Malinverno
“Non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato, immaginato, sperato, dimenticato.” Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni. Timpamara è un paese così da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera della regione, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio. E di quel paese Astolfo Malinverno è il bibliotecario, finché un giorno il messo comunale gli annuncia che al suo abituale impiego affiancherà quello di guardiano del cimitero. Lettore dalla vivida immaginazione, Astolfo mescola le storie dei romanzi con quelle dei compaesani, dei forestieri, dei fruitori della biblioteca e dei visitatori del cimitero, dei vivi e degli estinti. A incuriosirlo è soprattutto una lapide senza nome e senza date: solo una fotografia di donna, sguardo candido e franco, incarnato pallido e capelli divisi in due bande liscissime. Per lui è da subito la sua Emma Bovary. Attratto dal mistero racchiuso in quel volto, Astolfo si trova a seguire il filo che sembra dipanarsi dalla fotografia per vivere in prima persona una storia che mai avrebbe saputo immaginare. Domenico Dara unisce il talento dei narratori orali a una scrittura sospesa nel tempo: Malinverno è un romanzo pieno d’incanto sul potere dei libri, delle storie, dell’immaginazione, dell’amore.
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Il libro era letteralmente buttato su una grande colonna di libri da sistemare nella grande catena industriale di librerie della mia grande città. Da lontano ho visto quel colore che spiccava tra gli altri, da vicino una sposa tra le lapidi di un cimitero con l’ora blu che la circonda. Mi ha chiamato e io l’ho portato a casa con me. Non l’ho letto subito, perché anche io ho diversi di libri da sistemare e, soprattutto, da leggere ma non riuscivo a dimenticarlo e, ogni volta che gli passavo vicino, dovevo guardare la copertina. Alla fine, ho ceduto e l’ho preso, lasciando in sospeso ciò che stavo leggendo.

È il primo libro di Domenica Dara che leggo e l’ho trovato a dir poco commovente. Per la maggior parte dei lettori può risultare “strano”, ma io l’ho letto in due giorni, dopodiché ho deciso che Astolfo Malinverno avrebbe potuto essere il mio marito ideale: bibliotecario e custode del cimitero di un piccolo paese. La storia d’amore, che coinvolge il protagonista, è dolce e triste, è malinconica e tenera, se da una parte ti strappa un sorriso, dall’altra ti fa scendere una lacrima. Astolfo ama allo stesso modo i suoi libri, i morti che riposano nel cimitero e l’unica donna che riesce a farlo innamorare. Purtroppo, questa donna meravigliosa, è solo una foto vecchia e ingiallita su una lapide che non porta né nome, né data. Conscio che non potrà mai amarla nella realtà, non smette di farle visita ogni giorno, di prendersi cura della sua lapide e chiamandola per nome: Emma. Il nome non deve sceglierlo, nel vedere la foto e innamorandosi di essa, decide che il nome più appropriato non potrebbe che essere quello della sua lettura preferita: Madame Emma Bovary. Attorno a questa tomba si sciolgono diverse storie che legano in un modo indissolubile gli attori presenti nel romanzo. Essi stessi sono legati ad Astolfo che, pur vivendo tra il cimitero, la biblioteca e casa sua, sembra vivere in un paese senza confini e limitazioni.

Ogni personaggio è caratterizzato così realmente che sembra sia lì a dialogare con il lettore, a raccontarsi, a non nascondere i difetti e a gioire dei suoi pregi, mentre nei racconti di Astolfo c’è sempre poesia, amore e sensibilità. È l’unico, il nostro protagonista a vivere di amore e fantasia, nonostante la sua vita non proprio positiva, lui non demorde mai e cerca sempre un lato di luce in ogni accadimento. Alla fine, la sorte lo riscatta affidandogli un doppio incarico lavorativo, al quale Astolfo giurerà eterno amore come quello per Emma che regalerà una piacevole sorpresa dal cuore amaro.

Un romanzo scritto con una dolcezza infinita, una storia di altri tempi che farebbe piacere essere vissuta proprio oggi, in questo secolo, dove le relazioni effimere, la fantasia e i sentimenti puri, sono sempre di più nascosti e riservati a poche persone, considerate ipersensibili o “strane” come Astolfo dalla massa.

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