Il romanzo si apre con la morte di Pietro e, con un salto indietro di dieci anni, si torna al 1984.
Ci ritroviamo nella Roma degli anni ’80: in questo periodo storico la malavita ha la meglio sulla polizia, la criminalità sostituisce lo stato e, per molti cittadini onesti rivolgersi alla “mala” rappresenta un’opportunità per avere lavoro, un prestito in denaro, insomma: un futuro migliore. Sono anche i tempi in cui l’estrema destra non esita a uccidere in nome delle proprie convinzioni.
Al centro di queste vicende si muovono Pietro Salis e Omar Gentile, “quelli cattivi”.
Una rapina in una banca spagnola, descritta nei minimi particolari, dovrebbe cambiare la vita a molte persone. Accade, ma non nel modo sperato . Omicidi, violenze, torture, droga, strozzinaggio e scene cruente danno vita a un’opera che appassiona, soprattutto perché ispirata a fatti di cronaca.
Si uccide per qualsiasi motivo: odio, vendetta, ideali, regolamento di conti, per la voglia di non apparire codardi o, al contrario, proprio per la consapevolezza di esserlo. La polizia, a volte corrotta o corruttibile, sembra non riuscire ad arginare il fenomeno.
La crudeltà non ha confini, è senza limiti e pare che niente e nessuno sia in grado di fermarla.
Ma davvero i cattivi vincono? Davvero lo stato è impotente di fronte ai malavitosi?
Un libro per capire, riflettere e interrogarsi. Per chiedersi come mai le Idee e gli ideali inizino a perdere significato, arrivando a sbiadire e pian piano a smorzarsi. Come agiscono i sentimenti in soggetti che ci sembrano spietati e senza scrupoli.
La differenza tra “buoni” e “cattivi” diventa sempre più tenue, si confonde, si sfuma, tanto che la morte di Pietro, nonostante si tratti di un malavitoso, si trasforma in un episodio amaro e pieno di tristezza.
Diventano commoventi le lacrime per la perdita dell’amico “fraterno” e cariche di significato le amicizie che si creano tra i criminali.
Un thriller scritto a quattro mani, da Antonio del Greco e Massimi Lugli, con una scrittura onnisciente: i due letterati stuzzicano, lasciano indizi, anticipano a chi legge fatti e avvenimenti che incuriosiscono e appassionano. Riescono a creare empatia con il lettore per i dialoghi schietti, a volte in dialetto romanesco e spesso velati da una sottile ironia.
Un romanzo che va oltre, un thriller che riesce a entrare nel profondo, nell’intimo di chi, pur essendo un delinquente, che appare forte e determinato, mostra dei punti deboli comuni alla maggioranza degli individui.
Perché: “Tutti hanno una porta segreta che può essere aperta”.