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I maestri del giallo

LUCILLE FLETCHER
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La scrittrice statunitense che presentiamo stavolta meriterebbe di essere riesumata dall’oblio, non fosse altro che per il suo straordinario eclettismo, che la differenzia dalla maggioranza dei colleghi in Giallo: non ebbe mai un protagonista fisso ricorrente né una serie di romanzi; scrisse per il cinema, la radio e la televisione – con una precocità notevole per i suoi tempi – si cimentò in racconti, sceneggiature, radiodrammi e non solo… Ma procediamo con ordine.

Violet Lucille Fletcher nacque a Brooklyn il 28 marzo 1912 e morì a Langhorne, in Pennsylvania, il 31 agosto 2000. Conseguita la laurea triennale in lettere con lode nel 1933 al Vassar College, l’anno successivo fu assunta alla Columbia Broadcasting System Radio, dove fu impiegata addetta ai diritti d’autore e autrice di testi pubblicitari, oltre a lavorare nella biblioteca musicale. Fu qui che incontrò il compositore emergente Bernard Herrmann, allora direttore d’orchestra della CBS, che sposò nell’ottobre 1939 e da cui ebbe due figlie, Dorothy e Wendy, e da cui divorziò nel 1948, per sposare l’anno dopo, in seconde nozze, John Douglas Wallop, a cui fu unita fino al 1985.

Negli anni ’40 la Fletcher diventò una delle autrici più in vista della radio: nel marzo 1940 un suo racconto, My Client Curly, entrò a far parte della serie radiofonica Columbia Workshop, seguito da altri tre testi, sempre nel ’40, The Man with the One Track Mind, Carmilla e Alf, the All-American Fly. Finché arrivò alla notorietà nazionale, quando il 17 novembre 1941 la compagnia radiofonica di Orson Welles eseguì il suo racconto The Hitch-Hiker.

La trama di The Hitch-Hiker (L’autostoppista) – ideata dalla Fletcher l’anno prima, mentre lei e Herrmann stavano attraversando il Paese in auto – racconta di un uomo (interpretato dallo stesso Welles) che continua a vedere un misterioso sconosciuto lungo la strada mentre guida da New York alla California. In sostanza, è una storia di fantasmi, creata appositamente per sfruttare al meglio un mezzo ancora giovane come la radio. Secondo la stessa Fletcher, infatti, la storia “fu progettata per fornire un veicolo non solo per la famosa voce di Orson Welles, ma anche per le tecniche originali di sonorizzazione che divennero associate alle sue presentazioni radiofoniche. Welles e il suo gruppo, i Mercury Players, fecero di questa sceneggiatura un’inquietante analisi del soprannaturale, che ancora oggi mi fa venire i brividi.”

The Hitch-Hiker, oltre a diventare poi un episodio (L’autostoppista) di Ai confini della realtà di Rod Serling, ispirò anni dopo anche un film, La belva dell’autostrada (1953) per la regia di Ida Lupino (forse la sua migliore, fra le tante), con Edmond O’Brien, Frank Lovejoy, William Talman, José Torvay, Sam Hayes.

Il successo di Hitch-Hiker aprì nuove porte alla Fletcher, che divenne una collaboratrice fissa di quella che sarebbe diventata la serie antologica più longeva e celebrata nella storia della radio, Suspense. Tra le sceneggiature che scrisse per Suspense figurano classici come Fuga in Do minore, Viaggio oscuro, La cosa alla finestra e la sua creazione più popolare, Sorry, Wrong Number (“Scusi, ho sbagliato numero”), dramma radiofonico in 22 minuti.

