I gatti vedono meglio al buio
Una serie di omicidi ha colpito la docile tranquillità di Trieste. Il quinto assassinio è ormai alle porte e il commissario Bessi è in preda ai dubbi: nessun elemento sembra collegare le vittime, così diverse tra loro. Le indagini arrancano, scontrandosi con un’umanità all’apparenza santa, ma nel profondo imperfetta e colpevole di gesti spietatamente quotidiani. È un teatro di volti, che si anima e si nasconde, nella realtà e dietro ad uno schermo, sul nuovo social network, Ckaos. Andrà trovata una traccia, o meglio un ordine, in questo caotico scenario di vite e strade smarrite.
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Recensione di Mary Basirico’

Romanzo d’esordio per la triestina Elisabetta Benedetti, classe 1976, laureata in Scienze politiche, master in studi internazionali strategico-militari e dottorato di ricerca in Scienze strategiche, consulente indipendente per le esercitazioni NATO, si divide tra Italia e Inghilterra. Elisabetta si è auto-pubblicata un racconto lungo nel 2006 Il treno, e nel 2018 varie raccolte di poesie.

La trama è ambientata in una Trieste contemporanea, la città appare viva, cosciente e partecipe dei fatti che accadono, i personaggi sono descritti nelle loro debolezze e identità, sono sia spettatori che protagonisti. Tra un delitto e l’altro, la città ricorda al lettore i suoi molteplici volti, affascinandolo con un manto di mistero, che vuole essere svelato. Trieste è capoluogo, qui soffia intensamente la Bora, che come scrive l’autrice,” è un vento aggressivo, dono della peculiare posizione geografica, rapidamente arriva e velocemente se ne va”. Trieste è anche città dei vecchi, dove gli anziani tramandano le tradizioni, è una città multiculturale, dove si trovano sia differenti luoghi di culto e lingue differenti, questo a causa del suo passato storicamente complesso e intenso, una porta d’accesso a culture diverse, terreno di conquista in vari settori. Trieste raccoglie in sé diverse definizioni, città mitteleuropea, città del caffè, città dei matti, “la libertà è terapeutica” frase che troneggia sui muri del manicomio di San Giovanni.

E’ in questa città così cosmopolita e dalle mille sfaccettature che facciamo la conoscenza dell’ispettore Ermenegildo Bessi alla prese con una serie di omicidi. Le vittime paiono non aver nulla in comune, uomini e donne alle prese con le difficoltà della vita, di età differenti, di status sociale ed economico normali.

In ogni capitolo conosciamo un volto, una storia, ci immergiamo nella vita di questo caleidoscopio di esseri umani, raccontati con razionalità, con un’intensità che lascia il lettore senza fiato.

Ma chi è l’assassino? E come sceglie le sue vittime? L’autrice ci presenta il killer, ci fa entrare nella sua testa e nei suoi pensieri, ma senza svelarne l’identità. Lo rende inafferrabile, ci sfugge tra le dita, e continua inesorabile la carrellata di personaggi, di uomini e di donne.

Filo conduttore del romanzo rimane l’ispettore Bessi, che riordina i nodi di questo romanzo intenso e particolare.

Critica è anche la posizione verso i social, Ckaos, apparentemente riservato ai ragazzi, viene utilizzato anche dai quarantenni, “Complimenti! Ora hai accesso alla sezione Vip. Usala con giudizio. Chi è la persona peggiore che conosci?” Il social richiede a chi ne usufruisce di indicare la persona peggiore che si conosce e di condividere più informazioni possibili.

In fondo tutti credono che i peccati altrui siano più gravi e vergognosi dei propri. Dove finivano quei dati sensibili, rimanevano confinati in qualche server remoto o adoperati per denigrare pubblicamente quelli nominati?”

Consiglio la lettura di questo thriller, scritto molto bene, perché si oltrepassa la soglia del puro giallo per toccare con mano le diverse sfaccettature dell’animo umano, e in qualche pagina di riconoscersi in pensieri ed emozioni.

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