizioni continue.
Altrettanto esemplare della convinta applicazione della logica razionale e matematica allo scioglimento di un mistero risulta essere The Case of the Golden Plate (1906), dove Van Dusen, discutendo sul gioco degli scacchi, sostiene che qualsiasi individuo che non abbia mai praticato quel gioco è in grado, apprese le regole e con la sola ferrea applicazione delle leggi della logica, di battere anche il giocatore più esperto. E organizzata una partita con il campione del mondo di scacchi, Tschaikowsky, lo affronta e lo sconfigge.
Descritto come “una persona esile, con le spalle curve e sottili dello studioso e il pallore di una vita ritirata e sedentaria sul viso sempre ben rasato”, Van Dusen può anche anticipare alcuni tratti del più celebre Philo Vance, come qualche studioso ha suggerito, ma senza le tonalità decadenti ed estetizzanti del dandy americano dei Gialli di Van Dine. Piuttosto, i racconti-enigmi di Futrelle – in quanto esercizi intellettuali freddi, calcolati e antiemozionali – lo apparentano molto di più ad altri contemporanei, oggi dimenticati, come Dick Donovan, Ernest Bramah, la baronessa Orczy (che abbiamo appena schedato in questi MAESTRI DEL GIALLO), Matthew Shiel, Arthur Reeve e Mary Elizabeth Braddon. Tutti autori, questi, di cui “occorre ammirare i pregi di omogeneità e coerenza, anche se spesso l’ingegnosità nella creazione degli enigmi appare forzata e tendenziosa” (secondo l’ormai classica Guida al “Giallo” della coppia Di Vanni-Fossati, 1979).
Se, infine, al lettore è lecito esprimere un rimpianto, questo si condensa tutto nella precoce fine di Futrelle, che gli precluse probabilmente esiti narrativi di maggior livello. Si consideri infatti che proprio all’anno della morte risale quello che la critica ritiene il suo capolavoro, ossia il citato My Lady’s Garter (La giarrettiera), un romanzo vagamente ascrivibile al filone del poliziesco-rosa di Edgar Wallace, ma che ripropone anche una peculiare figura di ladro-gentiluomo (qui, il Falco), diversa da quell’Arséne Lupin di Maurice Leblanc che l’aveva lanciato con successo a partire dal 1907.
Di Futrelle restano comprensibilmente pochi romanzi, di cui solo tre tradotti in italiano, prima nel Giallo Economico Mondadori e molto dopo da Newton Compton: si tratta del citato La macchina pensante (The Case of the Golden Plate, 1906); Il signore dei diamanti (The Diamond Master, 1909) e La giarrettiera, poi Il mistero della giarrettiera (My Lady’s Garter, 1912, postumo). Tuttora inediti da noi gli altri, come The Simple Case of Susan (1908), Elusive Isabel (1909), The High Hand (1911), Blind Man’s Bluff (1914, postumo). Quasi tutti inediti, da noi, anche i racconti di Futrelle, tra cui scegliamo di ricordare: The Flaming Phantom; The Great Auto Mystery; The Man Who Was Lost; The Mystery of a Studio; The Ralston Bank Burglary; The Scarlet Thread; The Thinking Machine on the Case (1908; titolo alternativo The professor on the Case); The Phantom Motor. Fanno eccezione il citato The Problem of Cell 13 dell’esordio (1905) e The House That Was (composto e firmato insieme alla moglie), entrambi pubblicati in Italia dall’editore Polillo nella benemerita collana “I Bassotti”, coi titoli, rispettivamente, Il problema della cella n. 13 (2002) e La casa fantasma (2008).
Tutti (o quasi) dell’epoca del muto, e quindi datatissimi e irreperibili, i film tratti dai romanzi di Futrelle. I repertori consultati ricordano A Model Young Man, regia di James Young (1914); The Painted World, di Ralph Ince (1914; poi, rimontato, 1919); The Haunted Bell, di Henry Otto (1916); Elusive Isabel, di Stuart Paton (1916); My Lady’s Garter, di Maurice Torneur (1920); The Diamond Master, di Jack Nelson (serial, 1929).