Recensione a cura di Dario Brunetti
La vertigine del tutto è il romanzo d’esordio dell’autrice Valentina Di Ludovico uscito per Augh edizioni. Protagonista assoluta della storia è Manuela Pellino, ormai trentaseienne si trasferisce dall’Abruzzo a Milano per lavorare in una scuola come insegnante. La donna è vittima degli attacchi di panico che non riesce a gestire e impattano seriamente sulla sua vita quotidiana andando a ledere le relazioni con gli altri.
Ma c’è un passato che torna nella sua mente, riguarda l’arresto di suo padre e la bambina rimane con la mamma e le due sorelle maggiori Sara e Patrizia. Ma quegli istanti di vita resteranno scalfiti nella memoria di Manuela che a quell’epoca era solo una bimba di quattro anni. Quando scoprirà le attività illecite del suo genitore, per la ragazza sarà l’inizio di una vita tormentata dalle paure e dalle insicurezze.
Manuela non ha punti di riferimento e si vede sola e completamente smarrita, in suo soccorso ci sono un personaggio immaginario chiamato Nano che cerca di farla reagire agli ostacoli della vita e il suo collega Davide, il loro incontro sarà decisivo per mettere da parte un passato che per anni non le ha dato tregua, così la donna cercherà di arginare il suo male interiore.
Valentina Di Ludovico racconta in maniera esemplare una dinamica sociale che impatta negativamente sulle vite di molte persone che devono convivere con il problema degli attacchi di panico.
Questi sintomi sono invalidanti e creano uno stato di ansia, disagio e paura e possono anche durare più di un’ora a seguito della relazione emotiva che va ulteriormente ad amplificarli.
Sono i traumi in età infantile che possono scaturirne gli effetti che si manifestano una volta diventati adulti, nel caso di Manuela è quel ripostiglio nel quale è stata rinchiusa da piccola, il buio ha avuto un impatto devastante che è andato ad alimentare quel senso di disagio e soffocamento e anche l’arresto del suo papà è stato determinante nel suo percorso di vita.
Un trauma che Manuela si è portata con sé forse per troppo tempo e gli effetti con il passare del tempo sono stati deleteri e l’hanno costretta a cercare un rifugio dalla quotidianità.
Agli attacchi di panico si è unita la claustrofobia dandone fame d’aria, costrizione al petto e senso di soffocamento e dove a volte è preferibile paradossalmente simulare uno svenimento affinché la gente possa prestare soccorso. Ma non sono queste le condizioni tramutate in ancora di salvataggio perché con gli attacchi di panico purtroppo ci si convive, sta solo in noi cercare di abbassarne l’intensità imparandoli a gestire, senza cercare di ricorrere agli psicofarmaci che risolvono il problema solo in via momentanea.
La protagonista avrà bisogno di maschere per affrontare la giornata facendo oppressione su sé stessa, ma questo effetto resistenza ne amplificherà solo il disagio che a un certo punto tenderà a emergere ulteriormente.
Un romanzo esistenzialista per farci comprendere come ci si vive con gli attacchi di panico, l’autrice con tatto e delicatezza ci racconta una storia che appartiene a molti di noi e ci conduce in un mondo che esplora i disagi della mente e dei comportamenti dell’essere umano.
Ma attraverso la consapevolezza proprio le paure, anche le più ancestrali si attenuano con un bisogno di interrogare il nostro io interiore e cercare una via di uscita.
Al giorno d’oggi gli effetti scatenanti che determinano gli attacchi di panico sono tanti: dai traumi determinati da un lutto familiare, alle violenze domestiche o al di fuori dall’ambiente familiare, come il bullismo perpetrato ai danni dei più deboli.
Valentina Di Ludovico, grazie alla sua esperienza di tecnico della riabilitazione psichiatrica, si avvale dello strumento della narrazione per farci pervenire un romanzo autentico ed essenziale che parla al cuore delle persone dandoci un’immagine vivida e pulsante del malessere interiore e ci offre anche uno spunto per cercare la via del benessere.
Nel 2024 siamo ancorati a un retaggio culturale che non focalizza al meglio l’attenzione su questo problema, molto spesso siamo distaccati e indifferenti e ci sottraiamo all’ascolto del prossimo. Inoltre l’uso smodato della tecnologia che va dal pc al cellulare ha fatto sì che si perda l’uso della parola che va a sviluppare nella sua concretezza i rapporti umani, questo aspetto non determina l’inclusività ma l’esatto opposto.
Abbiamo bisogno di più umanità per ritrovarsi e al tempo stesso ritrovarci, la vertigine del tutto è un testo capace di offrire delle precise chiavi di lettura e spunti di riflessione e ci indica anche la via di come uscire dalle sofferenze cercando di relazionarci il più possibile con le persone nel quale nutriamo fiducia e che possono darci la giusta sicurezza per affrontare la giornata. Questo potrebbe essere un piccolo step, ma alla fine toccherà solo ed esclusivamente a noi riemergere dalle sabbie mobili, cercando di vedere anche la vita attraverso una prospettiva diversa e anche con quel pizzico di leggerezza.