L’ombra del lupo grigio
«Siamo formiche. Nient’altro che invisibili formiche, ma con la presunzione, soltanto perché più grandi, di essere il centro di tutto.» 2 agosto 1980. Alcuni boati spaccano il silenzio di una mattinata torrida, non soltanto a Bologna. Nella periferia di Roma, tre colpi di pistola segnano la fine di un noto gioielliere. Luglio 2019. Valentino Mastro deve indagare su un cold case di quasi quarant’anni prima. L’uomo che lo assolda vuole che la memoria del padre ottenga la giustizia che ancora non gli è stata concessa. Mastro riceve un baule con una serie di oggetti della Seconda guerra: vecchie fotografie, un’uniforme nazista e un diario sbiadito che potrebbe far riscrivere la storia del Secondo conflitto mondiale. Anche Rachele Furlan, investigatrice rodigina, è interessata allo stesso delitto, all’epoca sottovalutato dalla Polizia. Tuttavia, i pezzi non combaciano. Valentino e Rachele dovranno scavare tra dati storici inediti, informazioni secretate e bugie mai rivelate. A Roma, sotto la canicola di luglio e un cielo brillante di porcellana cobalto, si addensa minacciosa l’ombra del lupo grigio.
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L’ombra del lupo grigio è il romanzo che non ti aspetti. Scritto a quattro mani, è la perfetta fusione di stili e background diversi, personaggi e ambientazioni agli antipodi che si legano in una trama intrigatissima! Gli autori, già noti al pubblico hanno all’attivo pubblicazioni con la collana Giungla Gialla della Mursia; Simone Pavanelli con La maledizione di Marinella e Alessandro Vizzino con La Zanzara dagli occhi di vetro.  Proprio da quest’ultimo arriva il protagonista della nostra storia, Valentino Mastro, un ex commissario dalla vita dissoluta e disordinata, investigatore privato e come si direbbe a Roma, la sua città, “traffichino” in affari pochi limpidi. Per Pavanelli invece un nuovo personaggio, Rachele Furlan, investigatrice privata rodigina, creata appositamente per l’occasione (l’autore non ama riproporre figure seriali), un tipo tutto pepe che di certo non renderà vita facile al tenebroso “detective”.

Il primo capitolo ci riporta a un torrido sabato pomeriggio di quarant’anni fa: è il 2 giugno 1980 e mentre l’Italia è sconvolta dalla notizia di un’esplosione disastrosa alla Stazione Centrale di Bologna, il cadavere di un uomo giace sulla terra arsa dal sole. Le indagini partono come da protocollo ma di fronte a una strage che ha scosso un paese intero, quanta importanza può avere il ritrovamento dell’ennesimo morto ammazzato nella desolata periferia della Capitale? E infatti il caso passa in sordina, fascicoli mancanti, rilievi superficiali, deduzioni approssimative.

Anni dopo qualcuno si fa avanti, il caso va riaperto, un tale Francesco Tatarelli, figlio della vittima torna a chiedere giustizia per il padre. Un cold case per la polizia, una scocciatura, il capriccio di un vecchio ed ecco che il caso passa a Valentino Mastro: un nome in cambio di un bel gruzzolo.

Mastro è un personaggio difficile, sempre arrabbiato, ha un caratteraccio e probabilmente seri problemi con la gestione della rabbia, ma sa il fatto suo e soprattutto ha tanti agganci nella malavita romana, uno che lavora da solo e che non chiede mai il permesso. Fin quando non si ritrova tra capo e collo Rachele Furlan, giovane investigatrice privata incaricata dalla sua agenzia di far luce sulla stessa vicenda. Vi lascio immaginare le collisioni dei primi incontri e la ritrosia nell’accettare una collaborazione non imposta ma conveniente per entrambi: Rachele ha competenze e mezzi informatici che Valentino non conosce, è intelligente, sveglia e ha un passato nell’esercito. Peccato che sia così mascolina e poco attraente, non solleticherebbe i suoi istinti sessuali nemmeno sotto tortura…

Il punto di partenza è un diario scritto in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale; era in un baule appartenete alla vittima insieme a oggetti assai inquietanti come una divisa da ufficiale nazista. Dal 1938 arrivano racconti di un fatto al limite della fantascienza, una versione della storia che potrebbe cambiare l’idea di conflitto che tutti noi diamo per certa. Il baule è un vaso di pandora, le verità pronte a essere scoperte sono tante e spesso più incomprensibili di quanto si voglia credere.

Questa storia mi fa pensare a una matrioska: ogni volta che apri una bambolina ce ne trovi un’altra ed ecco che leggi inseguendo un filo logico e ti trovi un’altra matassina da sbrogliare, fino alla fine, storia nella storia, mistero nel mistero, menzogna in ogni apparente certezza.

Il sottotitolo del romanzo ci fa capire che si parlerà di Hitler e Germania nazista ma io sono rimasta molto colpita dal modo di trattare l’argomento. C’è ma è un riflesso dei personaggi, c’è ma non è trattazione storica vera e propria, c’è ma è un punto di vista nuovo e non necessariamente attendibile. D’altronde gli autori non parlano di fonti, potrebbe essere un geniale espediente narrativo.

I personaggi sono perfetti per coesistere in una trama fitta, ricca e abilmente articolata. Si sente il certosino lavoro di logica dietro a ogni diramazione investigativa, la collocazione temporale di fatti e testimonianze, la cura nei dialoghi e gli scambi al vetriolo tra Rachele e Mastro.

Non è una lettura veloce, nomi, fatti e dettagli sono così cospicui da rallentarne il ritmo ma senza far scemare l’interesse, l’attenzione è alta proprio per i collegamenti ben riusciti. Nulla è lasciato al caso e soprattutto gli indizi, anche i più piccoli e ben nascosti (dei quali si ragiona magari solo una volta terminato) sono necessari e mai superflui.

Un romanzo da leggere e vi assicuro che si farà ricordare!

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