Oggi Presentiamo...

Mario Barale

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Mario Barale, vincitore del concorso letterario Ceresio in giallo 2022 con il romanzo La banda delle figurine poi pubblicato per la Fratelli Frilli editori.

DB- Partiamo subito con la prima domanda, questo romanzo vede protagonista Leo Santeri, un postino che oltre a svolgere il suo lavoro giornaliero, ha una particolare inclinazione per l’investigazione, come nasce l’idea di questo personaggio da te molto ben caratterizzato?

MB Anzitutto grazie per avermi concesso questo spazio e il mio buongiorno a chi leggerà questa chiacchierata. Leo Santeri è nato quasi per caso, quando ho deciso di partecipare a Ceresio in giallo 2020 e mi serviva il protagonista per la storia che avevo in mente, un personaggio che doveva avere una caratteristica fondamentale, ossia essere un postino. Leo si è così trasformato in parole, ha passato la selezione ed è entrato in finale, debuttando qualche mese più tardi nelle pagine dell’antologia del concorso intitolata “Laghi e delitti” (pubblicata da Fratelli Frilli), chiuso nel vestito stretto di un racconto breve intitolato “Olio su terra”. L’anno successivo sono tornato alla carica con quello che doveva essere un altro racconto breve (sempre di Leo, squadra che vince non si cambia), ma che ben presto si è rivelato essere troppo complesso e lungo per rientrare nel numero di battute previste dal regolamento del concorso. La banda delle figurine nasce da un errore di valutazione, un racconto che si è trasformato in romanzo e che come tale ha vinto il concorso nella sezione dedicata alle opere nel cassetto.

Perché quando l’idea ha incominciato a germogliare ho scelto di cucirla addosso ad un postino?

La figura del portalettere è qualcosa di particolare, confidenziale, un po’ come quella del barbiere o del prete, tutte categorie portate a incamerare quotidianamente storie e conoscere la realtà che li circonda, una sorta di spugne del bla-bla, della cronaca e del pettegolezzo, pronte a rielaborare ogni cosa secondo necessità, indossando nel caso specifico di Leo (alla bisogna) i panni del detective senza distintivo. A questo aggiungi che ho una coppia di amici postini e quindi mi ha fatto piacere in qualche modo omaggiare questa professione, anche in virtù del mio amore per la vecchia corrispondenza scritta a mano.

Quindi detto, fatto.

La costruzione del personaggio non mi ha dato problemi, ho tratteggiato la figura di un uomo semplice, un cinquantenne astuto e curioso, con un cuore grande e un senso dell’amicizia fortissimo, disposto a infrangere qualsiasi regola pur di raggiungere il suo scopo in nome di questo valore. Poi ci ho messo un tocco di nostalgia, andando a fare suoi molti ricordi della mia vita, aggiungendo il tocco vintage delle sue passioni (la Vespa, la vecchia 127 Rustica ereditata dal padre) e i ricordi di gioventù che affiorano nelle vignette dei suoi pensieri. Un eroe in canottiera senza superpoteri e senza pistola, che usa l’intelligenza e dosi massicce di ironia (nei miei scritti si ride spesso) al posto delle mani. Lui è uno di noi, perché non mi sono mai piaciuti gli invincibili, quelli che non sbagliano o non sanno piangere.

 

DB Il titolo recita “La banda delle figurine” e mi porta indietro nel tempo, infatti appartengo a una generazione che collezionava figurine di giocatori, se li scambiava e condivideva questa grande passione, ti chiedo che ricordo hai di quell’epoca e nella spensieratezza di quei giovani da te narrati in questa storia?

