JOSEPH HANSEN

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Nato ad Aberdeen, nel Dakota del Sud, il 19 luglio 1923 e morto a Laguna Beach, in California, il 24 novembre 2004, lo statunitense Joseph Hansen si presentò da subito come un intellettuale diverso sia nella sua attività pubblica sia nei temi e nei personaggi della sua produzione in Giallo. Trasferitosi presto a Minneapolis, nel Minnesota, e successivamente in California, Hansen esordì come poeta su varie riviste (tra cui “The New Yorker”), prima di dedicarsi al giornalismo. Nel 1965 infatti – dichiarata la propria omosessualità – fondò il pionieristico giornale “Tangents”, rivolto appunto a un pubblico omosessuale, su cui scrisse anche novelle a tematica gay sotto gli pseudonimi di James Colton, James Coulton e Rose Brock, tra le quali si ricordano, notevoli, Strange Marriage e Known Omosexual.

 

Attivamente impegnato nella lotta contro la discriminazione dell’omosessualità e per la rivendicazione dei diritti civili, Hansen, dopo aver condotto negli anni ’60 il programma radiofonico Homosexuality Today, figurò tra i sostenitori del primo Gay Pride a Hollywood, tenutosi il 28 giugno 1970. Già nel 1943, tuttavia, nonostante il proprio ruolo pubblico di intellettuale omosessuale, Hansen si era sposato con una donna, l’artista lesbica Jane Bancroft (1917-1994), da cui ebbe una figlia e a cui rimase unito fino alla morte di lei.

 

Residente a lungo a Los Angeles, Hansen fu insignito nel 1974 del premio National Endowments for the Arts e chiamato a insegnare scrittura e letteratura alla University of California di Los Angeles, incarico che tenne dal 1977 al 1986. Ritiratosi dalla docenza, continuò a scrivere romanzi e racconti fin quasi alla morte, avvenuta all’improvviso nel 2004 per un infarto nella sua casa di Laguna Beach.

 

Nell’ambito del Giallo, Hansen ha creato il personaggio seriale di Hack Bohannon, un ex vice-sceriffo – attivo in diversi romanzi – che ha lasciato il servizio sdegnato per l’insabbiamento di un’indagine e s’è ritirato a vivere in campagna. La notorietà dello scrittore, tuttavia, è legata maggiormente a un altro personaggio seriale, Dave Brandstetter, investigatore per una compagnia di assicurazioni, uno dei primi protagonisti dichiaratamente gay della narrativa hard-boiled. La serie con Brandstetter – iniziata con Fadeout, scritto nel 1967 ma edito nel 1970 – si compone di dodici romanzi, otto dei quali tradotti in Italia da due soli editori, Elliot di Roma [EL] e Mondadori (nel Giallo Mondadori [GM]), come indichiamo di seguito:

 

– 1970, Fadeout (Scomparso, EL, 2012);

–  1973, Death Claims (Atto di morte, EL, 2012);

– 1975, Troublemaker;

– 1978, The Man Everybody Was Afraid Of;

– 1979, Skinflick (La ragazza del Sunset Strip, GM n. 1704, 1981; EL, 2012);

– 1982, Gravedigger;

– 1984, Nightwork (Violenza nella notte, GM n. 1935, 1986; Paura nella notte, EL, 2013);

– 1986, The Little Dog Laughed (Silenzio di piombo, GM n. 2088, 1989; La vendetta degli innocenti, EL, 2013);

– 1987, Early Graves;

1988, Obedience (Testimone nell’ombra, GM n. 2177, 1989);

– 1990, The Boy Who Was Buried This Morning (Partita con la morte, GM n. 2251, 1992);

– 1991, A Country of Old Men (Omicidio a tempo di rock, GM n. 2336, 1993).

