Fedeli all’intento di rivisitare soprattutto quei Maestri del Giallo che appaiono oggi un po’ dimenticati, riproponiamo stavolta lo scrittore statunitense August William Derleth. Nato a Sauk City, nel Wisconsin, il 24 febbraio 1909, già all’età di sedici anni vendette il suo primo racconto al magazine Weird Tales, e continuò a scrivere racconti durante tutti i quattro anni di frequentazione della University of Wisconsin-Madison, in cui si laureò nel 1930. Dopo un breve periodo come redattore al Mystic Magazine, a metà degli anni ’30 tenne anche alcune lezioni di letteratura americana presso l’università del Wisconsin, finché nel 1941 divenne redattore del quotidiano The Capital Times di Madison, incarico da cui si licenziò nel 1960, anno in cui cominciò a scrivere e a pubblicare una rivista di poesia intitolata Hawk and Whippoorwill.
Derleth si sposò il 6 aprile 1953 con Sandra Evelyn Winters, da cui divorziò sei anni dopo, ottenendo peraltro la custodia dei loro due figli, April Rose e Walden William. Morì il 4 luglio 1971 e venne sepolto nel cimitero di Sauk City, la città natale in cui aveva trascorso quasi tutta la sua vita.
Nonostante sia stato un autore molto prolifico in numerosi generi, Dereth è ricordato, sì, per i suoi racconti polizieschi, ma soprattutto per la sua amicizia col celebre Howard Phillips Lovecraft e per il suo contributo ai Miti di Cthulhu (termine, pare, coniato proprio da Derleth), a cui ebbe il merito di fornire notorietà internazionale. Quando infatti Lovecraft morì nel 1937, Derleth, insieme a Donald Wandrei, fondò due anni dopo una propria casa editrice, la Arkham House, che pubblicò nello stesso ’39 gran parte dei racconti di Lovecraft sotto il titolo The Outsider and Others. Seconda pubblicazione della neonata casa editrice fu poi Qualcuno nel buio, una raccolta di novelle horror scritte da Derleth.
Passando però dall’horror al Giallo – più di nostra competenza – va detto che Derleth fu sempre un appassionato lettore delle avventure di Sherlock Holmes, tanto da rimanere letteralmente sconvolto quando Conan Doyle decise di non scrivere più nulla sul suo eroe. Derleth allora, diciannovenne, dagli Stati Uniti scrisse in Inghilterra a Doyle chiedendogli il permesso di pubblicare dei romanzi, anzi dei pastiches, su Holmes e Watson. Doyle rifiutò gentilmente, ma il Nostro non rinunciò all’idea e, sebbene non fosse mai stato a Londra, si accinse a sostituire Sherlock Holmes con un nome che fosse sillabicamente simile a quello, coniando così, per il suo nuovo detective, l’identità di Solar Pons.
Derleth scrisse i primi cinque racconti con Pons nel 1928: L’avventura del Narciso Nero, L’avventura degli inquilini scomparsi, L’avventura del pedone rotto, L’avventura del defunto signor Faversham e L’avventura dell’uomo zoppicante. I primi quattro furono serializzati su The Dragnet Magazine nel 1929, mentre il quinto uscì su Detective Talls nel medesimo anno. E il successo popolare del personaggio fu tale che alla fine Derleth scriverà più storie su Solar Pons che Conan Doyle su Sherlock Holmes, finché nel 1971 fu ammesso a far parte dei Baker Street Irregulars, la celebre società letteraria fondata nel 1934 dallo scrittore Christopher Morley, che riuniva i più grandi fan del detective e che conta attualmente più di trecento membri in tutto il mondo.
Le edizioni in lingua inglese dei numerosi racconti di Derleth comprendono vari volumi, a partire da In re: Sherlock Holmes. The Adventures of Solar Pons (1929), cui ne seguirono altri otto: The Memoirs of Solar Pons, The Return of Solar Pons, The Reminiscenses of Solar Pons, The Casebook of Solar Pons, The Novels of Solar Pons, The Chronicles of Solar Pons, The Apocrypha of Solar Pons, The Papers of Solar Pons, fino all’estremo The Arrival of Solar Pons (Early Manuscripts and Pulp Magazine Appearances).