MB Da questo punto di vista mi ritengo un italiano anomalo, non avendo mai amato il calcio. Per discendenza sono un simpatizzante granata, ma la collezione di figurine dei calciatori non l’ho mai fatta, così come ho saltato il subbuteo, le partitelle in cortile e l’abbonamento allo stadio (ci sarò andato forse cinque o sei volte con gli amici sfegatati, ma mi sono rifatto poi con i concerti). Ricordo che collezionavo francobolli, fumetti e (saltuariamente) altri tipi di figurine, ma soprattutto guai (pure io!) e ginocchia sbucciate per via della passione rispettivamente per la fionda e la bicicletta. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa immersa nel verde, tra boschetti, stagni, case abbandonate e ruscelli, tutti posti pieni di pericoli potenziali, dove divertirsi in piena incoscienza senza mai conoscere la noia. Non scambierei la mia infanzia con quella della generazione dei videogiochi, nemmeno per tutto l’oro del mondo. Con questi presupposti scrivere La banda delle figurine non è stato affatto facile, già solo per mettere insieme la rosa dei calciatori (loro malgrado) coinvolti nella storia e in buona parte a me perfettamente sconosciuti. Poi si sa, quando non si conosce bene la materia sbagliare una maglia o un campionato è questione di un nanosecondo, e io volevo evitare errori e le bacchettate sulle dita da “chi ne sa”.

 

DB Nei romanzi gialli, noir troviamo sempre un commissario, ispettore di polizia, un uomo in divisa, nel tuo giallo si esce da questo stereotipo, e l’indagine viene affidata a una persona comune ci spiegheresti questa differenza e cosa cambia secondo te?

MB Ci sono arrivato per gradi. Riavvolgo un attimo il nastro del registratore a bobine (visto che siamo in una intervista vintage) tornando al personaggio dei miei primi romanzi, un commissario in pensione che dopo avere appeso la pistola al chiodo è tornato suo malgrado ad essere una persona comune (per giunta con tutti i guai legati ai capelli bianchi), ma nonostante ciò continua imperterrito a ficcarsi nei guai. La sequenza è stata questa: poliziotto/pensionato irrequieto che fa il poliziotto, postino/uomo curioso che fa il poliziotto. Niente di consueto, insomma. Per spiegare meglio il perché di questa scelta inusuale divido la risposta in due parti. Da una parte sono consapevole di non conoscere abbastanza a fondo il mondo delle forze dell’ordine e tutte le sue sfaccettature, ragion per cui preferisco scrivere di personaggi “in borghese”, a me più vicini. Il secondo motivo è più cervellotico: un cittadino qualsiasi che faccia il detective per passione (senza avere alcun supporto tecnico/logistico/scientifico o le corsie preferenziali che genera un distintivo) si deve fare un mazzo tanto solo strizzando il cervello, e di conseguenza le sue traiettorie per raggiungere la meta sono sicuramente più fantasiose, interessanti e divertenti da seguire che non quelle ingessate di una indagine standard. Questo fa anche sì che, in qualche modo, pur essendo io l’autore (e conoscendo ovviamente il finale della storia) mi debba sforzare a pensare come farebbe lui, un non-poliziotto, per tentare di dipanare la matassa. Questo ragionare in termini semplici secondo me rende più fluido (e vicino a chi legge) il racconto. Mi piacciono le persone normali che fanno cose straordinarie -in silenzio- e credo che Leo sia uno di loro.

 

DB Ricollegandomi alla domanda precedente la figura di un capitano dei carabinieri è presente e troverà in Leo Santeri un osso duro difficile da estrometterlo dalle indagini, ci parli per incuriosire il lettore del loro spigoloso rapporto?

MB Mi sono già divertito in passato a mischiare sacro e profano, uniforme e abiti civili, quindi perché smettere? Uno come Santeri non può logicamente “lavorare” da solo, sia per una questione pratica che per motivi legali e di sicurezza. La figura del Capitano Razza nasce da questo bisogno, ed è decisamente l’opposto di Santeri, sia fisicamente che a livello di personalità. Fondamentalmente sono due personaggi che si stimano in silenzio per mandarsi a quel paese in pubblico, sempre intenti a misurare le parole per non rivelare nulla al rivale, ma sperando che questi si tradisca e vuoti il sacco. La stessa indagine (che conduce agli stessi risultati) viaggia così in due mondi completamente diversi, tra frequenti litigi intervallati da sprazzi di collaborazione e qualche -rara- tregua. Santeri e Razza sono due teste dure che insieme fanno faville e scintille, anche perché per qualche ragione il primo pesta sempre i piedi all’uomo coi pantaloni da milanista, combina grossi casini o si fa trovare immancabilmente al posto sbagliato, generando attriti a paletta. Farli litigare è una goduria, non smetteranno mai.

