Chiara Ricci, con “Wilma Montesi: Una storia sbagliata”, affronta uno dei casi di cronaca nera più discussi e controversi del Dopoguerra italiano. Il caso di Wilma Montesi, una ragazza di ventuno anni trovata senza vita sulla spiaggia di Torvaianica nell’aprile del 1953, è stato uno dei primi grandi scandali mediatici dell’Italia repubblicana. La vicenda non solo sconvolse l’opinione pubblica ma portò alla ribalta l’intreccio tra politica, spettacolo e società, inaugurando in Italia il fenomeno del “processo mediatico”.
La Ricci ci conduce in un viaggio dettagliato e coinvolgente tra documenti d’epoca, articoli di giornale, atti processuali e testimonianze, frutto di una ricerca minuziosa e appassionata. La sua narrazione, scorrevole e cinematografica, ripercorre l’intero dramma della giovane Montesi, presentandoci non solo i fatti ma anche il contesto sociale e politico dell’Italia degli anni Cinquanta. Sono gli anni della ricostruzione, del boom economico e di una rinascita culturale, ma anche di una società dove l’apparenza e le convenzioni hanno un peso rilevante, soprattutto per una giovane donna.
L’autrice riesce con abilità a restituire a Wilma Montesi la sua umanità, ricostruendo il suo vissuto, i suoi sogni, le sue ambizioni e le sue fragilità. Wilma non è solo una vittima di cronaca; è una giovane di ventuno anni che, come tante coetanee, sogna una vita diversa, lontana dalle ristrettezze del Dopoguerra. La Ricci rende omaggio alla sua memoria, alla persona dietro la tragica immagine che i giornali e la società hanno costruito nel tempo.
La storia del “caso Montesi” diventa nelle mani dell’autrice un ritratto vivo e critico dell’Italia di allora, in cui i media e il sistema giudiziario si intrecciano, non senza polemiche e accuse di insabbiamento. La figura di Wilma viene trascinata nel vortice delle speculazioni più sordide, usata e strumentalizzata da chi intorno a lei voleva trarre vantaggio dalla propria versione dei fatti. I media accendono riflettori sul suo passato e sulle sue frequentazioni, alludendo a una “doppia vita”, speculando senza scrupoli sulla sua integrità e costruendo attorno alla sua morte una narrazione fatta di insinuazioni e voyeurismo.
Nella sua ricerca, la Ricci mette a nudo il clima teso e sensazionalistico dell’epoca. Roma, con i suoi caffè e locali, è al centro di questa storia, così come i suoi luoghi simbolo del cinema. L’indagine sulla morte della Montesi si intreccia infatti con il mondo dello spettacolo e i potenti dell’epoca, coinvolgendo personaggi influenti e portando alla luce intrighi e giochi di potere. La narrazione esplora il ruolo di Piero Piccioni, figlio di un alto esponente della Democrazia Cristiana, e di altri membri dell’élite, approfondendo il sospetto che attorno alla vicenda ci fosse la volontà di proteggere alcuni potenti dell’epoca, insabbiando la verità.
Nonostante siano trascorsi quasi settant’anni dai fatti, il libro è una lettura sorprendentemente attuale. La spettacolarizzazione della cronaca nera e la ricerca ossessiva di scoop rispecchiano dinamiche che troviamo ancora oggi nei media. Il romanzo è anche una riflessione sulla condizione femminile e sui pregiudizi verso le donne, che restano un tema sempre aperto.
In conclusione, “Wilma Montesi: Una storia sbagliata” è un’opera che riesce a mantenere un equilibrio raro: l’autrice racconta un dramma irrisolto senza indulgere a giudizi personali, lasciando che i fatti parlino. Il libro si distingue per la capacità di rendere Wilma una figura umana e tridimensionale, non solo una vittima, ma una ragazza intrappolata in una vicenda che le ha tolto per sempre il diritto di sognare.