 

I contenuti dei plot rispecchiano non di rado, con buon realismo, temi e ambienti del mondo gay californiano. Per limitarci a pochi esempi, in Fadeout (Scomparso), il romanzo d’esordio, il detective protagonista si innamora di un uomo che alla fine riesce a scagionare dalle accuse di omicidio che gli erano rivolte. In Death Claims (Atto di morte) la trama esplora psicologicamente la sopravvivenza alla morte di un amante. In Troublemaker Brandstetter indaga sull’omicidio del proprietario di un bar per omosessuali, e in Early Graves, già in pensione, ne esce per rintracciare un serial killer che uccide uomini che hanno l’Aids.

 

La critica specialistica ha sottolineato più volte il rigore realistico dei gialli di Hansen e la notevole capacità dell’autore di ricreare atmosfere, nonché la sensibilità umana e la profondità psicologica di un personaggio nuovo come Brandstetter, ben diverso dai protagonisti precedenti del genere hard-boiled. Il “Times” di Los Angeles, dal canto suo, ha rincarato la dose definendolo “lo scrittore più efficace ed eccitante della classica scuola californiana moderna”: un giudizio – a nostro parere – un po’ troppo generoso, ritenendo il pur degno Hansen qualitativamente inferiore, per potenza espressiva e incisività dialogica, ai californiani Ross Mac Donald, Collin Wilcox, Bill Pronzini e anche Robert Ferrigno.

 

Comunque sia, alla luce della peculiarità dell’Hansen uomo e scrittore, riteniamo interessante – per chi non lo conoscesse ancora e desiderasse iniziare a farlo – concludere riesumando un’intervista quasi introvabile del 1986 (uscita sul GM n. 1935 del 2 marzo), in cui lo scrittore esprimeva con molta chiarezza la sua visione del Giallo come genere e, insieme, la sua personale poetica.

 

Joseph Hansen, perché ha voluto fare del suo eroe Dave Brandstetter un omosessuale? Per creare un personaggio originale, diverso da tutti gli altri della detective-story, oppure per un motivo più profondo?

“Innanzitutto, bisogna precisare alcune cose. Dave Brandstetter non è un omosessuale che indaga su morti violente – a che  titolo dovrebbe farlo? – ma un investigatore di un’agenzia di assicurazioni, e il caso vuole che sia un omosessuale. Se ho scelto di fare di Dave un omosessuale coinvolto in indagini su ambienti frequentati da persone diverse, è perché il romanzo d’azione le ha trattate in modo infame, ivi compresi i maestri dell’hard-boiled, Chandler e Ross MacDonald; e anche perché i pregiudizi e le idee preconcette su di loro devono esser combattuti. Volevo mostrare gli omosessuali come sono e non come di solito vengono rappresentati, cioè delle caricature. Troppo spesso vengono descritti come effeminati – in realtà pochi lo sono e molti uomini effeminati non lo sono – deboli, paurosi, a loro agio dai parrucchieri o nelle sartorie, sprovvisti di ogni senso morale, frivoli, stupidi e altre cose peggiori. Così ho deciso di fare del mio eroe, il cui lavoro richiede qualità tradizionalmente considerate mascoline, un omosessuale. E il fatto che io stesso sia un omosessuale, mi permette di parlare di ciò che conosco bene.”

Pertanto quanti si aspettano una difesa pro domo sua e quanti sospettano che lei scriva per far proseliti non rischiamo di essere delusi?

“Certamente. Non sono  un propagandista. Sono un romanziere e racconto delle vicende umane. Evito il sensazionale e le scene scabrose. Molti omosessuali mi rimproverano di non servirmi dei miei romanzi per incensare l’omosessualità. Il mio scopo non è lo scandalo. Non scrivo per l’omosessualità alla moda e chiassosa, ma per la maggioranza dei miei simili ridicolizzati che vivono in una quotidiana e cupa disperazione. Cerco di riflettere, di far riflettere, non di fare seguaci.

