Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Jacopo De Michelis, editor per la casa editrice Marsilio, in libreria col suo primo romanzo, La Stazione, per la Giunti Editore, partiamo con la prima domanda.
Buongiorno Jacopo raccontaci da cosa e come è scaturita la tua passione per la scrittura?
Come molti che lavorano in editoria, una professione che si intraprende innanzitutto per passione, ho sempre amato la letteratura e la scrittura. Il fatto di passare molto tempo a valutare i risultati delle aspirazioni letterarie altrui mi aveva reso molto pudico e disincantato riguardo alle mie, ma avevo questa storia che mi ronzava in testa da anni, e a un certo punto ho capito che l’unico modo per liberarmene era provare a trasferirla sulla pagina.
Come nasce questo thriller e cosa ti ha ispirato a scrivere una storia ambientata in una stazione?
La stazione Centrale di Milano, all’ombra della quale sono nato e cresciuto, mi affascinava già da piccolo, e si può dire che sia stata proprio lei a ispirarmi la storia. La prima idea infatti l’ho avuta leggendo un articolo su quello che sarebbe diventato noto come il “binario 21”, il binario sotterraneo della Centrale da cui durante la Seconda guerra mondiale partivano in segreto i convogli carichi di deportati diretti verso i lager nazisti. Da lì è scaturita la prima immagine del romanzo: due misteriosi bambini che ogni sera, al crepuscolo, una ragazza vede aggirarsi nei dintorni della stazione, apparentemente soli e abbandonati, e che nessuno tranne lei sembra aver mai notato.
Dal tuo punto di vista di editor quali elementi non dovrebbero mancare in un thriller per renderlo avvincente?
Non dovrebbero mancare innanzitutto i due elementi maggiormente in grado di creare la suspense che sta alla base di ogni thriller degno di questo nome, ovvero pericoli e misteri. E credo di poter dire che ne “La stazione” ce n’è in abbondanza di entrambi.
Quanto contano le influenze della tua sfera personale in questo campo? Sei un tipo di persona che si lascia influenzare da ciò quando scrivi?
Si tende sempre a mettere qualcosa di sé in ciò che si scrive, ma nel caso specifico la storia che ho raccontato non ha molti punti di contatto con le mie esperienze personali e i personaggi sono quanto di meno autobiografico si possa concepire, per cui ho dovuto documentarmi in modo particolarmente approfondito e lavorare molto d’immaginazione.
Quale autore reputi come tuo modello?
Ce n’è ben più d’uno. Per “La stazione”, da una parte grandi romanzieri d’avventura dell’Ottocento come Verne, Dumas, Stevenson e Poe, e dall’altra autori di genere contemporanei tra cui Stieg Larsson e Stephen King.
Ritroveremo l’ispettore Mezzanotte in un prossimo libro?
È proprio quello su cui sto riflettendo in questo momento. Non posso ancora assicurarlo al cento per cento, ma mi piacerebbe che fosse al centro anche del mio prossimo romanzo.
Ti ringrazio a nome del blog Giallo e cucina per essere stato nostro ospite e ci concediamo con le ultime due domande, com’è nostra consuetudine del blog chiedere all’autore il piatto preferito del tuo protagonista, in questo caso l’ispettore Mezzanotte, e quali sono i tre libri a cui sei particolarmente legato?
Mezzanotte conduce una vita a dir poco sregolata, non ha quasi mai né il tempo né la voglia di mettersi ai fornelli e tende a ingurgitare quello che capita. Se dovesse dire qual è il suo piatto preferito, probabilmente opterebbe per la pizza.
Quanto alle opere a cui sono più legato, tre romanzi che, in fasi diverse della mia vita, hanno contato in maniera particolare per me sono “Il barone rampante” di Calvino, “La metamorfosi” di Kafka e “Dalia nera” di Ellroy.