La fortuna nel mondo di romanzi e racconti apocrifi sul modello di Sherlock Holmes, del resto, non deve stupire, riguardando anzi da vicino anche il nostro Paese. Si pensi che dal 1902 al 1999, in quasi un secolo, in Italia si sono pubblicati 316 pastiches e parodie sherlockiane, tra cui 43 romanzi, 233 racconti e 12 testi teatrali: produzione a cui gli italiani hanno partecipato con 127 testi. E in questi ultimi anni – per limitarci solo alla misura del racconto – altri connazionali si sono messi in luce in questa rivisitazione stilistica e tematica dell’eroe di Conan Doyle. Ci riferiamo, per esempio, alle due antologie del Giallo Mondadori Sherlock Holmes in Italia (2016) e Sherlock Holmes fuori Londra (2021), entrambe curate da Luigi Pachì, uno dei massimi esperti in materia, e comprendenti opere brevi di quindici autori italiani, tutti meritevoli di attenzione: Elena Vesnaver, Fabio Vaghi, Patrizia Trinchero, Enrico Solito, Gianfranco Sherwood, Samuele Nava, Luca Martinelli, Cristian Fabbi, Stefano Attiani, Cristina Biglia, Francesco Calò, Roberto Guarnieri, Antonella Mecenero, Lucio Nocentini e Roberto Vianello.
Ma come ci viene presentato da Derleth, la prima volta, questo nuovo personaggio? Il dottor Lyndon Parker è seduto in un pub vicino a Paddington e all’improvviso è colpito dall’aspetto quantomeno insolito di un individuo seduto accanto a lui. Solo più tardi verrà a sapere che costui è Solar Pons, noto come “lo Sherlock Holmes di Praed Street”. Pons è alto, snello, indossa la tipica mantellina e il tipico berretto sherlockiani, ha un viso lungo e sottile, naso affilato, labbra piccole e occhi scuri e penetranti, sormontati da sopracciglia folte. Il dottor Parker e Pons diventano amici, a tal punto che il primo si trasferisce come inquilino in casa del secondo.
Pons è un fanatico dell’antico metodo di indagine e si serve delle proprie capacità deduttive e raziocinanti per risolvere molti clamorosi casi criminali. I suoi interessi sono vari e molto diversi, e vanno dalla musica all’occultismo e ai trattati scientifici. Quando Sherlock Holmes nel 1903 cessò la propria attività, a Londra si avvertì un gran vuoto investigativo, e proprio Solar Pons pensò di riempirlo, iniziando la sua carriera nel 1907. Certo, non è Holmes, e lui stesso lo sa, ma, almeno agli occhi del dottor Parker, ne è un imitatore abilissimo e affascinante.
Quanto alla fortuna di Solar Pons in Italia, va detto che risulta ancor oggi molto limitata. E’ vero che, nel 1970, un anno prima della morte di Derleth, l’editore Longanesi pubblicò In re: Sherlock Holmes. Le avventure di Solar Pons, con prefazione di Ellery Queen, ma è altrettanto vero che un bel progetto dell’editore Fanucci-Time Crime, auspicato come definitivo (“per la prima volta riuniti in un’unica raccolta tutti i racconti con Solar Pons”), annunciato per ottobre 2023 e poi per marzo ’24, non ci risulta ancora concretizzato.
Eppure Robert Bloch, il noto autore di Psycho (1969), perdura ad ammonirci: “Durante un arco di un secolo ci sono state letteralmente centinaia di imitazioni sherlockiane, che vanno dalla parodia alla duplicazione diretta, ma nessuno tranne August Derleth è mai riuscito a catturare il fascino essenziale del concetto originale di Doyle (…) Alle imprese di Pons ha apportato non solo esperienza, ma anche un’evidente espressione del suo rispetto, apprezzamento e affetto per la fonte della loro ispirazione. Visto come omaggio holmesiano o come personaggio a sé stante, Solar Pons è diventato la guida personale di Derleth in un tempo e in un luogo incantato.”