E’ la storia, notissima, di una donna ricca e nevrotica, costretta a letto e sola in casa, che ascolta per caso la conversazione telefonica sbagliata – cioè che qualcuno vuole ucciderla – e la racconta in tempo reale, accrescendo ulteriormente la tensione. Con Agnes Moorehead (che Welles definì “la più grande attrice americana”) Sorry, Wrong Number andò in onda per la prima volta il 25 maggio 1943, fu trasmesso in diretta altre sei volte nei cinque anni successivi, tradotto in quindici lingue e premiato con l’Edgar Allan Poe Award della Mystery Writers of America. E ne derivò soprattutto, nel 1948, la versione cinematografica omonima (da noi Il terrore corre sul filo) diretta da Anatole Litvak, sceneggiata dalla stessa autrice e interpretata da Barbara Stanwyck (candidata all’Oscar), Burt Lancaster, Wendell Corey, Ann Richards ed Ed Begley.

Con la radio in declino a causa dell’avvento della televisione , tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, la Fletcher passò dai drammi radiofonici ai romanzi, scrivendone dieci tra il 1948 e il 1988, due dei quali furono adattati per il grande schermo: Blindfold (L’affare Blindfold) del 1966, diretto da Philip Dunne, con Jack Warden, Claudia Cardinale, Rock Hudson, Gut Stockwell, e Night Watch (A un’ora della notte) del 1973, per la regia di Brian G. Hutton, con Elizabeth Taylor, Laurence Harvey, Billie Whitelaw e Robert Lang.

Pochi i romanzi gialli della Fletcher editi in Italia, quasi sempre da Mondadori – nelle collane Il Giallo Mondadori [GM], I Classici del Giallo [CGM], Giallo Cinema [GC] e Segretissimo [SS] – e precisamente:

Sorry, Wrong Number: Il terrore corre sul filo, adattamento con  Allan Ullman, Garzanti, collana “Amena”, 1949; poi GC n. 6, 1977; CGM n. 836, 1999;

…And Presumed Dead: Morte presunta, GM n. 844, 1963; poi CGM n. 1263, 2011;

Base X: Field Delirium: Base X: settore delirio, SS n. 121, 1966;

The Girl in Cabin B54: Ossessione senza fine, GM n. 1044, 1969; poi in AA.VV. Arcani e delitti, Speciale del GM, 2011 (con John Dickson Carr e Arthur Porgess);

Eighty Dollars to Stamford: La morte aveva i suoi occhi, GM n. 1434, 1976.

Più che del mystery classico, a un’attenta lettura la Fletcher appare un’esponente interessantissima dell’esercizio della suspense, risultando i suoi libri sempre giocati, pur con qualche variante, sul climax di terrore e sulla rivelazione finale. Emblematica, al riguardo, la trama di Ossessione senza fine, dove il protagonista, Vernon Grove, medico di bordo su un piroscafo in crociera nell’Atlantico, ha seppellito per sempre il suo passato. Ma la ragazza misteriosa della cabina B54 possiede il dono della seconda vista. Lei sa. Abbastanza da spingerlo sull’orlo della follia.

Notevole anche il plot che sostanzia Morte presunta, in cui Julie Gray, giovane moglie dell’aviatore americano Russell Thorpe disperso in azione mentre era in missione nel 1943 nei cieli della Germania, non sa rassegnarsi alla morte presunta del marito dichiarata legalmente nel 1951: tanto più che all’improvviso Cecilia Thorpe, madre di Russell, si rifugia in una piccola località sulle Alpi svizzere. Perché? E’ forse ancora alla ricerca del figlio? Julie allora decide di seguirla e di capire, ritrovandosi però ben presto presa in un vortice di enigmi e di delitti…

Dello stile a tratti anche poetico della Fletcher basti un piccolo specimen come questo (riferito a Julie, la protagonista): “Si sedette al tavolo. Indossava un soffice abito senza maniche, color rosa garofano, con i capelli neri, lucidi, splendenti e la sua solitudine che le bruciava come una ferita.” E della sua capacità di trarre mistero anche da situazioni normali o banali, bastino queste altre righe, che nella loro evocazione sintetica recano in sé i segni della modernità narrativa:

“Dall’altro lato della macchina spuntò un’altra gamba. Si aprì un ombrello. L’uomo corse frettolosamente intorno alla macchina e porse l’ombrello alla signora. L’ombrello li coprì entrambi come un grosso umido fungo.”

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