Ngaio Marsh, attrice, scrittrice e regista teatrale, nacque a Christchurc, in Nuova Zelanda, il 23 aprile 1895 e morì in quel luogo il 18 febbraio 1982. Nella sua lunga vita, coi suoi romanzi gialli ebbe un ottimo successo di pubblico e di critica, tanto che nel 1966 fu insignita della medaglia di Dama di Commenda dell’Ordine dell’Impero britannico, e nel 1978 fu premiata con il Grand Master Award dall’associazione Mystery Writers of America. Le molte notizie che abbiamo su di lei possiamo ricavarle incrociando l’autobiografia scritta dalla stessa Marsh e pubblicata nel 1965 (Black Beech and Honeydew) con le due biografie edite in anni successivi da Margaret Lewis (Ngaio Mars: A Life, 1991) e Joanne Drayton (Ngaio Marsh: Her Life in Crime, 2008).
Il curioso nome di questa scrittrice pare che derivi da un termine dialettale neozelandese che designa una particolare pianta caratteristica di quei luoghi. La famiglia Marsh, infatti, si era stabilita in Nuova Zelanda parecchie generazioni prima insieme ai primi colonizzatori, ma i legami con il costume e la tradizione culturale britannica indussero i genitori di Ngaio a far studiare la figlia nel Paese d’origine. Il primo amore della Marsh, trasmessogli dalla madre, fu il teatro, e una sua iniziale avventura con quel mondo ebbe un esito singolare: un suo soggetto giovanile di carattere drammatico venne rifiutato da un impresario e produttore, che però decise ugualmente di scritturare la ragazza come attrice. Il teatro così impegnò per molti anni la scrittrice, che nel frattempo aveva pubblicato alcune novelle sulle pagine del periodico locale, il “Christchurc Sun”.
Si sa che la Marsh cominciò a scrivere romanzi polizieschi intorno al 1928, cioè all’età di trentatre anni, a riprova di una passione verso questo genere di narrativa non particolarmente precoce, confermato anche dalla lettura dell’autobiografia della scrittrice, in cui dedica la quasi totalità dei ricordi agli episodi salienti delle sue esperienze teatrali, mentre i rapporti con la letteratura gialla appaiono pressoché ignorati. In ogni caso, il primo dei suoi ventotto romanzi polizieschi, pubblicato nel 1934, A Man Lay Dead (in italiano, Giochiamo all’assassino, 1956), introduce già quello che sarà il protagonista ininterrotto di tutto il resto della sua produzione, cioè Roderick Alleyn, sovrintendente capo di Scotland Yard.
E’ Alleyn un protagonista piuttosto peculiare, in quanto il suo alto livello sociale lo diversifica nella casistica dei detectives della tradizione poliziesca degli anni Venti e Trenta, la golden age del Giallo. E’ membro, infatti, di una delle famiglie più aristocratiche d’Inghilterra, è di modi squisiti e amabilissimi e, come investigatore, possiede in giusta misura le doti doverose di intuito, intelligenza e larghezza di vedute. Il suo approccio con gli altri personaggi è sempre garbato, sa fare domande ma soprattutto sa ascoltare, e la sua detection è scrupolosa, puntuale, ortodossa, rispettosa e mai messa in evidenza con spirito esibizionistico. In molte indagini, inoltre, Alleyn è affiancato dall’ispettore Fox, una figura di collaboratore e spalla non meno originale del protagonista, come peso e contributo all’economia delle trame.
Rimproverata dai critici per una certa lentezza negli sviluppi dei suoi intrecci, la Marsh rivela però buone doti nel caratterizzare gli ambienti e – caso non frequente nelle scrittrici a lei contemporanee – una sicura professionalità nello strutturare i meccanismi degli enigmi. Il tono e il livello delle storie sono strettamente dipendenti dalla scelta e dal peso che un certo milieu ha nell’influenza e nell’economia dell’intreccio. Il mondo del teatro per esempio – per le note ragioni biografiche – resta quello preferito dalla scrittrice, che lo utilizza sia come scena vera e propria (in Death at the Dolphin, 1966; Il guanto insanguinato), sia come luogo catalizzatore, di provenienza comune, dei protagonisti del romanzo (come in False Scent, 1959; Ricevimento col morto: uno dei suoi romanzi migliori insieme a Artists in Crime, 1938, Artisti in delitto, e a Colour Scheme del 1943). “Qualche volta la vena della scrittrice si fa più immaginifica e i risultati sono per lo più apprezzabili”, secondo Di Vanni-Fossati (Guida al Giallo, 1980), che citano Death in Ecstasy, 1936 (Morire d’estasi) o il mai tradotto Swing, brother, swing.
Autrice virtualmente contemporanea di Dorothy Sayers e di Margery Allingham (su cui si rinvia ai nostri Maestri del Giallo, qui, del 29/10/2019 e del 19/06/2021), a loro la Marsh è stata sistematicamente apparentata, ma se ne distacca (come ha ben rilevato Howard Haycraft in Murder for Pleasure del 1941, la prima vera analisi storico-critica del romanzo poliziesco) per il suo minore interesse allo studio psicologico dei personaggi, compensato però da una superiorità nell’eleganza e nell’autonomia delle pitture ambientali.
Se nessun romanzo giallo della Marsh ci risulta che sia stato tradotto in film, in compenso quasi tutti i suoi libri appaiono tradotti nella nostra lingua e a disposizione dei frequentatori di librerie, bancarelle e biblioteche. Nei “Gialli del Secolo” dell’editore Casini molti titoli apparvero negli anni ’50 (Tra bisturi e siringhe, Sangue in palcoscenico, Giochiamo all’assassino, Delitto in ascensore, Giù il sipario!, La modella assassinata); altri seguirono negli anni ’60 nella”Serie Gialla” Garzanti (La morte canta, Ricevimento col morto), e negli anni ’70 nella “Collana Gialli” Rizzoli (Il guanto insanguinato, Quel giorno a Roma). Più di recente anche un raffinato editore come Elliot ha pubblicato due gialli della Marsh, Enter a Murderer (Delitto a teatro, 2010) e Death and the Dancing Footman (Morte in agguato, 2011). Non poteva mancare, ovviamente, il più cospicuo editore di gialli nazionale, quel Mondadori che si accostò alla Marsh precocemente fin dagli anni del fascismo (Death in a White Tie, 1938, edito nel 1939 nei “Libri Gialli Mondadori” col titolo La medaglia del Cellini), riproponendola poi più volte tra “I Classici del Giallo” degli anni ’90, fino alla ristampa estrema, del 2021, per Black as He’s Painted (1974) e Last Ditch (1977), rispettivamente Complotto all’ambasciata e L’isola delle ombre, “Il Giallo Mondadori” n. 3203 e 3209.