Io Uccido
Un dee-jay di Radio Monte Carlo riceve, durante la sua trasmissione notturna, una telefonata delirante. Uno sconosciuto, dalla voce artefatta, rivela di essere un assassino. Il fatto viene archiviato come uno scherzo di pessimo gusto. Il giorno dopo un pilota di Formula Uno e la sua compagna vengono trovati morti e orrendamente mutilati sulla loro barca. Inizia così una serie di delitti, preceduti ogni volta da una telefonata a Radio Monte Carlo con un indizio musicale sulla prossima vittima, e ogni volta sottolineati da una scritta tracciata col sangue, che è nello stesso tempo una firma e una provocazione: lo uccido… Per Frank Ottobre, agente dell’FBI in congedo temporaneo, e Nicolas Hulot, commissario della Sûreté Publique, inizia la caccia a un fantasma inafferrabile. Alle loro spalle una serie di rivelazioni che portano poco per volta a sospettare che, di tutti, il meno colpevole sia forse proprio lui, l’assassino. Di fronte a loro un agghiacciante dato statistico. Non c’è mai stato un serial killer nel Principato di Monaco. Adesso c’è.
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Recensione a cura di Elio Freda

A circa 15 anni dalla sua comparsa in libreria, ho finalmente letto Io uccido, opera prima dell’allora esordiente scrittore Giorgio Faletti. Un romanzo dalle oltre 4 milioni di copie vendute, un successo credo inaspettato anche per lo stesso Autore. Inizio la recensione da come in genere la si conclude e dicendo che si, nonostante quanto segue, consiglio comunque la lettura di questo thriller ne quale si alternano luci e ombre o, per citare lo stesso Faletti, promesse e scommesse.

Le caratterizzazioni di alcuni dei personaggi cosiddetti secondari sono memorabili, nel senso che sono convinto siano ancora presenti nella testa dei lettori di un tempo. Mi riferisco a Jean-Loup Verdier (all’inizio del romanzo) o alla signora Hulot con la sua strana forma di pazzia… che dire? Geniali. Poche righe, stringate ed essenziali ma tali da far emergere dalle pagine del romanzo un personaggio tridimensionale di tutto rispetto a discapito del tempo trascorso sul “proscenio”. La stessa cosa non si può dire del personaggio principale, Frank Ottobre, un agente FBI che definire stereotipato è realmente riduttivo. Costui porta addosso le ferite per il coinvolgimento in un caso intricato, a perso la moglie suicida (episodio indirettamente collegato con il suo lavoro) eccetera eccetera. Non è un male, intendiamoci, se non fosse che una scelta del genere dovrebbe consentire allo scrittore (ma soprattutto all’editore) di operare dei tagli drastici (stile serial killer) per non appesantire il romanzo. Questa scelta non è stata fatta e secondo me è la pecca maggiore di questo libro: 682 pagine sono troppe per una storia che alleggerita di 300 pagine sarebbe stata (a mio modo di vedere) perfetta nel ritmo, nello sviluppa della trama e nella tensione crescente. Elementi che sono presenti ma che più volte vengono sotterrati dalla prolissità delle descrizioni, dei monologhi interiori e di una serie di background lunghissimi per personaggi che non terminano in vita neanche la lunghezza di un capitolo.

Anche i cerimoniali prima dei delitti, se all’inizio incuriosiscono, alla lunga annoiano e non aggiungono nulla alla storia. Paradossalmente poi, nello sviluppo del protagonista, manca quel qualcosa che spieghi il passaggio dal dolore profondo alla passione per una sconosciuta dal passato terribile ma tra misericordia e amore passa tutta la differenza di questo mondo.

Anche altre scelte sono discutibili ma in questo caso si entra nel gusto personale e i commenti sarebbero soggettivi e quindi inutili. Dico solo che non è un romanzo che brilla di originalità nei suoi elementi strutturali principali, essendo un collage di una serie di storie già viste e lette.

Ciononostante le atmosfere create da Faletti sono per certi versi coinvolgenti e convincenti, il mistero spinge a voler arrivare alla fine e la curiosità cresce sino a (quasi) la fine.

Incuriosito al punto di voler leggere un altro romanzo dello stesso Autore. Colpito a tratti positivamente, negativamente per quello che è il lavoro editoriale inteso come editing: ciò che a volte è scritto nel dettaglio appesantisce invece di snellire e rallenta invece che spingere sull’acceleratore.

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