La saponificatrice
A Roccasparta, minuscolo borgo della Ciociaria, iniziano a sparire persone fra i vicoli e le nebbie della notte. Ispirata da un quadernetto sulla saponificazione animale scritto e illustrato a mano negli anni Trenta, una vedova, lucida manipolatrice e al contempo folle, sta riducendo in saponette, candele, biscotti e gran bolliti vari gli uomini che gravitano attorno a lei, per interesse amoroso o perché minacciano la sua consolidata attività di truffatrice ai danni dei compaesani. La Saponificatrice di Roccasparta è anche una madre affettuosa, e proprio grazie al manualetto a firma “Leonarda C.” torna a officiare, dopo anni, sacrifici umani per garantire al figlio sociopatico salute e fortuna. I piani di sangue e il mondo di traffici loschi dell’assassina vengono stravolti dall’arrivo a Roccasparta di Angelica, creatura fragile e insicura, vittima perfetta capace di fare breccia nei suoi sentimenti malati. Gli eventi allora precipitano nell’incubo, da cui una sola delle due – forse – si sveglierà.
Ombre, nebbie e gran bolliti.

Paolo Di Orazio torna con un romanzo che lascia il segno: La saponificatrice è un viaggio disturbante nelle pieghe più oscure dell’animo umano, un’opera che incanta e repelle allo stesso tempo. Con uno stile mai banale e una scrittura ricca di dettagli, l’autore ci trascina in una narrazione viscerale, dove ogni scena si imprime nella mente come un fotogramma cinematografico.

La trama si sviluppa con un intreccio complesso e ben gestito: nel piccolo borgo di Roccasparta, avvolto da vicoli e nebbie, si consumano sparizioni e omicidi efferati. La protagonista, una vedova manipolatrice e folle, trasforma le sue vittime in saponette, candele e cibo, un macabro rituale che affonda le radici in un quaderno di appunti sulla saponificazione animale risalente agli anni Trenta. Il richiamo a Leonarda C. – la celebre saponificatrice di Correggio – aggiunge una dimensione inquietante alla vicenda, giocando con le suggestioni archetipe della memoria ancestrale e riportando alla luce paure ataviche in chi legge.

Uno degli aspetti più riusciti del romanzo è la costruzione dei personaggi: non ci sono figure stereotipate, né eroi senza macchia. Al contrario, i protagonisti sono crudi, imperfetti, incredibilmente reali, tanto da risultare simili a persone che potremmo incontrare nella vita di tutti i giorni. Hanno ruoli modesti, non sono nè belli nè brutti, hanno difetti e debolezze, sono realisticamente mediocri e adatti al contesto in cui sono collocati. La descrizione dei loro corpi, dei loro difetti, delle loro fragilità è spietata, senza filtri, contribuendo a rendere il romanzo ancor più disturbante e immersivo.

Chi conosce le opere precedenti di Di Orazio troverà qui riferimenti che faranno sorridere i lettori affezionati, piccoli omaggi che rafforzano l’identità dell’autore e creano una connessione tra i suoi libri. È un ulteriore livello di profondità che arricchisce l’esperienza di lettura. Personalmente ho trovato connessioni con Vloodymary, Putridarium e Spaghetti Western Freak Show. Sarebbe divertente sapere se altri lettori trovano connessioni che mi sono sfuggite.

E poi c’è il finale: un colpo di scena che inganna il lettore, lasciandolo in bilico tra certezze e dubbi. Di Orazio gioca con la percezione, costruendo una chiusura che getta fumo negli occhi e coinvolge in un ultimo, perverso enigma: chi è la vera colpevole? Una scelta narrativa che lascia una sensazione di inquietudine anche dopo aver chiuso il libro.

In definitiva, La saponificatrice è un’opera potente, disturbante e ben scritta. Non aspettatevi un giallo costruito in modo classico, né una trama convenzionale. In questa storia tutto è una sorpresa, giocata con sapiente ironia nera. Un romanzo che non fa sconti, che non si risparmia nei dettagli più scabrosi e che colpisce con la sua crudezza. Non è una lettura per tutti, ma chi cerca un noir psicologico che affonda le mani nell’orrore della realtà troverà qui un gioiello nero, impossibile da dimenticare.

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