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L'angolo giallo

La ditta F&L
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La nostra storia inizia all’alba degli anni ’70 del secolo scorso.

La storia del sodalizio, della ditta, come la chiamavano loro, fra Carlo Fruttero e Franco Lucentini. In realtà la loro collaborazione è iniziata molti anni prima. Traduttori, curatori di antologie e direttori di collane, autori ed esperti di grande autorevolezza di narrativa italiana e straniera, scopritori di autori romanzi, F&L, come amano firmarsi, hanno cominciato la loro attività a Torino, presso l’editore Giulio Einaudi, e l’hanno continuata a Milano, come direttori della più prestigiosa pubblicazione italiana di fantascienza, la collana da edicola Urania della Mondadori.

Lucidi e taglienti quanto precisi e logici nei loro giudizi, F&L non soffrono di timori reverenziali e non si lasciano condizionare da nomi o titoli altisonanti, ma seguono una linea editoriale coerente, moderna e moderatamente ambiziosa. Moderatamente nel senso che concilia la popolarità, la capacità di soddisfare la platea più ampia dei lettori con l’esigenza di presentare storia ingegnose, coraggiose e scritte con uno stile scorrevole, né pretenzioso o tantomeno semplicistico.

Fruttero e Lucentini sono due personalità complementari, un torinese e un romano dai caratteri diversi, come le estrazioni sociali e culturali e le esperienze personali, ma capaci di stabilire un efficace sodalizio professionale e umano al servizio della comune passione per la letteratura, che praticano con curiosità, vivacità e anticonformismo.

Una cifra stilistica che influenza profondamente il loro maggior successo editoriale, La donna della domenica, pubblicato da Mondadori nel 1971. Qui il giallo è in effetti un espediente narrativo, una struttura di genere usata per raccontare un ambiente attraverso i suoi personaggi emblematici: l’alta borghesia torinese, imprenditoriale e di antica tradizione sabauda e piemontese. Sembra un paradosso, ma F&L sprovincializzano il giallo calandolo in un’ambientazione metropolitana e allo stesso tempo chiusa, conservatrice, tenace custode di una tradizione di sobrietà e riservatezza. Se Scerbanenco scrive con crudo realismo storie dove la protagonista è Milano, che già negli anni ’60 è una città europea, moderna, dove una nuova e più spietata malavita ha sostituito quella d’anteguerra, legata a qualcosa di simile a un codice d’onore. Fruttero e Lucentini ricorrono a una penna intrisa di ironia, eleganza e disincanto per esplorare gli angoli più riservati della Torino benestante. Simbolicamente il detective che a fatica cerca di interpretare silenzi, allusioni, frasi ambigue, tipiche di un ambiente chiuso e diffidente, è un poliziottoo di origine siciliana, il commissario Santamaria, un uomo che rappresenta in sé il complesso e doloroso fenomeno dell’emigrazione dal meridione alle fabbriche torinesi della Fiat, in cerca di manodopera per alimentar il mercato dell’auto e assecondare il nascente consumismo favorito dal boom economico dei primi anni ’60. Un meridionale al servizio dello Stato, percepito come un corpo estraneo dagli indagati, e tuttavia incline a cogliere con abilità i segnali in codice della buona borghesia torinese, una personalità che trabocca pazienza e saggezza siciliana, le sole armi per penetrare nella munita roccaforte dei pregiudizi sociali e campanilistici dei personaggi coinvolti nella sua indagine.

Cioè l’inchiesta sull’assassinio di un architetto artefice di un ricatto dai contorni oscuri, ucciso con un’arma imbarazzante, una scultura ben poco artistica e molto pornografica. Il commissario Santamaria scivola come un pattinatore fra gli alibi traballanti, schiva gli ostacoli delle convenzioni sociali, ascolta, ragiona, riflette, e trova la soluzione del mistero in un proverbio piemontese, che, ironia del destino, sarà interpretato correttamente proprio da un meridionale come lui. Un po’ come le filastrocche inglesi che rappresentano un incentivo a fulminanti intuizioni investigative nei romanzi di Agatha Christie.

Una girandola di personaggi che ruota attorno alla bella Anna Carla Dosio, la “donna della domenica”, dal ricco e annoiato borghese Massimo Campi, al suo compagno Lello, da due anziane sorelle, nobili decadute, a un americanista che ricalca il cliché dell’intellettuale esteta e puntiglioso dell’epoca. Fruttero e Lucentini costruiscono situazioni e personaggi talvolta surreali assemblando ispirazioni da più modelli. Colgono un vezzo, un gesto, uno sguardo, un’inflessione dialettale, un tic da ogni modello nascosto nelle pieghe della loro esperienza e da un’innata capacità di osservazione, e li usano per caratterizzare gli attori che mettono in scena sul oro palcoscenico virtuale.

Il successo di vendite del romanzo rende indispensabile una versione cinematografica, affidata alla regia di Luigi Comencini e interpretata da Marcello Mastroianni (eccellente nella scelta e nei tempi quasi indolenti dei modi apparentemente svagati del commissario Santamaria) con due star internazionali come l’inglese Jacqueline Bisset (Anna Carla) e il francese Jean-Louis Trintignant.

La ditta F&L ha scritto altri gialli, o comunque storie enigmatiche che in parte sfuggono deliberatamente alla definizione di genere, fra i quali A che punto è la notte, il seguito del loro best-seller, dove ritorna il commissario Santamaria.

Vicende costruite con il consueto mestiere e la pazienza artigianale di disegnare l’indole, il carattere, la personalità, e cioè debolezze, vizi e precari equilibri, di tutti i personaggi.

Tuttavia la magia di quel loro esordio in giallo non sarà mai replicata, e in fondo è bene che sia così, per mantenere intatto il piacere di leggere come un fenomeno unico e a sé stante un romanzo scritto con elegante, leggera ironia e solida conoscenza dell’architettura narrativa.

La coppia, la ditta F&L ha amato stravolgere la realtà quotidiana, creandone una che coinvolgesse il lettore perché verosimile e stravagante al tempo stesso, popolata di personaggi del tutto singolari.

Una scelta inevitabile per due personalità come Fruttero e Lucentini.

Perché in definitiva un narratore non racconta la realtà che viviamo ma ne inventa una nuova e diversa, per il piacere proprio e quello dei lettori.

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