Quando mi hanno regalato questo libro, non ero convinta che mi sarebbe piaciuto. Leggendo la trama, temevo fosse la classica storia d’amore, poco affine ai miei gusti. Mi sono dovuta ricredere e, oggi, mentre scrivo questa recensione, non so bene dove collocarlo. Non è solo un thriller, non è solo una storia d’amore, e nemmeno un romanzo psicologico. Ti vengo a cercare è tutto questo, e anche qualcosa in più.
Ethan, il protagonista, appare inizialmente come una persona superficiale e sgradevole: diventato un uomo di successo, vive a New York e ha lasciato il passato alle spalle, comprese le persone che tenevano davvero a lui. Poi accade qualcosa, un evento tragico, che lo costringe a guardarsi dentro, mettendo in dubbio le sue certezze granitiche. Da quel momento, il tempo perde la sua linearità: presente e passato si incontrano in un disperato tentativo di modificare il futuro.
Musso gioca con la struttura temporale per parlare di scelte, rimorsi e seconde possibilità. Sono riflessioni che, prima o poi, facciamo tutti. In fondo, chi non ha mai desiderato almeno una volta di poter tornare indietro e fare tutto in modo diverso?
Nonostante le difficoltà oggettive che Ethan deve affrontare, la prova più dura è scavare dentro se stesso, smontando ogni certezza pezzo dopo pezzo. È un percorso tutt’altro che semplice, fatto di fatica, lacrime e coraggio. Camminando con lui, ci si domanda se ne valga davvero la pena. Ha senso guardare indietro, cercando di rimettere insieme i cocci?
C’è anche una figura femminile centrale, Céline. Non è solo una presenza del passato, ma lo specchio di ciò che Ethan avrebbe potuto essere. Il suo ruolo nella storia è delicato eppure potente, capace di lasciare il segno senza bisogno di grandi gesti.
E poi c’è una città, New York, che fa da sfondo e in certi momenti sembra quasi diventare un altro personaggio: da un lato è immensa, piena di possibilità; dall’altro, sembra un enorme contenitore di solitudini diverse. La frenesia del mondo che corre si contrappone alla necessità, a un certo punto della vita, di fermarsi a riflettere. Lo stile rapido si legge in fretta, ma lascia tracce che restano nel profondo, anche dopo aver chiuso il libro.
L’autore riesce a portarci dentro la storia con grande abilità, rendendo i personaggi tangibili e umani. Non è un romanzo perfetto, forse, ma è uno di quelli che smuovono. E tanto mi basta per consigliarlo a chi ha sbagliato, a chi è scappato, a chi, anche solo per un momento, avrebbe voluto premere il tasto rewind. Buona lettura!
Traduzione di Valeria Pazzi