So per certo che l’autrice non ama le etichette, dunque non le affibbierò quella, piuttosto in voga, che va sotto l’anglosassone definizione di: Cosy crime.
È pur vero che gli spargimenti di sangue e le scene truculente qui non ci sono, non appartengono alla cifra dell’autrice; dunque, potremmo usare un termine italiano che personalmente apprezzo: La ballata dei padri infedeli è un giallo gentile.
Attenzione però a non confondere le storie delle miss Marple del Giambellino con i romance. Niente affatto. Voi direte che l’amore è ben rappresentato, e non posso darvi torto, però è amore in salsa meneghina virata in giallo. Sì perché ormai, al nono romanzo della serie, le donne del casello si confermano milanesi (pur con capatine nel lecchese) e confermano Milano tra i protagonisti, ma la suspense gialla non manca proprio.
Le ormai note Miss Marple del Giambellino, le tre donne che vivono in un ex casello ferroviario in zona navigli ci sono piuttosto familiari: nonna Jole la fricchettona in tutine di lurex, sua figlia Libera la fioraia giudiziosa, sempre indecisa fra due amori, e Vittoria la nipote poliziotta, forse un po’ rigida, ma con qualche segreto che la riservatezza del suo carattere riesce bene a tener a distanza dalle due ficcanaso che si ritrova in famiglia.
E il gatto con gli stivali? È davvero il padre di Libera? O è soltanto un rapinatore travestito da personaggio delle fiabe popolari raccolte prima da Perrault e poi dai Fratelli Grimm? E non dimentichiamo il “Dog” al secolo Temperante Cagnaccio, capo redattore del giornale per cui lavora la “smilza,” ragazza dalle mille risorse, che si avvale (e viceversa) della consulenza delle nostre donne Cairati, ovvero le investigatrici del casello: Jole e Libera. Ovviamente all’insaputa della figlia Vittoria, che sta in tutt’altre faccende affaccendata… o forse non proprio? Insomma, vi tocca scoprirlo, l’intrico è gustoso e i colpi di scena non mancano.
La scrittura di Rosa Teruzzi ci trascina, leggera ma mai banale, in un vortice di indagini e passioni.
Come ho già avuto modo di affermare recensendo “Il valzer dei traditori”, noi lettrici ci siamo affezionate a queste intraprendenti “donzelle” tutto pepe-e-indagini. La pacata (ma solo all’apparenza) Libera, tra un bouquet di nozze e un tortino di verdure, cerca di tener testa alla scriteriata ma geniale e dinamica madre che ai suoi tempi ha bruciato il reggiseno in piazza insieme a grappoli di donne agguerrite, abbigliate con crog e gonne a fiori. A volte ci chiediamo come abbia potuto produrre una figlia così diversa da lei. Jole è fucsia, rosa shocking, paillettes, Libera è beige, completini discreti e insalate di verdure. Eppure, se si scava nel profondo ognuna di loro ha qualcosa dell’altra, ma ben celato nelle pieghe del carattere.
Come ben dice Luca Crovi, i gialli di Rosa hanno un che di malinconico, poetico e ironico e come si fa a non essere d’accordo con lui!
Arriviamo ora alla nota dolente: Libera si sente dire cose pesanti dal suo Gabriele. Cose che potrebbero anche indurla a optare per l’affascinante cuoco che la corteggia da sempre. Ma chi lo sa? Come si usa dire nella migliore tradizione: lo scopriremo solo leggendo.