 

DB Un giallo con delle venature horror soprattutto nelle battute finali, mi ha ricordato It del grande Stephen King, Come è nata l’idea di voler creare questo interessante connubio?

MB Le tue parole mi lusingano, ma ahimè, qui casco dal pero. Di King ho tutta la vecchia produzione e ho amato Carrie, Shining, Pet sematary, Salem’s lot, Christine e molti dei suoi racconti. Ho comprato IT una valanga di anni fa ma vista la mole da mattone forato (e memore della delusione de l’ombra dello scorpione…) non ho mai avuto il coraggio di incominciare a leggerlo, così come anche il film (forse anche per colpa del trailer) non mi ha mai attirato, nonostante la presenza di un signor attore come Tim Curry. Conosco la storia a grandi linee e nulla più, quindi rispondo che la mia figura del clown (senza spoilerare troppo) è in realtà forse più figlia del Capitan Spaulding interpretato da Sid Haig nella trilogia de La casa dei mille corpi di Rob Zombie che non del Pennywise dell’autore del Maine. Piuttosto, amando le prime cose di King è molto probabile che abbia assorbito qualcosa del suo modo di scrivere, che adoro quando non diventa prolisso. La banda delle figurine l’ho scritto tenendo a bada il mio amore per le atmosfere gotiche e le incursioni nel fantastico e nell’horror (non splatter) che mi sono abitualmente congeniali. Da questo punto di vista è stata una prima volta in una storia “ghostless”, senza contare il mini-esordio dell’anno precedente, ma qui ovviamente dovevo seguire una linea editoriale improntata a “cose di questo mondo”. In ogni caso, che mi piacciano i cattivi veri, freddi e ruvidi (anche quelli senza implicazioni paranormali) credo si capisca molto bene.

 

DB I concetti del nostro blog che nasce da questo connubio perfetto, il giallo con la cucina, ad ogni autore chiediamo il piatto preferito del suo protagonista. Cosa si cucinerebbe Leo Santeri?

MB Oh, bella domanda. Non ho scritto granché di cibo con Leo, a parte l’incursione del variegato all’amarena di sua moglie Lucia (povera stella, sempre a casa a preoccuparsi per lui) e poco più.

Mettiamola così, nonostante io sia vegetariano facciamo finta che Leo sia onnivoro, quindi vista la stagione gli concedo di preparare una grigliata domenicale con gli amici (però accompagnata da una caprese col balsamico) e a cena una pizza quattro formaggi bianca (per tenersi leggero e incontrare i miei gusti…), il tutto annaffiato da abbondante birra rossa gelata. Naturalmente le ossa della grigliata vanno a Pedro, magari con un po’ di carne ancora attaccata su.

 

DB Ringraziamo Mario Barale per essere stato ospite del nostro blog Giallo e Cucina e ci congediamo con due ultime domande, ti chiedo se stai lavorando a un nuovo romanzo con protagonista il postino Leo Santeri e se ci indicheresti tre libri al quale sei particolarmente legato?

MB Al momento non ho cantieri aperti, ma di Leo (a proposito, il nome che ho scelto deriva dalla carenza di battute del racconto breve, se lo avessi chiamato Leonardo per esteso non mi sarebbero bastate le pallottole per qualche morto, probabilmente) ho una bozza in fase di sviluppo. In questo sono molto metodico e non inizio a scrivere una sola riga fino a che nell’architettura della storia non sia tutto perfettamente a fuoco. Per contro però ho già in mente alcune battute finali e il titolo, come sempre. Dimenticavo, ho anche visualizzato su un pezzo di carta la copertina (io sono uno scrittore per caso, la mia vita è sempre stato il disegno), e quando mi è concesso mi piace anche vestire graficamente i miei libri, come è stato nel caso dell’acquerello della banda.

Tre libri che mi hanno marchiato a fuoco?

Tre sono pochissimi, ma con la morte nel cuore per averne esclusi almeno una mezza dozzina ti dico:

HP Lovecraft Opere complete

Angela Carter La camera di sangue

William Golding Il signore delle mosche

Tutta roba allegra.

Un caro saluto e buona lettura a chi ne avrà piacere.

Mario Barale

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