Intervista a cura di Dario Brunetti
DB- Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Francesco Sapia, in libreria col suo romanzo di esordio edito Scatole Parlanti, Il delitto del casolare, ti chiedo come nasce questo giallo?
Nasce dalla mia passione per il genere giallo, poliziesco. Dal mio desiderio spasmodico di leggere libri, di vedere film e di seguire serie televisive in cui ci sia un omicidio e delle persone che indagano per acciuffare l’assassino. Ma anche dal mio sogno di confrontarmi con la scrittura di un romanzo di genere, dopo aver scritto per anni, prima articoli di cronaca e poi comunicati stampa.
DB- Ho avuto modo di leggere e di apprezzare tanto questo tuo primo romanzo e il suo protagonista, il giornalista di cronaca nera Rocco Amato, ci descriveresti il suo personaggio?
Rocco Amato è un giornalista di provincia che coglie al volo l’occasione di andare a lavorare nella sua città d’origine, perché sente forte il richiamo delle radici, del territorio che gli han dato i natali. Un cronista, con il fiuto da sbirro, che odia le ingiustizie, ama indagare e cercare la verità. Ma non solo, Rocco è una persona che ama la vita semplice, la fotografia, il cibo genuino della tradizione popolare e le giacche sahariane.
DB- I personaggi sono delineati alla perfezione, un capitolo è dedicato a Rocco e Nicola, sono ragazzi che hanno voglia di imporsi con valore e dignità in una società dove la meritocrazia è un’utopia, quindi la raccomandazione nel corso degli anni è stata sempre qualcosa che è andata sempre più affermandosi, al sud poi questa condizione si è avvertita maggiormente cosa ne pensi a tal proposito?
Per me l’Italia non è un paese per giovani, perché è restio a fare le riforme di grande respiro e ancorato a vecchi retaggi, fra i quali quello della “raccomandazione”. È un paese che non trattiene i suoi giovani migliori e li costringe ad andare a lavorare all’estero, dove si sentono più realizzati e coinvolti. Negli ultimi anni questo retaggio si è ancorato sempre di più al sud, ma prende piede in tutto lo stivale.
DB- Si può affermare che la Calabria rispetto alle altre regioni del Sud, che di certo non sono da meno, è una terra ancor di più dimenticata e abbandonata a sé stessa dallo Stato italiano?
La Calabria è una terra sempre più abbandonata da Dio e dagli uomini, lo dimostrano il commissariamento per la gestione dei rifiuti e quello della sanità terminato solo poche settimane fa. Però spesso il problema dei calabresi sono i calabresi stessi, sempre più fatalisti, votati al lamento e abituati ad avere un padrone che li tiene sotto scacco, in politica e in tante attività della vita quotidiana. Se i calabresi avessero un sussulto di orgoglio e imparassero a difendere i propri diritti e la propria terra, la situazione della regione migliorerebbe.
DB- Nel romanzo si tratta una tematica sociale fondamentale come la violenza sulle donne, la vittima è una ragazza di 32 anni di nome Martina di professione insegnante, problema tanto discusso ma che ancora oggi non affrontato in maniera decisa dal punto di vista legislativo, secondo la tua esperienza di giornalista che ti avrà messo davanti ad una realtà del genere, quali contromisure si dovrebbero prendere per un reato che ormai è sempre più all’ordine del giorno?
Visto che i casi di femminicidio non accennano a diminuire, sarebbe il caso di fare delle leggi che proteggano le donne dal momento in cui decidono di denunciare e soprattutto che garantiscano la certezza della pena per chi commette questo reato. Non bastano affatto le giornate dedicate e le scarpette rosse.
DB- Presumo che sarai un gran lettore di libri gialli. Ti ispiri a qualche autore in particolare?
Hai presunto bene. Leggo tanti gialli, soprattutto italiani. Ho letto tutte le storie di Montalbano di Andrea Camilleri, tutte le avventure della Lolita Lobosco di Gabriella Genisi, ma anche le storie del commissario Buonvino di Walter Veltroni, le indagini dei Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio De Giovanni e i legal triller di Carofiglio con protagonista l’avvocato Guido Guerrieri. Ma non solo, ho letto le avventure investigative di Marò Pajno di Giuseppina Torregrossa e soprattutto di Vanina Guarrasi di Cristina Cassar Scalia. Per quanto riguardo gli scrittori stranieri, qualche storia di Pepe Carvalho di Manuel Vazquez Montalban, che poi ha ispirato Camilleri. Tutte queste letture mi hanno incuriosito e formato ma non mi ispiro a nessuno in particolare.
DB- Nel romanzo si parla molto di cibo che sposa interamente la denominazione e i concetti del nostro blog che nasce da questo connubio perfetto. La cucina calabrese è di origine contadina con piatti legati alle tradizioni e ricorrenze religiose ci indicheresti la ricetta ideale di Rocco Amato e ci dici se lo rivedremo presto?
La buona cucina è un elemento essenziale della vita di Rocco, che ama il buon cibo, di stagione, a chilometri zero e soprattutto i piatti della tradizione popolare. Rocco apprezza molto quelli a base di melanzane e il pesce cucinato in tutte le salse. Se dovessi dire qual è il suo piatto preferito direi senza dubbio le alici “pip e pummalor”: le alici cotte in padella con aglio, olio evo, peperoni a cornetto, pomodoro e una foglia di alloro. Però gradisce molto anche i maccheroni al ferretto con il sugo di castrato e le “lumingiane chine” (melanzane ripiene). Infine voglio dirvi che rivedrete presto Rocco alle prese con la sua seconda indagine. Precisamente nel 2022.
DB- Grazie Francesco per lo spazio dedicato alle interviste del blog Giallo e Cucina, come sempre mi piace lasciare l’autore con la solita domanda di rito. Mi diresti TRE libri a cui sei particolarmente legato?
Il Piccolo Principe di Antoine De Saint Exupery, perché è stato il primo libro che ho letto da piccolo con convinzione e piacere. Ne colleziono diverse edizioni.
Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi perché alla fine Pereira fa la scelta giusta.
Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters perché l’epitaffio di Penniwit l’artista fa capire come spesso fotografia e letteratura, due mie passioni, siano legate.