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Ti consiglio un film (tra un libro e l'altro)

Signori, il delitto è servito (Clue)
Sette indagati, sei armi, cinque corpi e tre finali.

Regia di Jonathan Lynn

Film del 1985 con Tim Curry, Eileen Brennan, Madeline Kahn, Christopher Lloyd, Michael McKean, Martin Mull, Lesley Ann Warren

Genere Commedia/Giallo

-Signori, facciamo un film sul Cluedo.

-Ma certo, ne uscirà un’operazione sardonica e parossistica.

Questo dialogo, che sono sicuro si sia svolto esattamente così, è la prima tessera del domino che ha portato alla realizzazione di Signori, il delitto è servito. Oggi ci piace lamentarci di chi basa sceneggiature su prodotti, giocattoli e pubblicità come se fosse l’ultima spiaggia della Hollywood peggiore, eppure la capitalizzazione incontrollata è più intrinsecamente legata all’arte di quanto ci piaccia ammettere, specialmente quella popolare. Tanto più che da queste gigantesche manovre promozionali escono anche film come questo, fieramente anarchici e padroni della propria forma espressiva. La risposta alla domanda Perché fare un film sul Cluedo? è dunque un evidente Perché no? Chiediamoci ora Ma come si fa un film sul Cluedo? Si tratta di un giallo, ça va sans dire, perché abbiamo un omicidio, una villa con tante stanze, degli invitati dai nomi buffi correlati ai colori e una serie di armi. Di base non esiste un intreccio da cui prendere spunto, dato che ogni partita mette insieme gli elementi alla rinfusa, motivo in più per sbizzarrirsi e inventare. La cosa che affascina dell’incipit, oltre alla messa in scena cristallina, pittoresca ma scrupolosa di qualsiasi topos del giallo, è la libertà con cui si è tratteggiato ogni personaggio, libertà di cui ogni interprete si è impossessato completamente. Oltre a Jonathan Lynn, al suo esordio in regia e sceneggiatura, il soggetto è passato per le mani del grande John Landis, il cui spirito sembra aleggiare nello script finale. Ma i personaggi, dunque: ci sono tutti. Mr Green, il colonnello Mustard, Mrs Peacock, il professor Plum, Miss Scarlett e Mrs White: ognuno ricopre o è vicino a una posizione sociale importante, eppure nessuno sembra pulito. Ci sono segreti e bizzarre doppie vite che devono emergere? Sembra che il machiavellico maggiordomo Wadsworth sia l’unico a conoscere i misteri di tutti, nonché l’unico a sapere perché tutti questi personaggi si ritrovano nella stessa villa senza conoscersi.

Le dinamiche sono le stesse del gioco e, quando il sangue scorrerà, partirà l’indagine più arrabattata e caotica che ricordi. È uno spasso osservare i personaggi correre da una stanza all’altra, come se fossero le pedine del gioco da tavolo, anche perché il registro si muove su due punti fermi: slapstick puntualissima e doppi sensi a raffica, a ulteriore riprova del divertimento che anima tutta la produzione e della matrice del progetto, che sfrutta le potenzialità noir per dare vita a una commedia serratissima. Quasi non si sta dietro alla rapidità dei dialoghi, che infilano informazioni determinanti e gag esilaranti senza soluzione di continuità. Il bello è che in mezzo a questo caos un intreccio vero c’è, ma si avvolge costantemente attorno al bisogno di rendere questi 94 minuti una miniera di momenti memorabili, imbevuti di trovate grafiche degne del miglior cartone animato. Ogni attore inventa una caratterizzazione indelebile per il proprio ruolo, che non segue il canovaccio del gioco originale, preferendo sperimentare e fantasticare su un immaginario statunitense molto più vicino a un quadro politico fumoso come quello degli anni ‘80. Non a caso il film si ambienta negli anni ‘50, con evidenti paralleli. Il tutto sempre con grande spirito e attitudine a mescolare più elementi possibile per vedere cosa ne esce. Il succo è un distillato di cinema leggero e conscio, mosso da indole spettacolare, devoto alla destabilizzazione e al caravanserraglio della creatività. Se ne emerge col fiatone come i personaggi, specialmente il Wadsworth di Tim Curry che non si risparmia in nessuna inquadratura e regala tutta la sua vulcanica tenacia. Come un maestro di cerimonie, conduce noi e loro dietro ogni angolo di questo oggetto strampalato, per mostrarci quanto ci si diverte quando si prende dannatamente sul serio quello a cui si lavora.

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Salvatore Napoli
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