Contrariamente a quanto si possa pensare, le cose cambiano lentamente. Due volte due compagnie cinematografiche si sono messe in contatto con me per portare sullo schermo il mio romanzo Troublemaker, ma tutt’e due le volte il progetto non ha avuto seguito. Nel 1980 ho avuto una serie di incontri laboriosi con una rete televisiva molto importante per tutta la serie Dave Brandstetter, ma anche quella volta non se n’è fatto niente.”

Dave Brandstetter presenta un’altra caratteristica. Non è né detective privato, né agente di polizia, né avvocato, né… gangster, mestieri abituali per la maggior parte degli eroi dei romanzi d’azione. E’ investigatore di una compagnia di assicurazioni. C’è una ragione particolare per questa scelta?

“Sicuro, e non una soltanto. La prima ha un rapporto diretto con le due domande  precedenti. Si tratta di un  private joke, poiché le compagnie di assicurazioni americane sono ben note per il loro partito-preso e il loro disprezzo nei confronti degli omosessuali, sia impiegati sia clienti! La seconda, determinante, è che un tale mestiere mette realmente chi l’esercita in presenza della morte violenta, cosa che sarebbe impossibile per un investigatore privato. Questi sono confinati in un lavoro di routine in casi di divorzio o di persone scomparse, e quando per caso s’imbattono in un delitto nel corso delle indagini, la polizia li mette subito sotto torchio. Sono voluto restare il più possibile legato alla realtà.”

Che cos’è per lei il romanzo d’azione? Un’evasione, un ritratto lucido dei costumi di una società, un pamphlet?

“Il romanzo d’azione si può dire riuscito quando riflette un’epoca e una società. Non amo molto il giallo classico perché non credo al divertimento gratuito. Il romanzo d’azione può me deve trattare problemi dell’uomo d’oggi, e tanto più seriamente in quanto i romanzi che pretendono d’essere seri hanno smesso di farlo. Contrariamente a quanto affermano alcuni, il romanzo d’azione non è una sotto-letteratura, ma è una specie di romanzo naturalista che merita considerazione.”

Nei romanzi con Dave il ritratto della realtà c’è, solo che questa realtà non lascia molto spazio alle illusioni. Le storie  del suo eroe lasciano spesso la bocca amara. E’ ben lontano il lieto fine…

“Il romanzo d’azione è fondamentalmente tragico. Yeats diceva che ci sono solo due soggetti interessanti per uno scrittore degno di tale nome: il sesso e la morte. Un romanzo che tratta della morte di uno o più esseri umani, delle sue conseguenze  tragiche per i suoi vicini o per quello che li ha uccisi, come possa avere un lieto fine, non riesco proprio a capirlo! Detto ciò, non è scontato che chi parla di tragica fine parli per forza di morte umana.”

Dave non è un eroe immutabile, la creazione ideale e immortale di un autore: lei ha scelto di farlo invecchiare e di rendere questo invecchiamento sensibile…

“Le avventure di Dave formano un tutto. Certo, ogni romanzo racconta una storia coerente e quella soltanto, ma queste storie sono fortemente legate tramite il loro protagonista che invecchia, agisce e reagisce in funzione dell’evoluzione della sua vita e degli avvenimenti che lo segnano. Dave non è lì tanto per collegare storie senza alcun rapporto tra di esse, ma perché lui è nel cuore di ciò che le storie raccontano, e forse il cuore stesso di ciò che esse raccontano.”

Per finire, che importanza ha il luogo dell’azione dei suoi romanzi?

“Il luogo dell’azione è fondamentale, e non solo come puro e semplice fondale. Le persone agiscono e parlano in modo diverso secondo i luoghi e i paesi in cui vivono. E’ questo che  rende, tra l’altro, Simenon così affascinante, ed è questo che rende enormemente interessanti i romanzi di Michael McClure che si svolgono in Africa del Sud, quelli di Freeling in Olanda, di Maj Sjowall in Svezia, o di Dick Francis in Inghilterra.”

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