Rex (Raoul Stephen Sehler) Burns – giallista a nostro avviso notevole, benché poco noto ai lettori italiani – è nato a San Diego, in California, il 13 giugno 1935, da una vecchia famiglia di militari di cui non ha però voluto seguire le tradizioni. Ha studiato alla Stanford University, dove s’è laureato in Lettere, e poi, dal 1958 al 1961, ha prestato servizio nel corpo dei marines. Nel 1959 ha sposato Emily Sweitzer, dalla quale ha avuto tre figli. Dal 1965 al ‘68 ha insegnato alla Missouri Central University, e dall’anno successivo alla facoltà di letteratura inglese presso la University of Colorado di Denver, dove è rimasto fino alla pensione nel 2000. Attualmente vive a Boulder, nel Colorado.
L’esordio di Burns nella narrativa gialla è stato tra i più felici. Al suo primo romanzo, infatti – The Alvarez Journal, del 1975 – è stato assegnato l’anno dopo il prestigioso premio Edgar Allan Poe per la migliore opera prima. E proprio quest’opera ha inaugurato una serie di undici gialli, dal 1975 al 1997, incentrati sul protagonista fisso Gabriel (Gabe) Wager, agente investigativo della Squadra Omicidi di Denver, via via pubblicati da editori di prestigio (Harper&Row, Viking, Walker):
The Alvarez Journal (1975), The Farnsworth Score (1976), The Avening Angel (1983), Strip Search (1984), Ground Money (1986), Endagered Species (1993), Blood Line (1995), The Leaning Land (1997),ma dei quali solo tre tradotti in italiano nei Gialli Mondadori [GM]:
– 1978, Speak for the Dead (Il caso della testa tagliata, GM n. 1624, 16-3-1980);
– 1979, Angle of Attack (Sulle tracce del passato, GM n. 1830, 26-2-1984);
– 1987, The Killing Zone (Un omicidio V.I.P., GM n. 2099, 23-4-1989).
Dentro una linea narrativa da police procedural, la serie con Gabriel Wager ci mostra un personaggio in notevole evoluzione. Ne Il caso della testa tagliata, infatti, Gabe è novizio della Sezione Omicidi e deve occuparsi di un caso tanto singolare quanto orribile, rappresentato da una testa bionda posata tra le fronde in riva a un ruscelletto, che un dipendente del Giardino Botanico di Denver rinviene nel suo giro d’ispezione di una serra. Inesperto ma assai tenace, l’agente non si deprime pur di fronte a difficoltà enormi, la prima delle quali è ritrovare il corpo della sconosciuta, per poi rispondere a un’infinità di domande, che già di per sé provocano angoscia per la loro assurdità.
Via via che procedono nel tempo, le inchieste di Wager si arricchiscono di crescenti implicazioni politiche e sociali, sempre aggiornate sulla contemporaneità. In Sulle tracce del passato il nostro agente apprende dal vecchio Tony-O, curiosa figura di “padre” della comunità latina di Denver, che nell’omicidio irrisolto di un gangster, avvenuto anni prima, è coinvolto un certo Frank Covino. Ma Covino viene subito ammazzato, così le indagini si concentrano attorno alla famiglia del gangster ucciso e soprattutto su Dominick, che si sussurra avrebbe organizzato l’omicidio del fratello. Ma solo quando un detenuto viene pugnalato in prigione, Wager e il suo braccio destro Max Axton – un enorme poliziotto scozzese che ricerca le sue radici prendendo lezioni di cornamusa – capiscono con certezza che passato e presente sono indissolubilmente legati…
In Un omicidio V.I.P., invece, cambia la trama ma non lo scenario da poliziesco metropolitano. Horace Green, un uomo di colore, integerrimo funzionario dei lavori pubblici, viene trovato assassinato nella squallida periferia del ghetto nero di Denver, e la città si trova sull’orlo di una rivolta razziale. Incaricato delle indagini, Wager scopre che il morto aveva avuto una relazione con una bianca – cosa di cui la moglie era al corrente – e che le attività di Green in campo edilizio non erano poi tanto pulite come si voleva far credere. Superfluo dire che il Nostro, in lotta col tempo, riuscirà a smascherare il vero assassino, prima che la tensione razziale faccia esplodere la città.
