Recensione a cura di Miriam Salladini
Ho fatto la conoscenza di “Lettera d’amore allo yeti” per caso in libreria mentre ero intenta a fare uno dei miei tanti acquisti. La prima cosa che mi ha colpita è stata la copertina con i colori giallo e arancio sfumati e le figure di un padre e di un figlio che si tengono per mano di spalle. Dopo aver terminato il romanzo penso alle sfumature di colore come ad un qualcosa di indefinito, quasi ad un mondo parallelo e di magia. Infatti tra le pagine del libro scorrono storie al confine con il soprannaturale. I protagonisti sono Riccardo e Nicola, un padre e un figlio che hanno perso da circa otto mesi la moglie e la madre e che quindi decidono di ricominciare una nuova vita trasferendosi nella casa al mare a Colombaia. Giorno dopo giorno cercano di di andare avanti confidandosi e parlando anche dello yeti, quella figura che affascina e impressiona allo stesso tempo Nicola, un bambino di sei anni costretto a crescere troppo in fretta, dopo aver vissuto sulla propria pelle una perdita incolmabile. A Colombaia però accadono fatti misteriosi come le sparizioni improvvise di alcuni abitanti, poi ci sono i sogni ricorrenti di Riccardo e un vicino di casa abbastanza misterioso. Macioci con questo romanzo è riuscito a costruire un intreccio narrativo sorprendente in cui realtà e fantasia si mescolano a vicenda creando un vortice misterioso e intrigante che si dipana per tutto il racconto. Con una scrittura coinvolgente riesce ad affrontare un argomento molto delicato come quello inerente il rapporto padre-figlio. Vengono messi in luce i dubbi e le paure dell’uno in confronto alla spensieratezza, naturalezza e spontaneità dell’altro. Riccardo cerca di convincere il figlio della bellezza della vita nonostante la perdita della madre. Vengono affrontati temi molto impegnativi: la vita, la morte, l’amore e l’amicizia. La scrittura è semplice e lineare con dialoghi e descrizioni che rendono fluida la lettura.