Opera seconda della scrittrice livornese Francesca Ramacciotti, che nel corso degli anni ha forgiato i propri rudimenti presso varie scuole di scrittura creativa, ma che soprattutto ha maturato le qualità di progettazione e sviluppo narrativo attraverso il “Semenzaio” di Carlo A. Martigli (che non a caso accompagna la pubblicazione del romanzo con una propria frase di lancio), “I custodi della pergamena del diavolo” rappresenta una vera e propria discesa agli inferi, dove – tra passato e presente, sapientemente alternati – sono ricostruite le vicissitudini riferite al clamoroso furto dell’oro di rivestimento dell’arco di trionfo della città di Pisa, avvenuto nel 1174. Un periodo storico, questo, pieno di colpi di scena, intrighi e di un medioevo toscano intriso di angoli oscuri, desolazione, e una percezione della perdizione e della corruzione celata in modo maldestro dagli abiti monacali o sacerdotali. E nel contempo il ritrovamento di un diario di quel periodo, avvenuto nell’epoca contemporanea, va ad intersecarsi con lo sviluppo dei fatti storici, e soprattutto con i non meno rilevanti intrighi, interventi illeciti compiuti da parte degli ordini ecclesiastici, con un climax crescente che avvince il lettore e lo inchioda fino all’ultima pagina.
La lettura di questo pregevole romanzo, frutto evidente di accurate e attente ricerche storiche, conferma per l’ennesima volta come il patrimonio storico-culturale italiano sia immenso e meritevole di scoperte di spunti per lo sviluppo di narrazioni, ricostruzioni di periodi poco conosciuti e meritevoli di essere scoperti e valorizzati da parte degli autori nostrani. La caratterizzazione dei vari personaggi, sia nel filone narrativo del passato sia in quello del presente, si contraddistingue per l’attenta gestione delle dinamiche di ciascuno di essi, intese quali pregi e difetti, ma anche nelle rispettive sensibilità individuali, anche in termini relazionali. E questo ci conferma di come l’autrice abbia ben saputo progettare con accuratezza l’intera architettura narrativa di questo romanzo, prima di procedere alla sua stesura, e soprattutto sia riuscita a ricostruire un contesto storiografico dettagliato e soprattutto a raccontarlo senza indulgere nell’eccesso dei particolari (e soprattutto evitando l’errore della “cavallinità”, puntualmente richiamato nelle sue lezioni di scrittura creativa dal Maestro Carlo A. Martigli), ma riuscendo ad evocare nell’immaginazione del lettore uno scenario ricco e articolato.
Certo, può far sorridere la percezione di una visione di trionfo della laicità contro i “cattivi” del mondo ecclesiastico (il Vaticano, i Cavalieri di Malta, ecc.), anche se in realtà lo sviluppo incalzante dei due livelli narrativi riesce a tenere sotto controllo la gestione dell’intera massa narrativa con grande intelligenza e capacità di condurre il percorso alle rispettive fasi conclusive, che a loro volta si ricongiungono nella naturale evoluzione finale.
Un libro interessante, ben riuscito, e meritevole di essere letto sotto l’ombrellone, oppure anche in preparazione ad una gita alla scoperta di Pisa, del suo incommensurabile patrimonio storico, e del suo affascinante passato storico.
Collana: Nuova narrativa Newton