Se il tema, tutto americano, del conflitto razziale in Burns risulta posteriore di quindici anni rispetto alla Doroty Uhnak di Christie Opara, agente investigativo di primo grado (nel Giallo Mondadori, 1972), risulta pur sempre in anticipo di oltre un decennio sul grande Michael Connelly di Angels Flight (Il ragno, 1999), e comunque la potenza espressiva e la forza drammatica di Burns appaiono di notevole rilevanza, tra l’hard-boiled classico e il western metropolitano, come hanno appropriatamente rilevato alcune testate statunitensi:
“Tra i migliori scrittori di polizieschi, Burns evita ogni clichés e ci fornisce un esempio di intensità narrativa dentro una struttura sempre verosimile” (National Centurion: A Police Lifestyle Magazine);
“La Denver di Burns è un grintoso incubo urbano, ricreato con finezza, molti anni dopo il Vecchio West di Zane Grey e Max Brand. E il suo è un tipo di violenza che ci sentiamo di associare alla fiction dei western della tradizione” (People);
“Burns è un narratore di prima qualità con un occhio attento ai dettagli procedurali del poliziesco e agli ambienti del Colorado. I suoi personaggi sono reali e ritratti superbamente. Sono da western in ogni senso, e lui li muove abilmente attraverso tutta la storia” (Asbury Park Press).
Intervistato, anni fa, a definire la propria “poetica”, Burns fu esemplare nella sua essenzialità. “Quando scrivo un romanzo” disse, “mi pongo due obiettivi. Creare vita e fare in modo che il lettore si debba chiedere: e ora che cosa succederà? Tutto il resto è di minore importanza.” Noi, letti i suoi libri, possiamo aggiungere che Burns ci pare erede – per ritmo intenso, stile secco e attualità dei temi scelti – di quella linea californiana di scrittori che alla fine del secolo scorso annoverava Ross Macdonald, Bill Pronzini e Collin Wilcox, per fermarci ai nomi più noti ed esemplari.
Nel 1987, con Suicide Season (Stagione di suicidi, GM n. 2041, 13-3-1988), Burns ha inaugurato una nuova serie con protagonista Devlin Kirk, titolare a Denver di un’agenzia di investigazioni specializzata in campo industriale, insieme a un socio di nome Bunch. Ma che tipo è questo Kirk? Ex studente in legge, ex perdigiorno, ex agente segreto, e infine ex figlio: di recente, infatti, suo padre s’è suicidato, dando il via in città a una stagione di suicidi che rischia di allungarsi sempre più. Si uccide anche Austin Haas, tecnico contabile, sospettato di aver passato segreti industriali a una ditta concorrente, e allora il giovane detective dovrà fare appello a tutte le sue capacità deduttive, rischiando anche la vita prima di giungere a una verità che sarà amara e imprevedibile.
Pubblicate negli Stati Uniti da Viking, le inchieste successive di Devlin Kirk furono solo altre due (Parts Unknown, 1991 e Body Guard, 1992, inedite in Italia), così come altrettanto limitato è stato il contributo di Burns al cinema. Soltanto The Avening Angel del 1983 fornì il soggetto per Messenger of Death, uscito nel 1988 per la regia di Jack Lee Thompson e con Charles Bronson come protagonista (da noi Il segno della vendetta). La sceneggiatura di Paul Jarrico sostituì a Gabe Wager un giornalista onesto e intelligente, Garret Smith, chiamato a indagare sul massacro, in una città del Colorado, di un’intera famiglia benestante di mormoni. Mentre la polizia ipotizza un movente religioso, Smith sospetta invece di una compagnia idrica, vogliosa di impadronirsi della terra dei mormoni per biechi fini speculativi. Inutile chiedere, agli amici giallisti dotati di fiuto, chi alla fine avrà ragione…
Valicato l’anno 2000, Burns ha continuato a scrivere, ma sempre di meno. Ricordiamo ancora i pochi racconti della serie “I misteri dell’agenzia Touchstone” (Body Slam e Crude Carrier, entrambi del 2014). E già prima il Nostro aveva diversificato i suo interessi, dedicandosi ad es. anche alla critica nell’ambito della narrativa gialla, con l’interessante saggio del 1990 Crime Classics: the Mystery Story from Poe to the Present.