Trama
Una giornalista politica Rachel Armstrong, che vive e lavora a Washington, realizza uno scoop su uno scandalo governativo svelando il nome di un agente della CIA sotto copertura. Quando le viene chiesto di rivelare la fonte, la donna rifiuta e si ritrova dietro le sbarre lottando per difendere la propria deontologia professionale.
Recensione a cura di Stefania Ghelfi Tani
Il regista e sceneggiatore Rod Lurie si ispira alla vera storia della reporter americana Judith Miller per affrontare il tema della libertà di stampa e di pensiero.
Questa storia drammatica si sviluppa attorno alla figura di Rachel Armstrong, una giornalista del Capital Sun-Times di Washington che, rivelando una notizia che mette a rischio la sicurezza nazionale, pone lo stato in propria difesa e lei stessa di fronte alla giusta/sbagliata scelta di rispettare i propri principi a tutti i costi.
Bravi gli interpreti: soprattutto Kate Beckinsale, la protagonista forte e determinata, vittima e “carnefice” e il suo avversario, l’inflessibile procuratore Patton Dubois interpretato da Matt Dillon.
L’alternanza di sottotemi quali le dinamiche processuali, lo spionaggio, i problemi di violenza all’interno dei carceri danno ulteriore spessore al dramma umano del singolo.
Una pellicola che necessita di attenzione, che fa riflettere, che lancia più di un messaggio e che invita a chiedersi se c’è un senso in un Paese che professa la libertà di stampa e poi incrimina i propri giornalisti quando rivelano scomode informazioni che dovrebbero rimanere secretate.
Una partita a scacchi tra uno scoop che merita il premio Pulitzer, abusi di potere, CIA, legislazione USA, sicurezza nazionale, segreto professionale, la protezione delle fonti (attendibili?), i principi (giusti?), l’etica, i valori e la morale. A perdere è sempre il fattore umano.
Lo svelamento finale è intuibile ma potrebbe anche essere una vera sorpresa.
«Con i grandi esseri umani non c’è differenza tra il principio e la persona».
Purtroppo non posso dire che questa pellicola si ancori bene alla realtà. La nostra protagonista è davvero un’eroina o la sua ostinazione cade nella superficialità e nell’assurdo? Molti i punti a farmi propendere per la seconda opzione ma non voglio aggiungere altro per non svelare la trama.
Ritengo che perseguire i propri principi sia onorevole, purtroppo talvolta le conseguenze possono essere davvero troppo dannose.
Fino a che punto è giusto? C’è un limite?
Lascio ad ognuno di voi la risposta…
Una potente e devastante battaglia legale e umana.
Consigliato!